Strage a Gaza: 1000 bambini amputati, 100 giornalisti uccisi

Strage a Gaza

La guerra che si sta consumando nella Striscia di Gaza verrà ricordata anche per i suoi tremendi record. Sono oltre 1000 i bambini amputati dall’inizio della guerra, e più di un centinaio i giornalisti uccisi.

La strage a Gaza, giunti al quarto mese di guerra tra Israele e Palestina, segna numeri tra i più alti che si siano mai visti.
Save the Children ha lanciato l’allarme, parlando di 1000 bambini che hanno subito amputazioni. Con una media di 10 al giorno a partire dall’8 ottobre.
Inoltre, sembra che in questo conflitto i giornalisti siano un vero e proprio bersaglio. Infatti, i numeri parlano di oltre 100 vittime tra reporter e media workers. Un numero mai raggiunto da nessun altro conflitto in così poco tempo.

Nonostante la strage a Gaza che continua a consumarsi, e nonostante le numerose richieste di un “cessate il fuoco” immediato, la pace è ancora molto lontana.

Save the Children: “10 bambini amputati al giorno”

L’ONG Save The Children, che si occupa di tutelare e salvare i bambini in pericolo, ha diffuso una nota nella quale dichiara che: “Più di 10 bambini al giorno, in media, hanno perso una o entrambe le gambe a Gaza dall’inizio del conflitto tre mesi fa“.
Come se non bastasse, secondo i dati raccolti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, le operazioni chirurgiche vengono effettuate senza anestesia.

Molte di queste operazioni sono state effettuate senza anestesia, a causa della paralisi del sistema sanitario nella Striscia provocata dal conflitto e della grave carenza di medici e infermieri e di forniture mediche come anestetici e antibiotici

Si tratta di un dato incomprensibile e doloroso per Jason Lee, direttore di STC nei Territori palestinesi occupati, e per i medici palestinesi.

Ho visto medici e infermieri completamente sopraffatti mentre i bambini arrivavano con ferite da esplosione. L’impatto nel vedere i piccoli soffrire così tanto e non avere le attrezzature e le medicine per curarli o alleviare il dolore è troppo forte anche per i professionisti più esperti.
Anche in una zona di guerra, la vista e la voce di un bambino mutilato dalle bombe non possono essere accettati né tantomeno compresi

Sono oltre 1000 anche i bambini che hanno perso la vita. Così tanti, che l’UNICEF ha dichiarato la Striscia di Gazail luogo più pericoloso al mondo per essere un bambino“.

Si dice che più di 5300 bambini palestinesi siano stati uccisi in soli 46 giorni. Sono più di 115 al giorno, ogni giorno, per settimane e settimane.
Sulla base di questi dati, i bambini rappresentano il 40% dei decessi a Gaza. Questo è un dato senza precedenti.
In altre parole, la Striscia di Gaza è il posto più pericoloso al mondo per essere un bambino

Proprio ieri, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver “ucciso per errore” una bambina di 4 anni.
Secondo l’agenzia di stampa palestinese Maan, i militari della Guardia di Frontiera erano impegnati in un attentato a un checkpoint di Gerusalemme Est, dove un uomo alla guida di un’auto ha travolto due guardie. Mentre il veicolo veniva neutralizzato, la bambina – che si trovava in un’auto che viaggiava dietro – sarebbe stata accidentalmente colpita e ferita fatalmente.

Strage a Gaza: “mai un numero così alto di giornalisti uccisi”

Lo scorso 31 dicembre, la ONG Committee to Protect Journalist (CPJ) dichiarava 77 morti tra giornalisti e media workers. Di questi, quattro sono israeliani, tre libanesi e 70 palestinesi. 
Inoltre, affermava che: “nelle prime 10 settimane della guerra Israele-Gaza sono stati uccisi più giornalisti di quanti ne siano mai stati uccisi in un singolo paese in un anno.




Lo scorso 7 gennaio si sono aggiunte altre tre vittime: Mustafa Abu Thraya, Hamza Wael Dahdouh e Ali Salem Abu Ajwa.
I primi due lavoravano per Al Jazeera. Inoltre, Hamza era il figlio di Wael Dahdouh, capo dell’ufficio di Al Jazeera a Gaza, già colpito della morte della moglie e di altri due figli. In riferimento alla loro morte, un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che i due stavano viaggiando nello stesso veicolo di un terrorista che manovrava un drone.
La terza vittima era un cronista di Gaza. Secondo il Times of Israel, era nipote dello sceicco Ahmed Yassin, che fondò Hamas a Gaza nel 1987.

Ad oggi, il numero di giornalisti uccisi nella Striscia di Gaza è 109.
Secondo la Press Embleme Campaign, si tratta del più alto numero di vittime tra i media workers in in un periodo di conflitto così breve.
Dato condannato dal Presidente della ONG, Blaise Lempen.

Gli attacchi indiscriminati non distinguono tra civili e combattenti di Hamas. Sebbene sia difficile verificare se i giornalisti siano stati presi di mira intenzionalmente o meno, l’esercito israeliano ha sistematicamente distrutto i media palestinesi a Gaza bombardando i loro uffici e le loro strutture

La stampa come bersaglio da annientare in guerra

Secondo la CPJ, nella Striscia di Gaza sarebbe in corso un vero e proprio schema di attacchi verso la stampa.

Siamo particolarmente preoccupata per un apparente schema di attacchi ai giornalisti e alle loro famiglie da parte dell’esercito israeliano

Infatti, secondo i loro rapporti, in almeno un caso un giornalista sarebbe stato ucciso mentre indossava la scritta “PRESS“. In più, si trovava in un luogo dove non erano in corso combattimenti.
In altri due casi, i giornalisti sarebbe stati minacciati dalle forze israeliane prima dell’uccisione dei loro familiari.
Infine, sono in corso delle indagini su numerose segnalazioni non confermate di altri giornalisti uccisi, scomparsi, detenuti, feriti o minacciati. Oltre che su danni agli uffici dei media e alle abitazioni dei giornalisti.

Quella dei giornalisti è una vera e propria strage a Gaza. Infatti, secondo il coordinatore del programma Medio Oriente e Nord Africa, Sherif Mansour, ciò che stanno svolgendo i lavoratori della stampa a Gaza è un vero e proprio sacrificio.

I giornalisti sono civili che svolgono un lavoro importante in tempi di crisi, e non devono essere presi di mira dalle parti in conflitto. I giornalisti di tutta la regione stanno facendo grandi sacrifici per coprire questo conflitto straziante. Quelli di Gaza, in particolare, hanno pagato, e continuano a pagare, un tributo senza precedenti e affrontano minacce esponenziali. Molti hanno perso colleghi, famiglie e strutture mediatiche e sono fuggiti in cerca di sicurezza quando non c’è un rifugio o un’uscita sicura

Oltretutto, alla notizia della morte del figlio, il capo dell’ufficio di Al Jazeera a Gaza, Wael Dahdouh, ha dichiarato che questo non fermerà il suo lavoro e quello dei suoi colleghi.

Questa è la strada che abbiamo scelto volontariamente. Abbiamo dato e ricevuto molto. A volte paghiamo con il sangue. Perché questo è il nostro destino.
Ma dobbiamo andare avanti

Giulia Calvani

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