Stranieri in Italia: più poveri e disoccupati, soprattutto tra le donne

L'invisibilità degli apolidi Stranieri in Italia

In Italia, le persone straniere sono sempre più povere e con più probabilità di essere disoccupate rispetto al passato. Il fenomeno riguarda, come spesso accade, maggiormente le donne.

È quanto emerso dal XXVII rapporto della Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU) a proposito della condizione attuale degli stranieri in Italia, rapportata a quella degli italiani stessi.

La situazione riguarda tutte le fasce d’età della popolazione e, come in molti altri contesti, vede più svantaggiate le donne.

I ragazzi provenienti da dinamiche familiari con background migratorio sono ancora inseriti a scuola con anni di ritardo  rispetto ai coetanei italiani. Ciò significa, spesso e volentieri, che il tasso di abbandono dei percorsi formativi, soprattutto alle superiori, è più alto. Dato in peggioramento se si va ad analizzare la quota di NEET (Not in Education, Employment or Training), cioè di giovani che non studiano e non lavorano. Fra loro, quelli nati all’estero raggiungono il 36% del totale. Il tasso occupazionale complessivo è arrivato, nel 2020, al 57,3%, diventando inferiore, per la prima volta, a quello degli italiani (58,2%). E la riduzione del tasso occupazionale è doppia nelle donne rispetto a quella che interessa gli immigrati di sesso maschile.

Stranieri in Italia, dopo la pandemia

La condizione degli stranieri, in Italia, è peggiorata dopo la pandemia. La povertà complessiva delle famiglie straniere è aumentata notevolmente. Mentre, su 456mila posti persi, tra il 2019 e il 2020, circa un quarto ha coinvolto solo donne straniere. Le donne straniere occupate sono, infatti, diminuite del 10% rispetto al 3,5% degli uomini stranieri e all’1,4% delle donne italiane. Viene spiegato nel rapporto sopra citato che:

l’effetto più vistoso di questo impatto si è riversato sulle donne straniere, in linea con quanto avvenuto a livello globale, dove la crisi sanitaria ha accentuato la vulnerabilità delle lavoratrici immigrate, comunemente sovra-rappresentate nei lavori a bassa retribuzione e qualificazione e con un accesso limitato ai servizi di supporto per gestire le esigenze di conciliazione con gli impegni familiari.

Si può andare nella direzione di una doppia lettura

Da una parte c’è l’osservazione, ovvia ma necessaria, che l’integrazione di cui tanto si parla resta, nel nostro paese, una chimera. L’emergenza sanitaria non ha fatto che inasprire un divario culturale ed economico, tra italiani e stranieri, che già era profondo e che non giova ai propositi di civilizzazione, multiculturalità e multietnicità, dei quali molti italiani si riempiono la bocca. Propositi, questi, che in altri luoghi dell’Europa e del mondo sono già concretezza. Il tutto si giustifica col fatto che, in fondo, siamo poveri e pieni di problemi anche noi. Ed è vero. Ma chi inneggia alla multicultura e chi si fa paladino dell’accoglienza dovrebbe battersi perché, in uno Stato, tutti siano uguali per diritti e doveri, qualunque sia la loro provenienza.

Chi invece ancora crede che ogni essere umano debba restare nel posto in cui nasce, per sempre, anche se quel posto è melma o sabbie mobili, senza poter ambire a qualcosa di meglio, dovrebbe aprire un libro di storia e rendersi conto che siamo quello che siamo perché i popoli hanno migrato dal momento in cui sono piombati su questa terra (che appartiene a tutti).

Essere donne oltre che stranieri in Italia

Per quanto riguarda la seconda osservazione alla quale la riflessione può portare, essa è, probabilmente, ancora più amara e dura della prima.

L’assunto principale è che qualsiasi siano i problemi di una società o di un popolo, a pagarne le spese più grosse sono sempre le donneE questo, a sua volta presuppone che, pure la parità di genere tanto agognata e l’emancipazione della condizione femminile siano ancora utopie belle e buone, anche da noi.

A una condizione di svantaggio data dall’essere nati in zone del mondo poco favorevoli alla vita, si aggiunge la condizione di svantaggio di essere nate donna. È quello che succede ancora oggi, ovunque. Ma il fatto che succeda in maniera così netta anche in Italia dovrebbe farci aprire gli occhi su quanto sia ipocrita rivendicare diritti e uguaglianza che poi non si difendono abbastanza e non si garantiscono, in egual misura, a tutti. Non si può fare due pesi e due misure. E se si fa, vuol dire che abbiamo un problema di incoerenza e disonestà intellettuale.

Assunta Nero

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