Arrivano nuove scoperte da Stonehenge, uno dei siti archeologici più famosi del mondo. Da sempre il sito è al centro di fantasiose teorie complottistiche e addirittura di cospirazioni aliene, che ne hanno incentivato la nomea di luogo mistico e denso di mistero.
Ma questa volta le dietrologie dei complotti non c’entrano, e nemmeno gli alieni. Infatti, un gruppo di ricercatori britannici ha finalmente svelato uno dei misteri che aleggiavano sulla costruzione di Stonehenge. Pare che almeno due dei monoliti utilizzati per la sua costruzione fossero già presenti in loco e che dunque non siano stati trasportati da altri luoghi distanti decine di chilometri come asserivano precedenti interpretazioni.
I monoliti sono sempre stati li
Il gruppo di ricerca, capitanato dall’archeologo Mike Pitts, ha dimostrato che alcuni sarsen, ovvero gli enormi blocchi di pietra, erano già sul posto da milioni di anni, ben prima dell’arrivo dell’uomo.
Ad attirare l’attenzione del gruppo di archeologi è stato il sarsen più grande di tutti, chiamato “Heel Stone”. Questo enorme blocco di pietra dal peso di 30 tonnellate non è stato lavorato o scolpito come quelli più piccoli. Ciò suggerisce che un blocco di pietra tanto grosso non sia stato prelevato da altri siti ma si trovasse già li. Esiste anche un altro sarsen simile, detto “Stone 16”, anch’esso non manipolato.
Ma anche un secondo indizio suggerisce la presenza in loco dei monoliti ben prima dell’arrivo dell’uomo. Si tratta di due grosse buche poco distanti da Stonehenge, in seguito ricoperte di terra. Grazie agli studi archeologici i ricercatori hanno scoperto che l’ampiezza delle buche è compatibile con le dimensioni dei due sarsen non lavorati.
L’ipotesi di Mike Pitts, avallata da queste scoperte, getta nuova luce sui metodi di costruzione del sito archeologico. Il fatto che i due grossi massi siano allineati con il solstizio del Sole è solo un caso accidentale notato proprio dai primitivi che ripopolarono la Gran Bretagna dopo l’ultima glaciazione.
La spiegazione geologica
Niente dietrologie, niente complotti e niente alieni. Le spiegazioni sulla costruzione di Stonehenge si rivelano molto più basilari di quanto ipotizzato. Gli uomini del neolitico hanno utilizzato le pietre più grosse già presenti in loco e trasportato quelle più piccole da siti poco distanti dalla piana di Salisbury. I sarsen in loco non sono stati lavorati poiché non necessitavano di essere trasportati, mentre quelli provenienti da zone vicine sono stati manipolati per renderli più trasportabili.
La teoria di Mike Pitts però si allarga, adducendo a motivazioni prettamente geologiche. Secondo precedenti teorie le pietre di Stonehenge sarebbero state trasportate poiché composte da arenaria, che nella collina di Salisbury scarseggia. Il gruppo di ricerca ha però dimostrato il contrario. Stando alle nuove indagini geologiche si è scoperto che l’arenaria è tuttora presente nel sito, ma è sprofondata nel terreno nel corso dei secoli. I vari periodi di glaciazione e scongelamento del terreno non hanno fatto altro che accelerare l’affondamento delle pietre.
Quindi si suppone che gli enormi monoliti, creatisi tra i 23 e i 2,6 milioni di anni fa, fossero già ben visibili agli uomini che costruirono Stonehenge. Questa teoria darebbe anche risposta agli evidenti problemi logistici che avrebbe comportato lo spostamento di blocchi di pietra di oltre 30 tonnellate. È invece molto più probabile che i sarsen siano stati trovati in loco o comunque trasportati da zone limitrofe e non da siti distanti decine di chilometri come voleva la precedente teoria.
Nicolò Canazza