Strage di Piazza della Loggia: un 28 maggio che non trova ancora verità

Strage di piazza della Loggia

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La strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974 è stata una delle tante tragedie che ha paralizzato l’Italia nella cosiddetta “strategia della tensione”. Quel giorno, a Brescia, era stata organizzata una manifestazione antifascista contro il terrorismo nero. Nella mattina stessa, una bomba nascosta in un cestino pubblico scoppiò, provocando la morte di otto persone e un centinaio di feriti.

Furono avviate indagini lunghe decenni, con cinque istruttorie, tre processi e otto gradi di giudizio. Durante tutte le indagini, fino ai processi degli ultimi anni, c’è sempre stata l’ipotesi del coinvolgimento dei servizi segreti e delle istituzioni statali nell’attentato a firma del terrorismo nero. 

La strage di Piazza della Loggia, Brescia

Esattamente cinquant’anni fa, il 28 maggio 1974, una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti esplose durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista, organizzata dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Erano gli anni della strategia della tensione, in cui la stabilità politica parlamentare era fortemente incrinata da una maggioranza di governo sempre più debole – quella democristiana – e un sempre più importante coinvolgimento con il Partito Comunista di Berlinguer.

La strage di piazza della Loggia è considerata la “più politica di tutte le stragi” degli anni ’70. Non mirava a colpire indiscriminatamente, come accaduto a Piazza Fontana, ma a uccidere specificamente i cittadini che manifestavano contro gli atti terroristici di matrice neofascista. Un episodio cruciale fu l’attentato del 20 maggio 1974, quando il neofascista Silvio Ferrari morì in Piazza del Mercato trasportando un ordigno. Questo evento spinse i sindacati e il Comitato unitario antifascista a organizzare la manifestazione del 28 maggio.

Si parla di “strategia della tensione”, come coniato da un giornalista inglese, per parlare proprio di attentati terroristici che hanno coinvolto i gruppi neofascisti, attivi all’epoca, attaccare il funzionamento dello Stato italiano. Con l’obiettivo di destabilizzare il potere centrale, ci furono molti attentati portati avanti dai bracci armati più forti dell’estrema destra, come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. In realtà, la galassia fascista non ha mai lavorato da sola: molti altri attori hanno partecipato con la loro complicità, tra le logge massoniche, lobbies, vertici dei servizi segreti italiani e americani.

Il progetto politico del terrorismo fascista era infatti quella di terrorizzare, per l’appunto, i partiti politici al governo. L’obiettivo era quello di destabilizzare il precario equilibrio che le sinistre avevano in Parlamento e al Governo. In particolare, quelli erano gli anni del dialogo tra democristiani e comunisti. La Strage di Piazza della Loggia del 1974 non è stata la prima tragedia, né l’ultimo.

Nel 1969 si era già consumata la strage di Piazza Fontana, a Milano, e quella di via Fatebenefratelli nel 1973; e poi, nel 1974 la strage sul treno Italicus, nel 1978 il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, fino al 1980 con la strage di Bologna. Questi sono solo alcune delle tante stragi consumatesi in Italia e sui quali, ancora oggi, ci sono molti depistaggi e poche verità.

Il lungo iter giudiziario, i depistaggi e le condanne

La complessa vicenda giudiziaria della strage di Piazza della Loggia si è conclusa solo nel 2017, con la condanna all’ergastolo di due esponenti di Ordine Nuovo, Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi. Tramonte, noto come “Tritone”, era un informatore del SID, mentre Maggi era il “reggente” nel Triveneto. Entrambi parteciparono alla riunione preparatoria della strage il 25 maggio ad Abano Terme. Tramonte fu fotografato in Piazza della Loggia poco dopo l’esplosione, ma il SID coprì lui e Maggi, nonostante fossero a conoscenza dei piani criminali. Il ruolo di Tramonte, il giovane militante neofascista del Movimento Sociale Italiano, è stato necessario: lui ha infatti rilevato preziose informazioni che hanno poi portato all’apertura di uno dei processi.

