Strategia per l’uguaglianza lgbtiq: un altro passo per l’UE

strategia per l'uguaglianza

La Commissione Europea presenta la prima strategia per l’uguaglianza lgbtiq. Un passo necessario per la tutela dei diritti che devono essere garantiti su tutto il suolo europeo, senza eccezioni.

Una necessità crescente

Il 12 novembre scorso la Commissione Europea ha presentato la prima strategia per l’uguaglianza per la comunità lgbtq+, promessa alcune settimane prima da Ursula von der Leyen. Un passo avanti che arriva in un momento particolare per i diritti umani in Europa, che vedono una pericolosa regressione rispetto ai progressi fatti negli ultimi anni.
Come abbiamo già avuto modo di raccontare, infatti, alcuni paesi dell’Unione stanno mettendo in campo politiche discriminatorie, mentre altri faticano ad adottare leggi adeguate. È soprattutto per contrastare questa omofobia di ritorno (ammesso che sia mai cessata) di paesi come Ungheria e Polonia, che si è decisa la strategia per l’uguaglianza lgbt. La legislazione dell’Unione Europea condanna già i crimini di odio e discriminazione; ma, poiché l’applicazione di queste leggi cambia da uno stato membro all’altro, l’intento della Commissione è quello di porre una maggiore attenzione alle situazioni che destano preoccupazione.

Gli aspetti principali

La strategia per l’uguaglianza intende operare una serie di azioni mirate fondate su quattro aspetti fondamentali: combattere la discriminazione, ad esempio in ambito lavorativo; garantire la sicurezza, riconoscendo i reati d’odio e inserendoli nella legislazione europea, istituendo finanziamenti per le iniziative vòlte a combattere questi crimini; proteggere i diritti delle famiglie arcobaleno, creando società inclusive e con un’iniziativa legislativa per il riconoscimento reciproco della genitorialità in tutti gli Stati membri; supportare la lotta in favore dei diritti lgbtq+ in tutti i paesi del mondo. Tra queste iniziative, una merita particolare attenzione perché pone l’accento su una problematica tutta contemporanea, ma che si tende ancora ad ignorare: l’intelligenza artificiale. Uno degli intenti della strategia per l’uguaglianza, infatti, è quello di fissare dei requisiti specifici per database e processori dati, così da evitare discriminazioni nella rete, come ad esempio quelle nell’identificazione di volti trans.

La genitorialità

I legami familiari possono cessare di essere riconosciuti quando le famiglie arcobaleno attraversano i confini interni e poi, all’improvviso, il vostro bambino può smettere di essere vostro figlio una volta attraversato il confine. E questo non è accettabile
(Vera Jourová)

Per quanto riguarda il riconoscimento reciproco della genitorialità, sono sorti alcuni dubbi. L’europarlamentare Terry Reinkte ha aggiunto che la legge dovrebbe occuparsi non solo del rapporto genitore-figlio, ma anche di quello tra i genitori stessi; rimarcando la necessità di riconoscere su tutto il territorio europeo le coppie dello stesso sesso. Le proposte riguardanti la famiglia, però, richiedono l’accordo unanime di tutti gli stati membri; alcuni paesi come Ungheria e Polonia potrebbero non essere favorevoli a cambiamenti e decisioni in questo senso.




Le discriminazioni crescono

Per capire meglio l’andamento delle discriminazioni nei paesi europei, l’agenzia per i diritti dell’Unione Europea ha indetto un sondaggio, dal quale emergono dati sconfortanti. Il 43% degli intervistati del 2019 ha dichiarato di essere stata vittima di discriminazioni, contro il 37% del 2012. Il dato cresce al 60% per quanto riguarda le persone trans. I dati, ovviamente, se pur indicativi della situazione globale, cambiano da una regione all’altra dell’Europa. Mentre l’accettazione sociale è cresciuta dal 71% (2015) al 76% (2019), in nove paesi europei, quali Bulgaria, Cecenia, Slovacchia, è diminuita simultaneamente.

