Il 2 agosto 1980, un terribile attentato terroristico sconvolse l’Italia, lasciando una cicatrice indelebile nella memoria del paese. Alle 10:25 del primo sabato di agosto, una bomba devastante esplose nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna, provocando 85 morti e oltre 200 feriti. Questo atto di violenza non fu solo un attacco ai civili innocenti, ma anche un colpo profondo alla democrazia e alla stabilità della Repubblica Italiana. A distanza di quarantaquattro anni, i tragici eventi della Strage di Bologna sono stati ripercorsi infinite volte, molteplici sono state le indagini e altrettanti i processi, che hanno svelato – con più o meno difficoltà – la complessa rete di responsabilità e complicità dietro la strage, portando finalmente alla luce una verità a lungo cercata.
Il fatidico giorno, 2 agosto 1980
Il 2 agosto 1980, un sabato mattina, la stazione ferroviaria di Bologna era affollata di persone in partenza per le vacanze. Alle 10.25, una bomba esplose nella sala d’attesa di seconda classe, nell’ala ovest della stazione. L’ordigno, contenente 23 chilogrammi di esplosivo con tritolo, T4 e nitroglicerina, causò il crollo dell’ala ovest della stazione, investendo il treno Adria Express Ancona-Basilea fermo al primo binario, la pensilina e il parcheggio dei taxi. Il bilancio della strage di Bologna fu tragico: 85 morti e oltre 200 feriti.
I primi tre esecutori dichiarati materiali e da subito giudicati colpevoli sono gli ex terroristi neri Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, tutti membri del gruppo neofascista dei Gruppi Armati Rivoluzionari. Ad oggi, i tre terroristi hanno scontato due ergastoli e 30 anni – per l’ultimo – e sono in libertà.
Come ogni anno, anche oggi la comunità bolognese e i comitati di solidarietà, in particolare quello alle Vittime delle Stragi, ha promosso un’iniziativa di corteo per commemorare, ricordare e chiedere ancora giustizia e verità per tutte quelle vittime innocenti. Oltre ai famigliari delle vittime e il comitato, il sindaco di Bologna e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, saranno presenti al corteo. Alle 10.25 si commemorerà l’attentato proprio davanti alla stazione, dopo essere partiti dal cortile di Palazzo d’Accursio.
Le prime reazioni alla strage di Bologna
La matrice fascista e statale della strage di Bologna fu subito evidente. Migliaia di persone scesero in piazza a Bologna nelle ore successive all’attentato. La magistratura condannò in via definitiva i neofascisti Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, mentre Gilberto Cavallini fu condannato in primo grado nel gennaio 2020. Nel 2020, la Procura di Bologna chiuse le indagini sui mandanti, identificando cinque persone, tra cui l’unico in vita, Paolo Bellini, neofascista di Avanguardia Nazionale.
Nonostante più di dieci processi, la strage di Bologna non ha mai trovato tutta la verità. Il quinto uomo della strage è stato condannato lo scorso 8 luglio: si tratta di Paolo Bellini, ex terrorista con a carico una condanna di primo grado, grazie ad una prova schiacciante in formato video. Nonostante la sua continua dichiarazione di innocenza, la Corte ha condannato Bellini e l’ex capitalo dei carabinieri Piergiorgio Segatel a sei anni con l’accusa di depistaggio.
Gilberto Cavallini, altro neofascista e membro dell’organizzazione di estrema destra Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), è stato definitivamente condannato dalla Corte D’Assise per la Strage di Bologna lo scorso settembre 2023. Già arrestato nel 1983 per gli omicidi commessi tra il 1979 e il 1981, si è sempre dichiarato innocente e senza alcun coinvolgimento nella strage del 1980. Cavallini ora sta scontando due condanne all’ergastolo per strage politica, proprio per sottolineare l’obiettivo eversivo di attaccare e destabilizzare la democrazia e le istituzioni dello Stato italiano.
La memoria e la verità contro tutti i depistaggi
A distanza di quarantaquattro anni, l’associazione dei familiari delle vittime ricorda la strage con un manifesto che recita: «Sappiamo la verità e abbiamo le prove». Dopo anni di indagini e processi, la verità giudiziaria sulla strage di Bologna conferma che l’attentato fu eseguito da terroristi neofascisti con la copertura dei vertici piduisti dei servizi segreti militari, orchestrati da Licio Gelli. La strage di Bologna è stata definita una “strage fascista” dalle sentenze dei tribunali, riconoscendo l’alleanza tra le bande della destra eversiva e i complici nei servizi segreti.
