Con la strage di Duisburg, avvenuta il 15 agosto 2007, la ‘Ndrangheta svelò per la prima volta al mondo il suo volto più brutale e vendicativo. L’attentato nel quale persero la vita sei persone, fu l’ennesimo regolamento di conti tra le due ‘ndrine rivali dei Nirta-Strangio e dei Pelle-Vottari, in guerra sin dagli anni Novanta. Sottovalutata per anni dallo stato, la mafia calabrese è oggi una delle organizzazioni più potenti del pianeta, con affiliati sparsi in cinque continenti e un giro d’affari di 73 miliardi di dollari.
15 agosto 2007, Duisburg, Germania. E’ in questa città industriale della Ruhr dove vivono e lavorano tantissimi italiani, che il mondo intero conobbe per la prima volta la brutalità della ‘Ndrangheta. Il bilancio della strage di Duisburg fu tremendo: sei morti ammazzati, tutti calabresi. Dietro al massacro di ferragosto, come venne subito ribattezzato, covava una guerra feroce tra due ‘ndrine radicate nel cuore di pietra dell’Aspromonte, i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, protagoniste della lunga faida di San Luca.
Dopo anni di indagini e processi, per la strage di Duisburg sono state emessi otto ergastoli. Tra i condannati c’è Giovanni Strangio, considerato l’ideatore e uno degli esecutori della rappresaglia messa a segno dal clan Nirta-Strangio contro la cosca rivale dei Pelle-Vottari.
Oltre a Giovanni Strangio, i giudici della Corte d’Assise di Locri hanno emesso altre sette condanne all’ergastolo: l’ultima nel 2020 per Francesco Nirta, accusato di pluriomicidio e detenzione di porto d’armi. Tra gli altri imputati condannati al carcere a vita ci sono Giovanni Luca Nirta, Giuseppe Nirta, detto ‘Peppe u versu’, Francesco Pelle detto ‘Ciccio Pakistan’, Sebastiano Romeo, Francesco Vottari detto ‘Ciccio u Frunzue’ e Sebastiano Vottari, detto ‘il Professore’.
La lunga scia di sangue che porta dritto a Duisburg parte da lontano
La strage di Duisburg rappresenta l’ennesimo episodio di sangue nella lunga “faida di San Luca”, che ha imperversato tra i due clan rivali sin dagli anni Novanta. La scintilla che fece divampare il fuco della vendetta tra le due famiglie fu uno screzio nato per futili motivi. Durante il carnevale del 1991 un gruppo di ragazzi legati ai clan Strangio e Nirta lanciò delle uova contro il circolo ricreativo ARCI, gestito da Domenico Pelle, uno dei “Gambazza“, sporcando tra l’altro anche l’auto di uno degli appartenenti al clan dei Vottari.
Successivamente, dopo quel primo “sgarbo”, il bar dell’ARCI venne nuovamente preso di mira da alcuni giovani esponenti dei clan Nirta e Strangio, Questa volta, alcuni affiliati alla famiglia dei Pelle malmenarono i ragazzi, punendoli con quella che nel dialetto sanluchese si chiama una “cardiata” di legnate.
Nell’ambiente mafioso, però, uno sgarbo non può restare impunito, poiché rappresenta un affronto all’onore e alla rispettabilità della famiglia. Perciò, per vendicarsi del torto subito, un altro gruppo di giovani dei Nirta-Strangio, venuto a conoscenza dell’accaduto, decise di regolare i conti incontrando un affiliato al clan Vottari.
L’incontro degenerò in una sparatoria dove rimasero uccisi due giovani del gruppo, Francesco Strangio, 20 anni e Domenico Nirta, 19 anni. Ma, nella spirale crescente di violenza e vendetta, il clan dei Vottari decise a sorpresa per l’esilio a vita da San Luca del responsabile degli omicidi. Misura, questa, che si rivelò comunque inutile poiché l’assassino dei Nirta-Strangio venne ucciso poco tempo dopo presso il comune limitrofo di Bovalino, dove aveva trovato rifugio temporaneo.
La Strage di Natale del 2006
La faida riprese nel1993 quando vennero uccisi due capibastone della cosca Pelle-Vottari i quali risposero, a loro volta, con altri due omicidi. Dopo dodici anni senza morti ammazzati, nel gennaio del 2005, venne ucciso a Casignana Salvatore Favasuli. Il presunto autore di quel delitto venne individuato nella persona di Domenico Giorgi, arrestato a Rivalta di Torino il 19 novembre 2010.
La vendetta dell’altro fratello di Favasuli, Antonio non si fece attendere: il 31 ottobre del 2005, Antonio Favasuli uccise Antonio Giorgi, innescando una serie di vendette incrociate che riaprirono nuovamente la Faida di San Luca.
Ma l’evento più grave avvenne la sera di natale del 2006 quando un gruppo di sicari dei Pelle-Vottari uccise Maria Strangio, moglie di Giovanni Nirta e reale obiettivo dell’attentato, il quale riuscì a salvarsi rimanendo, però, paralizzato a vita. Con l’omicidio della moglie del boss del clan Nirta, morirono anche i tentativi di mediazione intrapresi da Francesco Vottari (detto U Frunzu) per porre fine alla guerra.
E si arriva così alla notte tra il 15 e 16 agosto 2007. Sono le 2.30 quando un gruppo di sei ragazzi, tutti calabresi, esce dal ristorante “Da Bruno”, dopo aver festeggiato il diciottesimo di uno di loro, Tommaso Venturi, originario di Corigliano calabro.
