Il 27 giugno 1980, nel tratto di mare tra l’isola di Ponza e l’isola di Ustica, si schiantava l’aereo DC-9 ITAVIA con 81 persone a bordo, per cause mai chiarite. Oggi, a 44 anni dalla strage di Ustica, emergono interessanti dichiarazioni inedite che potrebbero gettare una nuova luce sui fatti di quella sera, rendendo finalmente giustizia alle vittime e alle loro famiglie.
Sono passati 44 anni dalla strage di Ustica, una ferita ancora aperta per i familiari delle vittime e per l’Italia intera. Che cosa successe quella sera, poco prima delle 21, nel tratto di mare tra Ponza e Ustica, all’aereo che dall’aeroporto Marconi di Bologna sarebbe dovuto atterrare a Palermo – Punta Raisi, ancora nessuno è in grado di spiegarlo con certezza.
Nelle scorse ore, però, sono state rese note alcune dichiarazioni inedite di un ex militare francese, che negli anni ’80 lavorava per l’ambasciata francese a Roma. Proprio le sue dichiarazioni, rilasciate per un documentario sulla strage condotto da Massimo Giletti presto in onda su Rai 3, potrebbero fare luce su alcuni aspetti mai chiariti della vicenda, e soprattutto potrebbero mettere definitivamente a tacere le ipotesi poco credibili riguardo un guasto tecnico o un malfunzionamento dell’apparecchio.
Le nuove dichiarazioni dell’ex militare
Nel documentario compare un colloquio video-registrato tra Massimo Giletti e un militare in congedo che negli anni ’80 era in servizio presso l’ambasciata francese a Roma. Intervistato, il militare dichiara che nel 1990 i suoi superiori gli imposero di non divulgare ai colleghi italiani dello Stato Maggiore dell’Aeronautica i tracciati radar datati 27 giugno 1980, il giorno della strage avvenuta dieci anni prima. Queste le parole esatte del militare:
Lo Stato Maggiore italiano mi chiese di chiedere allo Stato Maggiore francese il rilevamento radar di quella notte. Il colonnello francese mi disse che bisognava comunicare allo Stato Maggiore italiano che la base di Solenzara era chiusa, e il radar era in manutenzione. Non era vero. Mi ordinarono di rispondere agli italiani che il radar era in manutenzione e punto. Feci quello che mi dissero.
A onor del vero, le indagini della Procura di Roma avevano accertato già dieci anni fa che la base aerea dell’Armée de l’Air a Solenzara, in Corsica, il giorno della strage era perfettamente in funzione, e gli inquirenti avevano anche rintracciato 14 militari in servizio quella sera.
Le parole del militare, in onda stasera su rai 3 nel documentario “Speciale Ustica – una breccia nel muro”, sembrano avallare le dichiarazioni che lo scorso settembre aveva rilasciato l’ex Presidente del consiglio Giuliano Amato: l’aereo DC-9 sarebbe stato colpito da un missile francese per errore; missile che avrebbe dovuto uccidere il premier della Libia Muammar Gheddafi in volo nello stesso momento su un caccia MiG libico. Due indizi fanno una prova o solo un’interessante coincidenza?
Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, di fronte ai nuovi elementi appena emersi ha dichiarato, ottimista:
Purtroppo avviene tutto troppo tardi, ma chi finalmente ha voglia di raccontare il ruolo che ha avuto, visto che sono anche uomini delle istituzioni, farebbe solo il proprio dovere. Continuiamo a dire che manca un pezzo di verità perché mancano gli autori materiali dell’abbattimento di un aereo civile in tempo di pace […]. Aspettiamo la possibilità di leggere tutta la verità sugli autori materiali.
Parole di cauto entusiasmo, quindi, considerando che queste dichiarazioni emergono solamente 44 anni dopo i tragici fatti di quella sera, che ci accingiamo qui a ricostruire.
Strage di Ustica: i fatti certi
Alle 20.08 del 27 giugno 1980, l’aereo DC-9 ITAVIA, con a bordo 81 passeggeri (di cui 13 bambini e 4 membri dell’equipaggio) parte con 113 minuti di ritardo causa maltempo dall’aeroporto Marconi di Bologna, destinazione Palermo, Punta Raisi. L’atterraggio è previsto per le 21.13.
