In tempo di coronavirus, la seduta con lo psicologo si fa su Skype.
Questa l’idea lanciata dal Centro Clinico Psicologia Torino, che si è messo a disposizione della comunità fornendo due colloqui gratuiti, individuali o familiari, da svolgere attraverso telefono, Whatsapp, Facetime o Skype. Il supporto psicologico contro l’ansia da coronavirus supera le barriere della quarantena.
Nel giro di una settimana abbiamo ricevuto una trentina di chiamate, che sono aumentate molto negli ultimi giorni.
racconta Pier Luigi Putrino, psicologo fondatore del centro.
Come è partita l’iniziativa?
Abbiamo scritto un post Facebook appena è iniziata l’emergenza, intercettando il panico un po’ in anticipo rispetto alla sensibilità di molti. Siamo stati accusati di allarmismo inutile e abbiamo ricevuto anche insulti gratuiti. Finché non abbiamo deciso di prendere una posizione netta rispetto ai commenti negativi, eliminandoli se poco costruttivi. Come psicologi, crediamo che si debba sempre accogliere la sofferenza degli altri, indipendentemente dal giudizio.
E in effetti le richieste d’aiuto sono arrivate: quali domande vi pongono di solito i pazienti?
La cosa interessante è che quasi sempre l’ansia da coronavirus è un pretesto per parlare d’altro, di traumi pregressi e più profondi. Le persone hanno paura del giudizio, quindi prima di parlare del proprio problema indugiano su altro. Per esempio: chiama una signora, dicendomi che il terrore del virus le impedisce di uscire. Solo nel secondo colloquio ammette di vivere chiusa in casa da due anni, per blocchi psicologici che nulla riguardano il rischio dell’epidemia.
In due sedute telefoniche si risolve qualcosa? A quali obiettivi mira l’iniziativa del supporto psicologico per il coronavirus?
Due sedute non sono di certo sufficienti a risolvere il problema, ma servono a prenderne consapevolezza. Nei casi meno gravi, sono utili a capire che ansia e paura si possono gestire. L’obiettivo dell’iniziativa è arginare il panico collettivo e le azioni impulsive che conseguono: acquisti compulsivi, gesti di aggressività e fenomeni di razzismo. Inoltre, con un numero in più a disposizione delle persone sosteniamo indirettamente le forze di emergenza sanitaria, subissate di chiamate da giorni.
Ora che l’emergenza è conclamata, i detrattori si sono placati?
Sembra di sì, anzi, si sta creando una bella rete di supporto tra psicologi e medici: alcuni, esterni al centro, ci stanno scrivendo per chiederci se abbiamo bisogno di una mano.
Chiara Dalmasso