Non appena i sei salgono sulle loro auto, i kille entrano in azione. Nella sparatoria verranno esplosi almeno 70 colpi. Al termine della mattanza, gli assassini spareranno un colpo in testa a ciascuna vittima, per assicurarsi della loro morte.
I cadaveri saranno ritrovati da un passante pochi minuti dopo la sparatoria: quattro in una Voskswagen Golf, due in un furgone Opel. Soltanto uno dei sei ragazzi sarà ancora vivo all’arrivo dei primi soccorsi, ma morirà durante il trasporto in ospedale.
I legami delle vittime con la ‘Ndrangheta
Nei giorni immediatamente successivi alla strage, la polizia tedesca divulgò un possibile identikit di uno di due uomini visti fuggire dallo spiazzo antistante il ristorante italiano: un uomo dall’età apparente di 20-30 anni, magro, alto circa un metro e ottanta, con capelli neri corti, due lunghe basette e un grosso neo sotto l’occhio destro, che poi si scoprirà essere Giovanni Strangio.
L’impronta mafiosa sulla strage emerse già dopo i primi controlli: nelle tasche di uno dei ragazzi uccisi, Tommaso Venturi, venne trovata, infatti, l’immagine di un santino con la testa bruciata, utilizzata dalla ‘Ndrangheta nei riti di affiliazione.
Nel corso delle perquisizioni del ristorante “Da Bruno”, la polizia tedesca scoprì una stanza con la statua di San Michele arcangelo, protettore dell'”onorata società” (altro nome con cui viene individuata la mafia calabrese), nella quale venivano “battezzate” le nuove leve.
Inizialmente, gli investigatori tedeschi, supportati anche dalla polizia italiana, ipotizzarono una pista investigativa legata a problemi interni al clan dei Pelle-Vottari. Ipotesi, questa, subito smentita dall’intercettazione di una telefonata fatta subito dopo la strage da Giovanni Strangio, fratello dell’appena ucciso Sebastiano, a Achille Marmo.
Subito dopo la sparatoria, l’uomo, che chiamava proprio da Duisburg, cercò di mettersi in contatto in Calabria con il boss Antonio Pelle, al telefono chiamato la “mamma” per via del suo ruolo apicale ricoperto all’interno dell’organizzazione, informandolo sull’accaduto.
Fu quell’intercettazione che permise agli inquirenti di collegare la strage di Duisburg alla faida di San Luca. La polizia italiana ritenne che l’obiettivo principale dell’agguato fosse Marco Marmo, fratello di Achille, sospettato di aver custodito le armi usate nella strage di natale del 2006 in cui era morta Maria Strangio. Ma oltre alle vendette trasversali che si trascinavano oramai dal 1991, le indagini appurarono anche un movente di carattere economico: Marco Marmo e Giovanni Strangio erano infatti coinvolti in un traffico di armi con la ex Jugoslavia.
I processi e le condanne
Il 12 luglio 2011 la Corte d’Assise di Locri ha emanato la sentenza di primo grado per i colpevoli della strage di Duisburg, condannando all’ergastolo Giovanni Strangio, Gianluca Nirta, Francesco Nirta, Giuseppe Nirta, Francesco Pelle, Sebastiano Romeo, Francesco e Sebastiano Vottari.
Nel 2013, una nuova indagine della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha rilevato in una Renault Clio, che secondo gli inquirenti sarebbe stata una delle due auto usate dai killer, il DNA di Sebastiano Nirta, condannato in seguito alla pena dell’ergastolo.
Nel 2016 dalla Corte di Cassazione è arrivata la condanna definitiva all’ergastolo per Giovanni Strangio, quale ideatore e autore della strage, Francesco Nirta, Giovanni Nirta e Sebastiano Vottari mentre è stato assolto Antonio Pelle.
Da uno scherzo finito a male a una faida lunga sedici anni
La strage di Duisburg fu un caso di vendetta trasversale che nella cultura mafiosa segue la logica del “sangue chiama sangue”. Tuttavia, con la mattanza di ferragosto i capi della ‘ndrangheta si resero conto che la faida di San Luca era sfuggita di mano agli stessi clan coinvolti e rischiava di far saltare il banco degli affari in Germania.
Inoltre, le indagini successive alla strage di Duisburg confermarono che la mafia calabrese era radicata nel cuore della Germania da oltre dieci anni: gli investigatori tedeschi, vennero a conoscenza della presenza di diverse “locali” di ‘ndrangheta (struttura di coordinamento delle ‘ndrine la cui apertura viene decisa direttamente da San Luca) sparse su tutto il territorio nazionale.
L’attenzione mediatica, ma soprattutto giudiziaria, sollevata dalla strage costrinse, quindi, i capimafia a correre ai ripari per evitare che il sangue versato in una faida tra due clan finisse con il danneggiare il “quieto vivere” delle altre famiglie.
Il 2 settembre del 2007, a distanza di 18 giorni dalla strage, in occasione dei festeggiamenti della Madonna di Polsi, in Calabria, l’élite della ‘ndrangheta tenne una riunione con i rappresentanti delle due famiglie coinvolte nella faida, costringendoli a raggiungere la pace.
In occasione di quell’incontro, il “crimine” di San Luca (la cupola dell’organizzazione) si apprestò a creare anche una nuova figura di ‘ndranghetista “mediatore”, il cui compito consisteva nell’appianare le incomprensioni e gli attriti tra le famiglie mafiose all’estero perché un’altra Duisburg non sarebbe dovuta mai più accadere.
Tommaso Di Caprio