Undici anni dalla strage di Viareggio: il ricordo come impegno per il futuro

Strage di Viareggio

Il 29 Giugno a Viareggio, città della costa versiliese, non è un giorno come gli altri. È una giornata di memoria. I treni fischiano entrando in stazione e ovunque uno si trovi viene raggiunto dal segnale sonoro che i viareggini hanno imparato a conoscere bene. I fischi servono a ricordare la notte del 29 Giugno 2009, quando un treno che trasportava gpl deragliò causando la morte di 32 persone.

Undici anni fa l’estate a Viareggio stava cominciando.

I turisti dovevano ancora arrivare ad affollare la città di mare, gli abitanti si preparavano alla stagione.

Poco prima di mezzanotte un treno composto da quattordici cisterne di gpl entrò in stazione. I macchinisti si accorsero che qualcosa non andava, il treno era deragliato e loro fecero appena in tempo a frenarlo proprio sotto la passerella che, sovrastando i binari, univa via Ponchielli e via Burlamacchi. Avvertirono telefonicamente il capostazione che fermò due treni passeggeri in arrivo a Viareggio.

L’asse della prima cisterna si era spezzato provocandone il ribaltamento e la rottura causata dall’impatto con un elemento fisso della rotaia. Il liquido infiammabile si propagò, data la sua densità, all’altezza del suolo e raggiunse le due vie adiacenti ai binari. Centottanta secondi, poi l’esplosione. Erano le 23.48.

A scoppiare fu una sola cisterna, ma tanto è bastato a provocare quella che verrà ricordata come la strage di Viareggio.

Le fiamme altissime colsero i cittadini intenti a vivere la propria particolare ordinarietà. C’era chi si trovava sulla passerella perché stava andando a lavoro, c’era chi percorreva con il proprio motorino una delle vie più trafficate della città. C’erano le famiglie e gli amici riuniti nelle case.

Qualunque cosa e chiunque fosse un attimo prima dell’esplosione nei dintorni del treno deragliato, fu subito dopo immerso nelle fiamme. Non ci sono parole per descrivere ciò che avvenne quella notte, l’espressione più usata da coloro che erano sul luogo è stata “inferno”.

Le vittime furono 32, tra queste anche tre bambini. Undici di loro morirono la notte stessa, le altre nei giorni e nei mesi successivi, dopo aver patito le atroci sofferenze dovute alle ustioni riportate. L’ultima persona coinvolta è deceduta sei mesi dopo il giorno della strage.

Il 30 Giugno 2009 Viareggio era diversa, silenziosa. Bisognava preparare i posti in cui accogliere gli sfollati. Nel mentre si attendevano notizie, si aspettava di conoscere i nomi che man mano venivano associati ai corpi carbonizzati. In silenzio arrivò anche il 7 Luglio, giorno dei funerali di Stato allo Stadio Torquato Bresciani. Lo Stadio dei Pini, come viene chiamato dai viareggini, era gremito di persone; in mezzo agli spalti sedeva l’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sul prato erano adagiate 15 bare. Le esequie di sette vittime si tennero con rito islamico in Marocco. Altri morirono nei mesi successivi.



I sopravvissuti e i parenti delle vittime della strage di Viareggio non sono sfuggiti al destino comune che spetta a chiunque si trovi coinvolto in una tragedia in Italia. Hanno dovuto unire le forze nell’intento di ottenere giustizia.

Il processo per la tragedia ferroviaria di Viareggio è iniziato quattro anni dopo gli eventi, il 13 Novembre 2013. Tra Marzo e Novembre 2011 si svolse presso la procura di Lucca l’incidente probatorio. La perizia disposta dal giudice individuò come causa del deragliamento del treno cisterna il cedimento dell’assale del primo carrello.

Il pezzo era stato installato pochi mesi prima della tragedia durante i lavori di manutenzione a cura di due officine, una con sede ad Hannover, l’altra in Italia. Fu stabilito che la frattura dell’assale era già presente quando il pezzo di ricambio era stato inviato dall’officina tedesca a quella italiana che si era premurata di installarla.

