La questione dei “sussidi ambientalmente dannosi” (SAD) rappresenta una delle principali contraddizioni nella gestione delle risorse pubbliche e delle politiche ambientali italiane. Nonostante l’obiettivo dichiarato di ridurre le emissioni inquinanti responsabili del cambiamento climatico, il bilancio dello Stato continua a destinare ingenti somme a misure che incentivano pratiche dannose per l’ambiente. Nel 2022, secondo l’ultima versione del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, pubblicata nel 2024 dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, questi sussidi ammontavano a ben 24,2 miliardi di euro.
Un peso economico e ambientale significativo
Il valore complessivo dei SAD non si limita a rappresentare un onere finanziario considerevole per lo Stato, ma contrasta con gli impegni presi dall’Italia nell’ambito della transizione ecologica e della lotta al cambiamento climatico. I 24,2 miliardi di euro identificati nel 2022 sono distribuiti su 55 sussidi specifici, destinati a diversi settori economici e a beneficiari individuali. L’impatto di tali misure si riflette non solo in termini economici, ma anche in una riduzione della credibilità delle politiche ambientali.
Questi sussidi si presentano principalmente sotto forma di agevolazioni fiscali, come sconti su accise e IVA, o di rimborsi diretti per l’utilizzo di combustibili fossili. Tali meccanismi incentivano consumi e pratiche che aggravano la crisi climatica, anziché favorire il necessario cambiamento verso modelli più sostenibili.
L’evoluzione normativa e il ruolo del catalogo SAD
Per comprendere la portata del problema, è necessario esaminare l’origine e l’evoluzione del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, istituito per legge nel dicembre 2015. La sua creazione rispondeva all’esigenza di identificare con precisione le misure finanziarie che risultano incompatibili con gli obiettivi di sostenibilità ambientale. Il catalogo viene aggiornato periodicamente dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, con lo scopo di garantire un quadro sempre attuale della situazione e di supportare l’adozione di interventi correttivi.
L’ultima edizione del catalogo rappresenta un riferimento chiave per valutare l’impatto dei SAD nello scenario economico e ambientale italiano. Tuttavia, il mero aggiornamento dei dati non è sufficiente: è necessario che queste informazioni vengano utilizzate come base per politiche efficaci volte a eliminare progressivamente i sussidi più dannosi, riconvertendo le risorse verso iniziative a favore della transizione ecologica.
I principali beneficiari
Analizzando la distribuzione dei sussidi, emerge un dato sorprendente: i principali beneficiari non sono esclusivamente grandi aziende o settori industriali, ma anche categorie apparentemente insospettabili, come gli agricoltori. Con 1,7 miliardi di euro destinati a sconti su accise e IVA, il settore agricolo si colloca al primo posto nella classifica dei beneficiari dei SAD. Questo dato è particolarmente problematico se si considera che l’agricoltura è anche uno dei settori più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico, dai periodi di siccità alle ondate di calore.
Seguono nella lista gli autotrasportatori, che nel 2022 hanno ricevuto rimborsi delle accise sul gasolio per circa 1,1 miliardi di euro. Questo sussidio rappresenta un incentivo diretto all’utilizzo di carburanti fossili, contribuendo in modo significativo alle emissioni di gas serra. La dipendenza del settore dei trasporti dal gasolio mostra l’urgenza di un piano strategico per favorire la transizione verso veicoli elettrici o alimentati da fonti di energia rinnovabile.
Anche altre categorie, come le industrie ad alta intensità energetica e i consumatori di combustibili fossili nel settore domestico, traggono vantaggio dai SAD. L’impatto cumulativo di questi sussidi è particolarmente evidente se si considerano le conseguenze ambientali, sociali ed economiche di un sistema che continua a privilegiare pratiche insostenibili.
Serve un cambiamento?
Per affrontare il problema dei SAD è necessario un cambio di paradigma che vada oltre la semplice revisione del catalogo. Serve una strategia integrata, in grado di conciliare l’obiettivo della sostenibilità ambientale con le esigenze economiche e sociali dei settori interessati. Questo implica, da un lato, l’eliminazione progressiva dei sussidi più dannosi e, dall’altro, l’introduzione di incentivi per favorire pratiche virtuose.
Le principali sfide politiche
L’eliminazione dei SAD non è priva di ostacoli. Da un punto di vista politico, molte delle categorie beneficiarie dei sussidi rappresentano gruppi di pressione influenti, in grado di esercitare un peso significativo sulle decisioni governative. Inoltre, la percezione pubblica del problema è spesso limitata, complice la scarsa consapevolezza dell’impatto economico e ambientale di queste misure.
Un altro aspetto da considerare è l’impatto sociale dell’abolizione dei SAD. In assenza di misure compensative, le famiglie e le imprese più vulnerabili potrebbero subire un aumento dei costi, con conseguenze potenzialmente negative sul piano economico e occupazionale. Con un peso economico di 24,2 miliardi di euro, essi non solo ostacolano la lotta al cambiamento climatico, ma mettono anche a rischio gli impegni assunti dall’Italia a livello internazionale in materia di sostenibilità.