Allontanamento sociale e pandemia

Le persone appartenenti alla comunità lgbtq sono spesso soggette ad allontanamenti dalla comunità, rendendole più vulnerabili ed esposte ad abusi e violenze. La pandemia corrente ha creato situazioni ancora più spiacevoli: molti sono stati costretti alla quarantena in famiglia; famiglia che li aveva precedentemente isolati.

L’allontanamento sociale può essere particolarmente difficile per coloro che sono stati respinti dalle loro famiglie e ora sono costretti a stare con loro per tutto il tempo e/o si trovano ad affrontare problemi di salute mentale
(Associazione internazionale Lesbica, Gay, Bisessuale, Trans e Intersex)

A peggiorare le cose, quindi, la pandemia da Covid-19 che ha generato una serie di crisi -anche psicologiche- con pesanti ricadute sulle fasce di popolazione più deboli; tra queste la comunità lgbtq+. Con i governi impegnati a fronteggiare l’emergenza sanitaria, altre questioni sono state messe in secondo piano. Anche la stessa strategia per l’uguaglianza lgbt ha subìto ritardi: la sua pubblicazione, che sarebbe dovuta avvenire la scorsa estate, è slittata di alcuni mesi.

Ci sono casi di discriminazione concreta che non sono in linea con il principio di uguaglianza incorporato nei vari Trattati su cui l’UE si fonda. Dovere degli Stati membri è garantire che le leggi nazionali siano progettate e applicate conformemente ai loro obblighi in materia di diritti fondamentali

Qualcosa si muove

La strategia si collega ad altre già in vigore, come il piano d’azione UE contro il razzismo 2020-2050, la strategia per i diritti delle vittime e quella per la parità di genere. L’intento della Commissione è quello di monitorare regolarmente l’attuazione della strategia per l’uguaglianza e revisionarla nel 2023.
Accanto a questa nuova strategia e a quelle appena citate, vanno ricordate altre azioni messe in campo dall’UE. Ultimo, per esempio, il taglio ai finanziamenti ad alcuni comuni polacchi, a seguito delle dichiarazioni di zone lgbt free. Un primo segnale per prendere le distanze e scoraggiare atteggiamenti discriminatori e criminali.

Qualcosa, finalmente, sembra muoversi. A riprova di ciò, nell’ultimo mese si aggiungono altre due importanti conquiste in materia di hate speech. In Italia, il 4 novembre scorso, è stato approvato alla Camera il Ddl Zan sull’omobitransfobia che aggiunge, ai discorsi d’odio, quelli sul genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Simile situazione per la Norvegia, che il 10 novembre ha modificato una legge in vigore già dal 1981. La legge precedente vietava già l’incitamento all’odio verso persone gay e lesbiche, cofermando il Paese come uno tra i più all’avanguardia; ora la definizione è stata ampliata, vietando l’incitamento all’odio verso ogni orientamento sessuale e identità di genere. Un atto di inclusione necessario, che riconosce le differenze e le pluralità, assicurandosi la loro tutela.
La questione sull’hate speech è tra le più cruciali: è importante non far passare il messaggio che i discorsi sull’odio siano una questione di libertà di espressione. Una scusa non più ammissibile.

Il ruolo chiave dell’Unione

Se molte decisioni sono di competenza nazionale, è vero anche che l’Unione Europa, in quanto unione, ha il ruolo fondamentale di coordinatrice degli stati membri, suggerendo condotte politiche e buone pratiche per la tutela di tutti i cittadini.
La direzione sembra quella giusta. L’augurio è che la strategia per l’uguaglianza faccia da apripista a leggi sempre più inclusive e che si applichino su tutto il suolo europeo, senza eccezioni territoriali.

L’uguaglianza e la non discriminazione sono valori fondamentali all’interno dell’Unione. Questo significa che tutti nell’Unione Europea dovrebbero sentirsi al sicuro e liberi. Senza paura di discriminazione o violenza nei riguardi del proprio orientamento e carattere sessuale, della propria identità e dell’espressione di genere (Helena Dalli, Commissaria per l’uguaglianza)

 

Marianna Nusca

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