Preferenza per i figli maschi: strage di bambine tra aborto selettivo e infanticidio

Status di rifugiate

Six-year-old Farzana sits in her family’s shelter in the Regreshan IDP camp in Herat Province, Afghanistan, June 17, 2019. Her father, Abdul Nabi, sold her for 5000 Afs, the equivalent of $US61, to pay off a debt and to feed his family. The purchaser intended to give Farzana to his 13-year-old son to be his bride. After repeated appeals from Farzana’s mother, tribal chiefs intervened, raising enough money to buy Farzana back and stop the marriage. (Photo by Kate Geraghty/Fairfax Media via Getty Images via Getty Images)

La tradizionale preferenza per i figli maschi in alcuni paesi del mondo ha causato forti squilibri numerici tra uomini e donne, nonché una vera e propria strage di bambine attraverso aborti selettivi e infanticidio.

L’associazione Terre Des Hommes che opera per la protezione dei diritti dei bambini nel mondo, ha pubblicato l’undicesima edizione del suo dossier annuale su “la condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo”. Una ricerca, questa, avviata undici anni fa con il lancio dalla campagna “Indifesa” con lo scopo di promuovere i diritti delle bambine nel mondo e cercare di proteggerle da violenze e abusi con interventi sul campo.

I Dati

L’edizione del 2022 su  “la condizione delle bambine e ragazze nel mondo” evidenzia come nel mondo la pratica degli aborti selettivi sia ancora ampiamente praticata. Questa oltre a essere una vera e propria “strage silenziosa di bambine” – come l’ha definita Terre Des Hommes – la pratica sta creando uno squilibrio di genere a livello globale ma in particolar modo in alcuni paesi asiatici.

Secondo le stime del dossier, dal 1970 fino ad oggi le bambine mai nate sono ben 142 milioni, tra queste 72mila sarebbero solamente in Cina e 45mila in India. Difatti, Cina e India rappresentano i due maggiori paesi al mondo per la pratica di aborto selettivo nonché infanticidio di bambine.

Le ragioni alla base della diffusione di tale cruenta pratica sarebbe la tradizionale preferenza verso i figli maschi . Inoltre, in alcuni casi come quello cinese, le politiche statali dei Governi hanno ulteriormente aggravato un fenomeno già presente. Secondo le stime della National Family and Health Survey, nel paese indiano ogni 1000 maschi vengono al mondo 929 femmine. Mentre, la Cina con più di 10 milioni di nascite all’anno ha un rapportodi 100 femmine ogni 111 maschi. Un dato in leggero miglioramento di anno in anno, infatti, nel 2005 il rapporto era 118 maschi a 100 femmine.

Ma non solo Cina e India. Le statistiche hanno mostrato come il divario tra la percentuale tra nascite maschili e femminile è particolarmente rilevante anche in altri 10 paesi del mondo. Come Hong Kong, Corea, Taiwan, Vietnam, Azerbaijan, Georgia, Armenia, Albania, Montenegro e Tunisia.

Benché le iniziative attuate dai Governi per impedire l’aborto selettivo e l’impegno di varie organizzazioni nel diffondere anche in zone rurali del mondo principi sulla parità di genere, uguaglianza e diritti delle donne, la pratica sembra non voler cessare.

Terre Des Hommes infatti avverte che se il trend di crescita degli aborti selettivi dovesse continuare, nel 2030 potrebbero venire a mancare a livello mondiale 4,7 milioni di donne, rispetto agli uomini.

Il fenomeno in Cina

In Cina la nascita di una figlia femmina costituiva una “disgrazia”. La preferenza per la nascita di un figlio maschio ha radici nella tipica famiglia patriarcale e patrilineare cinese, nel quale solo gli uomini potevano trasmettere la discendenza e proseguire il culto degli antenati. La prole maschile  restava nella casa dei genitori anche una volta sposata, spettava dunque a loro prendersi cura della madre e del padre una volta diventati anziani. La cura dei genitori rientrava nel principio di Pietrà Filiare, un caposaldo del Confucianesimo e per tale ragione obbligatoriamente da rispettare.

Inoltre, la politica del figlio unico introdotta da Wanxishao e il Partito Comunista rafforzò la pratica. Non potendo avere più figli, i genitori preferivano averne un maschio. Un ideale questo che causò l’infanticidio di milioni di bambine, in genere  attraverso annegamento e strangolamento.

Tuttavia, in particolar modo nelle zone rurali, la preferenza verso il sesso maschile in particolare negli ultimi 30 anni sta venendo meno, complice il cambiamento delle forme di famiglia e gli stili di vita. La politica del figlio unico ha prodotto un forte invecchiamento della popolazione cinese, composta da pochi giovani. Ad oggi, spesso gli unici figli si spostano dalle zone rurali a quelle urbane per avere miglior chance di vita e non possono più assolvere il compito di occuparsi dei genitori anziani. Motivo per il quale viene a meno la necessità di avere un figlio maschio.