Nel corso degli anni, i processi hanno smascherato i depistatori e fatto luce sui mandanti e finanziatori della strage. Licio Gelli, capo della P2, fu condannato per aver orchestrato depistaggi e sviamenti delle indagini iniziali. I giudici dimostrarono che i vertici del servizio segreto militare – Sismi – crearono false piste internazionali per proteggere i terroristi neofascisti. L’arsenale ritrovato su un treno a Bologna il 13 gennaio 1981 si rivelò una montatura del Sismi, come confermato da un capitano dei carabinieri che svelò la verità.
Il ruolo della P2
Le nuove indagini hanno dimostrato che la strage fu pianificata e finanziata da Gelli con denaro sottratto al Banco Ambrosiano e con finanziamenti americani. Il “documento Bologna” e il “documento artigli” rivelano che Gelli utilizzò la strage come strumento di ricatto per cementare il potere della P2. I legami operativi tra Nar e Ordine Nuovo sono stati confermati da intercettazioni e processi successivi. Paolo Bellini, unico mandante ancora in vita, è stato riarrestato nel giugno 2023 dopo essere stato intercettato mentre progettava l’omicidio dell’ex moglie.
Ad aiutare nella strage di Bologna e nel suo depistaggio lungo il corso dei processi, ci sono stati anche altri importanti collaboratori di Gelli. Nella lista, catalogati come “organizzatori” ci sono Federico Umberto D’Amato, l’allora direttore degli Uffici Affari riservati del Ministero degli Interni, e Mario Tedeschi, ex senatore del Movimento Sociale Italiano.
Le indagini e le scoperte
Le indagini più recenti sulla strage di Bologna hanno demolito le false piste estere, come quella del super terrorista Carlos, dimostrando che erano invenzioni dei servizi segreti piduisti. Le sentenze hanno evidenziato l’alleanza criminale tra diverse generazioni di terroristi neofascisti e la copertura offerta dai servizi segreti italiani affiliati alla P2. I processi di Bologna hanno smascherato i depistatori e fatto luce sui finanziatori della strage, confermando il ruolo centrale di Gelli e della P2 nella strategia della tensione.
Un importante depistaggio che vale la pena di menzionare, usata sopratutto come tattica di terrorismo e criminalizzazione, è quello che riguarda la famosa “pista palestinese”. Secondo questa teoria, il fronte per la liberazione della Palestina avrebbe attentato alla stazione di Bologna per rivendicare l’arresto di Abu Saleh, uno dei loro rappresentanti arrestato in Italia – non tenendo conto, in questo modo, del “Lodo Moro”. La pista palestinese sarebbe poi stata respinta dalla stessa Corte nei processi successivi.
Una ferita nella storia dell’Italia
Oggi sappiamo che la strage di Bologna fu eseguita da terroristi neofascisti con il supporto dei servizi segreti e della P2. Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, ha dichiarato che i processi hanno dimostrato il legame tra i terroristi e i vertici dei servizi segreti italiani. L’avvocato Andrea Speranzoni ha evidenziato la sinergia tra diversi gruppi neofascisti e l’importanza del finanziamento di Gelli. Molte questioni rimangono ancora irrisolte, e ulteriori indagini sono necessarie per svelare completamente le coperture e i complici del terrorismo di destra e di sinistra.
Quarant’anni dopo la strage di Bologna, il ricordo delle vittime e la ricerca della verità continuano ad essere un imperativo per la giustizia e la memoria storica. Intanto, domani come ogni giorno, l’orologio rimarrà fermo alle 10.25 del mattino per ricordare con chi una parte importante dello stato italiano ha collaborato, di cosa si è servito e a cosa è arrivato.
La strage di Bologna porta con sé anche delle verità che hanno fatto fatica ad essere riesumate: gran parte delle informazioni è stata corrotta, insabbiata e nascosta quanto più possibile. La verità nascosta ha dato la libertà a molti responsabili, molti dei quali ancora oggi ricoprono le alte cariche dello Stato. La lotta per la verità andrà avanti fino a quando si scoprirà ogni dubbio e falso alibi che, nel corso degli anni, hanno nascosto chi ha ancora oggi le mani insanguinate.