Il volo è regolare e rispetta i tempi prestabiliti, fino all’ultimo contatto radio con Roma, alle 20.59. In quel momento l’aereo si trova tra Ponza e Ustica, a 7000 metri sopra il livello del mare, e viaggia a una velocità di 800 chilometri orari.
Alle 21.04 da Roma chiamano per l’autorizzazione di atterraggio a Palermo che deve avvenire 9 minuti dopo, ma non c’è nessuna risposta. Nell’ora successiva si susseguono molteplici tentativi di contatto con l’aereo, da Roma, da Palermo, da altri aerei, invano. Alle 21.55 l’aereo viene dato per disperso. I rottami dell’aereo e i primi cadaveri che affiorano dall’acqua vengono rinvenuti all’alba del giorno dopo, a 110 chilometri a nord di Ustica. Delle 81 persone presenti sull’aereo, ne saranno ritrovate solamente 40.
La scatola nera dell’aereo è stata recuperata dieci anni dopo, a più di 3000 metri di profondità, e contiene un particolare interessante, nonché utile alle indagini. L’ultima conversazione registrata è quella tra il comandante Domenico Gatti e il copilota Enzo Fontana, che chiacchierano amabilmente di frivolezze.
La registrazione si interrompe bruscamente in un punto ben preciso: ripulendo l’audio, si sente chiaramente pronunciare “Guarda, cos’è?”, in riferimento ad una possibile comparsa improvvisa nel cielo di un oggetto estraneo, come un missile, oppure alla comparsa nel quadro dei comandi di una spia particolare, oppure ancora all’interruzione improvvisa della corrente elettrica nell’aereo.
Ustica, 44 anni dopo: ancora troppe stranezze da chiarire
Durante le indagini condotte sui rottami del velivolo, vennero rinvenute tracce di potente esplosivo, che però non poteva essere stato fatto esplodere dall’interno: molte parti dell’aereo tra cui il muso e gli oblò vennero ritrovati intatti, e questo non sarebbe stato compatibile con un ordigno presente a bordo. Più probabile quindi l’ipotesi di uno schianto con un corpo estraneo.
Nel 1992, in una zona del Mediterraneo interna al perimetro delle ricerche, fu rinvenuto un serbatoio sganciabile appartenente a un velivolo militare statunitense, ma non venne rintracciata la provenienza, né le condizioni di utilizzo, perché gli Stati Uniti dichiararono che era impossibile risalirvi. Un simile serbatoio era in dotazione anche su alcuni aerei militari francesi.
Ancora: alcuni dei tracciati radar italiani oggetto d’indagine risultarono assenti, cancellati o sovrascritti proprio nei minuti in cui si suppone avvenne lo schianto. I pochi tracciati intonsi non presentarono alcuna informazione rilevante per le indagini. Oggi si scopre che l’Aeronautica francese era disposta a mentire allo Stato Maggiore italiano pur di non fornire i dati dei propri radar: una serie incredibile di coincidenze che lascia pensare a un accurato insabbiamento delle indagini.
L’ipotesi di un possibile coinvolgimento francese nella strage di Ustica venne esplicitata per la prima volta dal presidente Cossiga nei primi anni 2000, con parole molto simili a quelle che userà Amato nel 2023. Cossiga dichiarò:
L’aereo francese si sarebbe messo sotto al DC-9 per non essere intercettato dal radar dell’aereo libico che stava rientrando con Gheddafi. A un certo punto l’aereo francese lancia un missile per sbaglio…volendo colpire l’aereo di Gheddafi. Fatto sta che quando è partito il missile, l’aereo di Gheddafi si sarebbe messo dietro al DC-9, che viene colpito al suo posto. E questa è l’informazione per quello che ricordo adesso…io sto per compiere 80 anni.
In quest’ottica, le nuove dichiarazioni dell’ex militare francese appaiono perfettamente sensate e contestualizzate.
La speranza è che queste dichiarazioni creino un effetto a catena che rompa, finalmente, il muro di omertà con cui si sono scontrate per 44 anni le famiglie delle vittime, che speriamo trovino finalmente pace e soprattutto il conforto della verità.
Michela Di Pasquale