«Proprio ora che stavo iniziando a sentire il profumo di una ritrovata libertà, la quarantena mi costringe di nuovo in casa: poco male, di cose da fare ne ho fin troppe». Alan Brunetta trasmette positività ed energia. Ha 34 anni ed è un musicista torinese, fa parte del gruppo Lastanzadigreta e al contempo gestisce la Jam Sound School, con cui organizza laboratori per le scuole del Piemonte. Alan è coraggioso e non ha motivi per piangersi addosso: sta terminando la convalescenza, a tre mesi da un intervento che ha dell’incredibile. Utilizzando una tecnica di awake-surgery, l’equipe del prof. Diego Garbossa (del reparto di neurochirurgia universitaria presso l’ospedale Molinette) ha asportato un’estesa massa tumorale dal lobo temporale destro del paziente, mentre questi era sveglio e cosciente. Il video in cui suona la chitarra durante l’operazione al cervello ha fatto il giro del web.
Ci racconti come è andata?
Ho scoperto di avere il tumore a novembre 2019, a seguito di alcuni strani momenti di confusione, che mi costringevano a interrompere il lavoro o qualsiasi attività stessi svolgendo. All’inizio pensavo fosse solo stress, poi sono andato a fare la TAC e mi hanno subito ricoverato. Dall’oggi al domani la mia vita è cambiata, ma non poteva andare diversamente. Dovevano operarmi: il lobo temporale destro è la parte creativa del cervello, ed è anche quella più complessa da isolare. Così i medici mi hanno proposto questa tecnica nuova, che avevano sperimentato poche volte. I rischi erano alti e le alternative impraticabili.
Avevi paura prima dell’intervento?
Sì, ma avevo molta più paura di perdere la capacità di suonare e comporre. Per darmi la carica, ho chiesto come disco di sottofondo “The Wall” dei Pink Floyd e l’ho ascoltato a fondo, come fosse l’ultima volta.
Ma così non è stato.
No, grazie alla bravura del team: sette ore di operazione non sono poche. E la cosa più strana è che non ho avuto dolore: ero cosciente, ricordo tutto (a parte la primissima fase, durante la quale ero anestetizzato). Dopo alcuni test cognitivi, svolti per verificare che fossi presente, ho avuto la chitarra fra le mani e poi anche il tamburello [Alan è percussionista di formazione, ndr]. Il momento più bello è stato quando ho intonato “La canzone del sole” e i medici hanno cantato con me. Un’emozione fortissima.
E dopo? Com’è stata la convalescenza?
Strana, intanto perché quando sono tornato a casa e i media hanno diffuso la notizia dell’intervento ho dovuto dribblare le chiamate di amici e parenti preoccupatissimi, che non potevano credere fossi davvero io quello che “suona la chitarra durante l’operazione al cervello”. Non lo avevo detto quasi a nessuno. Un po’ perché non ne ho avuto il tempo, un po’ perché avevo bisogno di stare solo con me stesso, di centrarmi e arrivare concentrato al giorno dell’intervento.
Quasi come prima di un concerto. Ora come ti senti?
All’ultima settimana di radioterapia, vedo la luce in fondo al tunnel. Ho un sacco di progetti che non vedo l’ora di realizzare, primo fra tutti uno spettacolo teatrale con musica composta da me: vorrei raccontare questa storia utilizzando il linguaggio che conosco meglio, cioè la musica, ma senza patetismi e prendendomi tutto il tempo di strutturarlo ad hoc. Ho riflettuto molto durante la convalescenza, e il periodo di quarantena che ne è seguito mi consente di ponderare ancora meglio le scelte future: continuerò a mettere tutta la mia creatività in ogni progetto che avvierò, ma voglio promettermi che lo farò con calma, preservando tempo per i miei affetti e godendomi il presente.
Chiara Dalmasso