Inoltre quando un uomo contrae matrimonio spetta ai genitori provvedere all’acquisto dell’abitazione della coppia, per tale ragione avere un figlio maschio è considerato ad oggi un dispendio economico. Viceversa, avere una figlia femmina viene considerata sempre più una fortuna in quanto maggiormente propense ad accudire i propri genitori nonché più affidabili. Inoltre, rispetto al passato in Cina non esiste più un differente trattamento in base al sesso, ad entrambi i figli sono concesse le medesime opportunità.

Il fenomeno in India

Nella tradizione indiana gli uomini rappresentano i pilastri della famiglia, a differenza delle donne che hanno poca importanza. Le figlie femmine sono considerate un peso e comportano una perdita economica: per il loro matrimonio alla famiglia spetta il pagamento della dote e in caso di bisogno deve poter dimostrare di essere in grado di supportare la famiglia del marito della figlia. Inoltre, spetta ai soli uomini portare avanti la discendenza e occuparsi dei genitori in vecchiaia, mentre, le ragazze una volta cresciute vanno a vivere nella famiglia del marito senza alcun beneficio per la famiglia di origine.

Dunque, il problema in India continua a persistere, aggiudicandosi il primato di uno dei paesi più insicuri per le donne fin dallo loro nascita. E’ servito a poco e nulla il divieto di determinare il sesso del feto prima della nascita, vietato dalle autorità indiane nel 1994. Non sono neppure servite le iniziative di educazione sui diritti delle donne e degli uomini in generale, oggi in India l’aborto selettivo – e in alcuni casi anche l’infanticidio – è una pratica ancora usata. Lo squilibrio di genere nel paese sta creando un problema sociale, nonché potrebbe essere una delle cause dell’insorgere di una maggiore violenza nei confronti delle donne: con il crescente numero di violenze sessuale e il fenomeno della condivisione delle mogli.

Non solo strage di bambine: durante la pandemia è aumentata la violenza contro le donne

Una delle maggiori minacce alla sicurezza delle bambine e ragazze nel mondo è stata la pandemia da Covid19, con tutte le sue conseguenze. I ripetuti lockdown e la conseguente chiusura degli istituti scolastici hanno avuto maggiormente effetti negativi sulle bambine rispetto ai maschietti. Infatti, il numero di coloro che sono rientrate a scuola a seguito delle riaperture risulta nettamente inferiore.

Inoltre, il blocco dell’educazione scolastica ha inciso sulle attività di informazione e prevenzione rivolte alle donne, in particolare per la prevenzione di gravidanze e di mutilazioni genitali. In quest’ultimo caso, le continue chiusure e la situazione catastrofica in alcuni paesi, hanno impedito di attivisti che si battono contro le pratiche delle mutilazioni genitali di portar svolgere un lavoro di divulgazione sui pericoli che tale pratica porta con sé. Così tante famiglie hanno approfittato di tale situazione per operare l’infibulazione alle proprie figlie, senza restrizioni e controlli.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sarebbero oltre 200milioni le donne al mondo ad aver subito l’infibulazione, mentre, sono circa 3 milioni le bambine che rischiano ogni anno di subire tale pratica sulla loro pelle. Ricordiamo infatti che tale pratica viene tramandata di madre in figlia e rappresenta un grave pericolo per chi la subisce, a causa delle alte probabilità di contrarre gravi infezioni, che, possono portare alla morte.

Dal report è inoltre emerso che l’età in cui viene praticata l’infibulazione si è abbassata rispetto a 30 anni fa. Sono dati preoccupanti, ancor di più se si pensa che all’aumento della pratica risulta correlata anche un crescente rischio di dover contrarre un matrimonio precoce. Basti pensare che nella sola zona dell’Africa subsahariana sono 130 milioni le spose bambine.

Dai risultati pubblicati risulta evidente come la pandemia globale abbia avuto una parte di responsabilità nella crescita della violenza contro le donne, di ogni età, in particolare modo nell’ambito familiare. Ma anche di matrimoni forzati e gravidanze.

Possibili soluzioni

Come abbiamo visto, le iniziative dei governi nel vietare prassi violente non hanno avuto i risultati sperati. Dunque, l’unica chance rimane l’investimento di risolse nell’educazione, in particolar modo nei paesi interessati da questo tipo di violenza. La speranza di un reale cambiamento per i diritti femminili è da riporre nelle donne stesse, in particolare modo in quelle delle nuove generazioni che avranno il difficile compito di battersi perché pratica di questo genere vengano definitivamente cancellate. Come ha sottolineato Poonam Muttreja, il direttore esecutivo del Popular Fund Dell’India:

“Con un maggiore accesso all’alfabetizzazione e all’istruzione…le ragazze si stanno affermando e stanno prendendo in mano le redini della loro vita, e in futuro svolgeranno un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo del Paese”

Un dato importante che emerge è che alla crescita del livello di istruzione di una donna si abbassa la probabilità che subisca violenze.

 

 

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