Gli imputati del processo erano 33, tra questi i dirigenti e gli amministratori delle società di manutenzione e Mauro Moretti. Quest’ultimo ricopriva il ruolo di amministratore delegato di Ferrovie dello Stato al tempo della strage di Viareggio da lui definita, durante un’audizione in senato, “uno spiacevole incidente”. I capi di imputazione erano disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo, incendio colposo, lesioni personali.

Lo Stato, nonostante gli appelli del sindaco di Viareggio, dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime, decise di non costituirsi parte civile nel processo accettando il risarcimento offertogli da Ferrovie dello Stato.

La sentenza di primo grado venne letta il 31 Gennaio 2017. Tutti gli imputati vennero riconosciuti, a diverso titolo, responsabili. Moretti venne condannato a 7 anni.

Il processo di appello è iniziato nel 2018 presso la terza sezione penale di Firenze. La sentenza di secondo grado è arrivata nel Giugno 2019, a pochi giorni dal decennale della strage. In questa sede i giudici hanno confermato le responsabilità riscontrate durante il primo grado di giudizio: il treno viaggiava senza le adeguate garanzie di sicurezza.

Mauro Moretti, cui è stata riconosciuta la responsabilità giudiziaria di non aver assunto le dovute cautele al fine di evitare il disastro ferroviario, nonostante gli appelli dei membri dell’Associazione familiari “Il mondo che vorrei”, ha deciso di presentare appello in cassazione. Ha affidato la sua difesa all’avvocato Franco Coppi, già difensore di Andreotti e Berlusconi e di De Gennaro per i fatti della scuola Diaz di Genova.

I reati di incendio e lesioni colpose, intanto, sono stati annullati dalla prescrizione, mentre quelli di disastro ferroviario ed omicidio colposo plurimo rimangono in piedi solo grazie all’aggravante di incidente sul lavoro.

Il ricordo della strage a Viareggio è vivo e partecipato da tutta la cittadinanza.

Ogni anno i viareggini percorrono in corteo le strade del centro fino ad arrivare nei pressi del luogo dove un tempo sorgeva via Ponchielli, il punto maggiormente colpito.

Per ringraziare la popolazione della sua vicinanza, all’arrivo del corteo per il decennale della strage che si è svolto lo scorso anno, i familiari delle vittime si sono messi di lato e hanno applaudito il fiume di persone che giungevano via via al punto della commemorazione. Il ringraziamento, però, deve andare a loro, che nella tragedia hanno trovato la forza di lottare non solo per il passato, per ottenere il riconoscimento delle vite che da quella notte non sono più state, ma per il futuro, affinché niente di simile possa accadere più.

Quest’anno, a causa delle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, non si potrà tenere il corteo tradizionale al termine del quale vengono solitamente letti i nomi e le età di tutte le vittime. È ancora più importante, quindi, ricordarli qui.

Iman (3 anni), Hamza (17) e Mohammed Ayad (51) e Aziza Aboutalib (46), Nadia Bernacchi e Claudio Bonuccelli, (59 e 60), Abdellatif e Nouredine Boumalhaf, (34 e 29), Rosario Campo, (42), Maria Luisa Carmazzi e Andrea Falorni, (49 e 50), Alessandro Farnocchia, (45), Antonio Farnocchia (51), Marina Galano, (45), Ana Habic e Mario Pucci (42 e 90), Elena Iacopini (32), Federico Battistini (32), Emanuela Milazzo (63) e Mauro Iacopini (60), Magdalena Cruz Ruiz Oliva (40), Ilaria e Michela Mazzoni (36 e 33), Emanuela Menichetti, (21), Stefania Maccioni (40), Luca e Lorenzo Piagentini (5 e 2), Angela Monelli, Rachid Moussafar (25), Sara Orsi e Roberta Calzoni (24 e 54), Elisabeth Silva (36).

Silvia Andreozzi

Exit mobile version