Suzanne Roussi è stata una delle voci che più hanno contribuito alla definizione, o meglio, ri-definizione dell’identità culturale caraibica e più nello specifico martinicana. Nei cruciali anni della decolonizzazione e dell’affrancamento dei paesi colonizzati dalle potenze europee, si formano molti circoli intellettuali impegnati nella riscoperta e rivalutazione del patrimonio storico e folkloristico estirpato dall’imperante eurocentrismo e Suzanne Roussi ne è una centrale portavoce.
Una vita intrecciata alla decolonizzazione
Sono gli anni infuocati del secondo dopoguerra. L’intera mappa geopolitica globale sta subendo cambiamenti, i paesi di tutto il mondo lottano per la propria indipendenza dagli imperi coloniali europei da ogni punto di vista: politico, economico, sociale e soprattutto culturale. Sono gli anni delle grandi movimentazioni studentesche, delle lotte per i diritti umani e per l’emancipazione di genere.
Ognuno, in quegli anni, lottava per un ideale e quello di Suzanne Roussi riguardava la ri-affermazione della propria identità culturale di donna nera, con alle spalle una storia centenaria di colonizzazione, istruita in Francia ma con il desiderio di ricostruire il proprio paese a partire dalle radici culturali, estirpate da secoli di dominazione straniera.
Suzanne Roussi e la Negritudine
Suzanne Roussi nasce nell’agosto del 1915 a Trois-Îlets, in Martinica, una delle principali isole dell’arcipelago dei Caraibi sotto il dominio francese ed è proprio in Francia, a Tolosa e poi a Parigi, che inizia i suoi studi e la sua formazione. Qui, all’École Normale Supérieure, entra in contatto con grandi intellettuali e attivisti per i diritti dei paesi colonizzati dell’epoca come i poeti Léon Gontran-Damas e Léopold Sédar Senghor, nonché con il futuro marito, Aimé Césaire.
È a partire da questa amicizia che nascerà una collaborazione, fino alla creazione della rivista Étudiant noir nel 1935, in cui germina per la prima volta il concetto universale della negritudine, il cui corrispondente originale francese è négritude: un’idea che si basa sull’esistenza di una dignità specifica e peculiare che accomuna tutte le persone originarie dell’Africa, considerando tali tanto coloro che vi sono nati quanto coloro che, volutamente o forzatamente, sono espatriati.
Suzanne Roussi, meglio conosciuta con il cognome del marito, Césaire, partecipa attivamente a questa rivoluzione culturale, scrivendo numerosi articoli di suo pugno, ispirata dalla matrice marxista dei colleghi e collaboratori così come dalla spinta surrealista del poeta André Breton, il quale, tra gli altri, avrà molto a cuore la liberazione dei popoli colonizzati dal giogo europeo, in accordo con l’idea di libertà e autoaffermazione del sé della corrente artistica di cui è pioniere.
Scrivere per riaffermare l’identità culturale: la rivista Tropiques
Allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939, Suzanne Roussi fa ritorno in Martinica insieme al marito Aimé Césaire. Lasciano alle spalle le sicurezze del continente europeo, ma non la volontà ferrea di cambiare le cose e la scelta di farlo entro i confini della propria terra di origine è cruciale. Fondano insieme la rivista Tropiques, il cui titolo costituisce un gioco di parole ambizioso ed eloquente: all’apparenza indica la dimensione esotica dei Caraibi, secondo il pregiudizio tipico europeo, quando al suo interno si infiamma di innovazione culturale e politica, in completa rottura con i preconcetti ancora dominanti nella mentalità imperialista straniera e anche in quella dei colonizzati.
La rivoluzione operata dalla scrittrice e attivista Suzanne Césaire ha il suo germe nella parola, nella linguistica e nella poesia, secondo la colonna portante della corrente del Surrealismo alla quale lei stessa si avvicina. La riscrittura politica avviene così attraverso la parola che riformula il pensiero e l’immaginazione di chi la legge e l’ascolta. L’aspirazione di questi intellettuali è proprio quella di fornire un’alternativa al pensiero strutturato della cultura, dando importanza alle reciproche influenze tra popoli diversi.
Al fianco dei componimenti del marito Aimé Césaire, Suzanne Roussi elabora il proprio pensiero inizialmente sotto forma di reportage e saggi, sottolineando e facendo proprie le elaborazioni dell’antropologo tedesco Léo Frobenius e poi del filosofo Alain, abbracciando poi dopo strutture dialogiche e infine, negli ultimi tre articoli, impiega la poesia surrealista, libera e potente e, soprattutto, un’espressione ormai totalmente caraibica e tropicale.
L’eredità culturale di Suzanne Roussi
Le pubblicazioni di Suzanne Roussi, il cui corpus conta sette articoli e numerosi componimenti poetici, sono state riunite nel 2009 dallo scrittore guadalupe Daniel Maximin nella raccolta Il Grande Camuffamento. Scritti di dissidenza. In questa produzione la scrittrice difende la capacità di auto-narrazione e auto-scrittura di ogni popolo, rivendicando la possibilità e il diritto dei popoli colonizzati di raccontare la propria storia, per quanto nebulosa e reinterpretata sia, facendo delle proprie origini e delle proprie conoscenze strumento e arma di dibattito, in un processo irrefrenabile di recupero della propria identità culturale e politica.
La sua produzione fiorisce durante gli anni critici del secondo conflitto mondiale ma la loro influenza è viva tutt’oggi. Suzanne Roussi ci invita a decolonizzare e affrancare da pregiudizi l’identità delle persone caraibiche e più universalmente l’identità culturale di ciascuno, mettendo in discussione la visione eurocentrica. I suoi scritti si concentrano anche nell’emancipazione e politicizzazione del corpo femminile e della donna in generale, stimolando il lettore sia europeo che colonizzato a una revisione della propria visione del mondo.
Gli scritti di questa grande autrice della negritudine ci conducono così a una riflessione attenta e consapevole del nostro modo di vedere il mondo, in una chiave di lettura profondamente attuale attraverso una letteratura libera e indipendente, aperta all’innovazione e al continuo mutare di prospettiva.