50 anni dalla Strage della Questura di Milano: una pagina della storia da non dimenticare

Strage della Questura di Milano

In una delle pagine più tristi della nostra storia, quella degli anni di piombo, c’è un evento storico che viene spesso trascurato: la Strage della Questura di Milano. In realtà si tratta di un tassello fondamentale per ricostruire la realtà, di paura e di terrore, che ha caratterizzato quegli anni.

Erano le 11 del 17 maggio del 1973 in via Fatebenefratelli, la via della Questura di Milano. C’erano tante persone riunite fin dalla prima mattinata, tutte lì per una cerimonia: la commemorazione di Luigi Calabresi, in suo ricordo quel giorno si sarebbe inaugurato un busto celebrativo, con una cerimonia per rendergli onore. Il commissario Calabresi era stato ucciso a colpi di pistola l’anno prima, sotto casa sua, perché ritenuto il responsabile della morte di Giuseppe Pinelli, precipitato da una finestra della Questura di Milano con dinamiche mai accertate.

Giuseppe Pinelli, anarchico milanese, era una delle 80 persone fermate dalla Polizia per le indagini sulla Strage di Piazza Fontana: l’attentato terroristico della Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Milano,  dove nel 1969 una bomba esplose nell’edificio provocando 16 morti e 98 feriti.  La strage, connessa ad altri attentati che nello stesso giorno hanno avuto luogo a Roma, è stata il primo anello di una catena di attacchi terroristici che hanno insanguinato l’Italia degli anni Settanta e inaugurato la perdita dell’innocenza dell’Italia repubblicana, che da quel momento in avanti ha vissuto più di un decennio di violenza terroristica.

Alla cerimonia in onore di Calabresi, quella mattina, c’era anche Mariano Rumor, allora Ministro dell’Interno, il vero obiettivo di questo attacco terroristico. Alle 11,  appena conclusa la commemorazione, un enorme boato colpì la Questura di Milano e l’ambiente circostante. Un uomo scagliò una bomba a mano che uccise quattro persone, Giuseppe Panzino, Federico Masarin, Felice Albertolozzi e Gabriella Bortolon e ne ferì cinquantadue. La bomba a mano era di produzione israeliana e l’effetto della deflagrazione fu devastante. Differentemente da quanto accaduto durante le altre stragi di quegli anni l’attentatore fu individuato subito, come si legge nel primo rapporto giudiziario:

La Forza pubblica in servizio sul posto ha subito tratto in arresto l’attentatore, il quale, dopo essere stato sottratto ad un tentativo di linciaggio da parte dei numerosi presenti, è stato portato negli uffici della Questura. Qui è stato trovato in possesso, tra l’altro, di un passaporto intestato a tale Magri Massimo, nato a Bergamo il 30.7.1942, che lo stesso attentatore ha subito indicato come falso. Egli ha quindi dichiarato oralmente di chiamarsi Bertoli Gianfranco, in oggetto indicato, e di essere arrivato a Milano la sera precedente proveniente da Haifa, via Marsiglia.

L’origine dell’attentato, dapprima fu attribuito a uno spirito anarchico di Bertoli che dichiarò, da subito, alla Polizia di aver agito per colpire Rumor per vendicare tutti gli anarchici perseguitati. Tuttavia l’esecuzione dell’atto terroristico mise subito in discussione le parole di Bertoli:  l’ordigno infatti era stato scagliato sulla folla e il momento del gesto sembrava non coincidere con quello più adatto per colpire il Ministro,  la bomba infatti scoppiò quando lui si era già allontanato e non fu coinvolto dai danni dell’esplosione.

Per questo Bertoli fu accusato di appartenere all’estrema destra e di aver agito seguendo gli ordini dei servizi segreti.  Mariano Rumor, quello che abbiamo definito il vero obiettivo dell’atto, aveva promosso lo scioglimento di organizzazioni di estrema destra, come Ordine Nuovo, applicando la Legge Scelba  e non aveva mai dichiarato dopo l’attentato alla Banca nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana lo stato d’emergenza che avrebbe garantito una svolta autoritaria.

Nonostante la tesi conclusiva della giuria che considerava Bertoli come esecutore materiale di un atto architettato da un’organizzazione superiore, Bertoli, condannato all’ergastolo, prima in appello e poi in cassazione,  rimarrà l’unico colpevole della vicenda, a causa dell’assenza di prove di altri individui coinvolti nella Strage della Questura di Milano. Il giudice istruttore Guido Salvini continuerà a individuare in Ordine Nuovo la responsabilità dell’attacco terroristico. Al movimento neofascista è attribuita la la responsabilità  anche della strage di Piazza Fontana a Milano il 12 dicembre 1969 e della strage di Piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio 1974.

Ludovica Amico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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