Questo articolo è un tributo all’Autunno. Nonostante lo scorrere inevitabile del fluire delle giornate, veloce e approssimativo, che caratterizza il mood contemporaneo, sicuramente la preponderanza della natura almeno per un attimo avrà rapito ciascuno di noi. Il mondo degli artisti è asservito alle suggestioni autunnali in tutte le sfumature e sfaccettature.
E qui, come in un gioco di associazioni, i richiami all’autunno formeranno una panoplia poliedrica senza fine.
Iniziamo dai delicati archi dell’”Autunno” di Vivaldi che descrivono un’atmosfera intima e delicata, che circoscrivono il tempo e lo fermano in una dimensione riposta e confidenziale. Una musica celebrativa che in alcuni passaggi, timidamente, chiede all’ascoltatore il coinvolgimento della sua parte più nascosta.
Per passare a delle sonorità severe, che riportano alla mente i versi sofferti di Paul Verlaine: “I lunghi singhiozzi dei violini d’autunno feriscono il mio cuore d’un monotono languore”. Supportati dalla musica di Vivaldi continuiamo questo viaggio e ecco che la musica riprende vigore e consapevolezza e le sferzate di violino divengono sempre più ritmate e incisive. Il grave lascia il posto a un allegro che ridona speranza.
L’eco del sussurro di George Sand che ricorda l’“andante grazioso e malinconico autunnale che prepara mirabilmente il solenne adagio dell’inverno”. Il lamento di ogni foglia alla sua dipartita dall’albero che sembra dire sommessamente “Perché io”, ironizzerebbe amaramente Grègoire Lacroix.
L’autunno che ha in seno la sensazione di precedere, ma anche di essere la consunzione di qualcosa. Come nell’opera di John Everett Millais “Foglie d’autunno” (1855), dove il tema della caducità è rappresentato dagli sguardi vitrei delle fanciulle raffigurate. Un quadro dove regna un’assenza e un’anomia che getta lo spettatore in un senso di smarrimento e inesorabilità allo stesso tempo. La monocromia e la sciatteria nella cura dei particolari segnano la fine del legame di Millais con la Confraternita Preraffaellita.
Un autunno “malato” come si respira nei versi di Apollinaire “Autunno malato e adorato morirai quando l’uragano soffierà sui roseti”. Il silenzio autunnale di Dino Campana “nel silenzio stanno le bianche statue a capo dei ponti volte: e le cose già non sono più”. I rumori sordi e gli odori acri, “i rumori rauchi” e “in aroma d’alloro acre languente”. Ascoltate l’Autunno.
Costanza Marana