Le indagini furono costellate di depistaggi. Poco dopo la strage, su ordine istituzionale, una squadra di pompieri ripulì il luogo dell’esplosione, cancellando prove cruciali. Anche i reperti prelevati dai corpi dei feriti e dei cadaveri scomparvero misteriosamente. La presenza di Tramonte sul luogo dell’attentato fu confermata solo molto più tardi tramite una perizia antropologica basata su fotografie dell’epoca.

In questa storia, nonostante tutti gli anni trascorsi, non si sono riuscite ad accumulare sufficienti prove per concludere i processi. Tutte le potenziali prove, come le impronte, le immagini, i reperti sono spariti. Di conseguenza, tutte le indagini e le condanne sono state sempre di complicata natura. 

La prima istruttoria, iniziata nel 1974, portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana, ma gli imputati furono assolti in appello nel 1982. Nel 1984, nuove rivelazioni di pentiti riaprirono le indagini, portando a ulteriori assoluzioni nel 1989, a seguito di insufficienza di prove.

La terza istruttoria, conclusa nel 2010, si è conclusa con i pubblici ministeri che hanno formulato l’accusa di concorso per strage nei confronti di tutti gli imputati. Questi ultimi erano infatti Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Giovanni Maifredi, Francesco Delfino e Pino Rauti. L’unico a non essere condannato, per insufficienza di prove, è stato Pino Rauti, nonostante gli sia stata imputata la responsabilità politica per la strage. 

Il ruolo dello Stato

La lunga storia giudiziaria della strage di Piazza della Loggia riflette le difficoltà nel perseguire la verità in casi di terrorismo politico. Nonostante le condanne definitive del 2017, restano ancora aperte due indagini che potrebbero portare a ulteriori sviluppi. Tanti sono stati infatti i depistaggi, le false testimonianze e i dubbi che, ancora oggi, non rendono totalmente colpevoli gli imputati.



Nel corso di tutte le indagini, nel corso di trentasei lunghi anni, c’è sempre stata la grande ipotesi del diretto coinvolgimento degli apparati segreti dello Stato italiano nella vicenda di Brescia, così come in tutte le altre tragedie degli anni precedenti e successivi. Uno dei fatti più importanti, nonché manifesto del coinvolgimento statale, è stato proprio l’ordine impartito ai pompieri di ripulire perfettamente l’intera piazza, dopo solo due ore dall’esplosione. In questo modo infatti, tutte le prove più importanti sono state cancellate; inoltre, importanti indizi sono spariti anche dall’ospedale, dopo che feriti e cadaveri erano stati prelevati dalla piazza.

La strage di Piazza della Loggia, una tragedia che non trova verità

Nonostante i processi e le accuse, sulla strage di Piazza della Loggia di Brescia non c’è ancora una verità giudiziaria assoluta. Sicuramente, la matrice è quella del terrorismo fascista, aiutato e protetto dai servizi segreti italiani.

Ogni 28 maggio, la memoria rimane vigile rispetto al passato, per non dimenticare cosa sono state le stragi fasciste e quella verità che ancora oggi fatica a venire a galla. Quel 28 maggio a Brescia morirono otto persone che si erano impegnate molto nella scuola. Oggi, colleghi e colleghe delle scuole medie e superiori si riuniscono in piazza a Brescia per ricordarli, insieme ai familiari delle vittime.

La strage di Piazza della Loggia è stata una delle tragedie che ha colpito di più la popolazione italiana, colpendo tutti gli antifascisti, i movimenti sindacali e i lavoratori. Brescia, negli anni ’70, era infatti una delle città con più fermento politico; quello stesso fermento che doveva essere terrorizzato e fermato. Anche quest’anno, ci saranno molte manifestazioni in ricordo alla strage di Piazza della Loggia: un grande corteo sfilerà per le vie della città, tra i sindacati di base, le associazioni per le vittime e anche le realtà palestinesi, che hanno deciso di unirsi per denunciare la complicità dello stato con il terrorismo neofascista. 

Lucrezia Agliani

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