È accaduto a Gazzo Veronese (Verona), dove un agricoltore ha fatto una strage di nutrie disseminando mais avvelenato. Voleva liberare i suoi campi dagli animali, ma ha causato un disastro ambientale imperdonabile vicino l’oasi del Busatello.
Un disastro ambientale
La strage di nutrie nelle campagne del veronese è un fatto gravissimo, le cui pericolose conseguenze potrebbero protrarsi per mesi. Infatti, c’è il rischio che il veleno attraversi tutta la catena alimentare fino ai predatori, tra i quali i rapaci. Purtroppo, il clima di questo periodo non ha aiutato, perché gli animali sono particolarmente affamati e, infatti, hanno divorato il mais in grandi quantità. Destano preoccupazione anche i canali di irrigazione, i quali potrebbero contaminarsi con le tossine, provocando la morte di altri animali, compresi quelli di allevamento. Sebbene l’obiettivo del contadino fossero le nutrie, sono stati avvelenati anche lepri, fagiani, anatre, oche e tante altre specie presenti nell’oasi.
Ma cosa è accaduto?
Un agricoltore di 80 anni ha cosparso su circa tre ettari di terreno qualche quintale di mais avvelenato. Infatti, stanco della presenza di nutrie sui suoi terreni, non ci ha pensato due volte a ripiegare su una soluzione pericolosa e incivile: l’avvelenamento. L’uso del veleno, è “un gesto omicida e inaccettabile” , afferma il Presidente dell’ENPA di Verona, e ha purtroppo molti precedenti in Italia. Tuttavia, sono ormai note le possibili conseguenze di queste azioni, motivo per cui quanto accaduto non ha giustificazioni né può rimanere impunito. L’ambiente già soffre problematiche di inquinamento notevoli, che non necessitano di ulteriori aggravanti, peraltro così incivili e ignoranti.
Il movente
Si è giustificato con queste parole, “ero stanco delle nutrie che infestavano i campi”, l’agricoltore verso il quale è scattata una denuncia per avvelenamento (544 bis c.p.p.) e disastro ambientale. A tal proposito, il presidente dell’Oipa Italia, Massimo Camparotto, ha mobilitato i suoi legali, nella speranza che “il procedimento sia veloce e la pena esemplare, affinché tali azioni non si ripetano mai più”.
L’intervento delle autorità
Dopo una prima segnalazione da parte di Corrado Pasini, presidente dell’ATC 5 “Tartaro”, lunedì pomeriggio sono giunti sul posto Polizia Provinciale, Protezione Civile, Comune, Polizia Municipale e consorzio di bonifica. Da allora, si lavora senza sosta per rimuovere il mais, avvelenato con una sostanza verdognola, di cui un campione è già nei laboratori dell’istituto zooprofilattico. Si sono recati sul posto anche il Presidente della Provincia, Manuel Scalzotto, e il Comandante della Polizia Provinciale, Anna Maggio, “per comprendere la gravità della situazione”.
Un futuro delicato
Quanto attualmente riportato dagli agenti non è per nulla rassicurante. Si teme che gli effetti possano prolungarsi per settimane, se non mesi, causando la morte di tanti altri animali. Inoltre, si dovranno monitorare anche le condizioni del terreno, poiché entrato in contatto con il veleno. L’urgenza è ripulire il terreno nel più breve tempo possibile, sperando di limitare i danni. Per queste ragioni, si è richiesto anche l’intervento del servizio veterinario dell’Ulss, affinché suggerisca ulteriori provvedimenti da adottare.
“Insegnare a un bambino a non calpestare un bruco è altrettanto prezioso per il bambino quanto lo è per il bruco”
La strage di nutrie si aggiunge alla lunga lista di tristi episodi che colpiscono gli animali sul nostro territorio. Selvatici, ma non solo, sono ancora oggi troppo spesso vittime di ingiustificata crudeltà e ignoranza. “Gli strumenti per una concreta convivenza con gli animali esistono, basti pensare ai dissuasori a ultrasuoni”, eppure, il veleno rimane una soluzione preferenziale.
Tuttavia, indipendentemente dall’interesse per gli animali, che sicuramente queste persone non hanno, rimane la totale noncuranza nei confronti degli effetti derivanti da simili azioni. Effetti, la cui gravità non interessa solo i poveri animali, ma anche l’ambiente, dove questi folli giustizieri vivono e del quale presumibilmente si nutrono.
Ed è forse per questo che sorge spontanea una domanda, dal sapore amaro quanto i numeri di questa carneficina: il problema sono davvero gli animali oppure uno smisurato egoismo incapace di contemplare senso civico e rispetto per la comunità in cui si vive?
Carolina Salomoni