Strade dedicate alle donne: ancora troppo poche

Per la parità di genere nell'odonomastica

Strade dedicate alle donne: ancora troppo poche

Avete notato come i nomi delle vie e delle piazze siano quasi sempre gli stessi in tutte le città? Giuseppe Garibaldi è di gran lunga il più ricordato, ma non mancano Cavour, Mazzini, Matteotti. E le donne? Quante sono le strade dedicate alle donne? Cosa hanno dovuto fare per vedersi intitolare una via?

L’odonomastica non è mai neutrale

Dalle grandi città ai comuni più piccoli, tutti hanno una via o una piazza dedicata a Roma. La ragione risiede in una circolare di Mussolini del 1931 che obbligava tutti i paesi a intitolare alla capitale una delle vie o piazze principali. I pochi più di mille comuni a non averla, spesso, l’hanno rinominata alla caduta del fascismo.

Lungi dall’essere neutra l’odonomastica (il complesso dei nomi delle strade di una città) racconta chi siamo e siamo stati come comunità, i nostri valori, i nostri miti. Se non fosse importante non ci sarebbero polemiche ad ogni nuova intitolazione di dubbia opportunità, ad ogni richiesta di ripensare intitolazioni a persone ed eventi macchiati di orrore.

Se i simboli nelle nostre città sono importanti, cosa dice di noi la quasi assenza dei nomi delle donne nelle strade che attraversiamo?

Basta un rapido conteggio mentale pensando alle vie e alle piazze intorno alla nostra abitazione per confermare questa assenza, ma se volete dati precisi l’European Data Journalism Network ha prodotto un progetto di mappatura delle strade italiane ed europee per mostrare questo gap di genere.

Le strade dedicate alle donne in Italia

In Italia, tra tutte le vie e le piazze intitolate ad un essere umano, solo il 6,6% è dedicato ad una donna. In numeri assoluti parliamo di 1626 strade, da cui devono essere sottratte quelle dedicate ad una santa (667). Per cui, meno di mille tra vie e piazze d’Italia sono intitolate ad un personaggio storico, scientifico, politico di genere femminile. Tu, donna, se vuoi una strada in tuo nome devi come minimo farti fare santa.

La città a far meglio è Bolzano con il 13,5%, la peggiore Aosta con 2,7%. Non si registrano, in questo campo, grandi divari tra nord e sud. La cancellazione delle donne dalla storia sembra un fenomeno che non conosce latitudine.


La più gettonata tra le dediche è quella a Maria, madre di Gesù. Con le sue varie denominazioni appare nell’odonomastica di ognuna delle città considerate, ad esclusione di Aosta. La segue un’altra vergine, santa Lucia, poi sant’Anna, santa Chiara, santa Margherita, santa Caterina. Per trovare una donna laica dobbiamo scendere alla 150esima posizione. Con 10 strade a lei dedicate vince la classifica delle donne meno dimenticate dalla storia italiana: Grazia Deledda.

Le strade dedicate alle donne in Europa

La sezione europea del progetto mostra come le cose non siano poi molto diverse negli altri paesi: vengono analizzate 32 grandi città in 19 paesi per un totale di più di 155mila strade. Il 90% è dedicato ad un uomo (bianco).

La città a far meglio è Stoccolma, con il 19,5% di strade dedicate alle donne. Ultima in classifica Debrecen seconda città dell’Ungheria con il 2,7% delle sue strade dedicate alle donne. Roma si posiziona più o meno a metà con il 7%. Maria e san’Anna dominano anche in Europa come personaggi femminili a cui vengono dedicate più strade. Segue al terzo posto Marie Curie con 25 strade in 9 paesi diversi.

L’odonomastica ha solo un valore simbolico?

Ogni volta che si parla del simbolico, della sua importanza nel cambiare le cose, del bisogno di analizzarlo per capire chi siamo e dove andiamo, orde di indignati ricordano di come ci siano cose più importanti a cui pensare.

Il ragionamento è fallace sotto due punti di vista: prima di tutto si è perfettamente in grado, come società, di pensare a più aspetti della stessa questione contemporaneamente. In secondo luogo, se tutto ciò che è simbolo, immagine, archetipo, non fosse fondamentale nel plasmare la realtà, allora non esisterebbero bandiere, inni nazionali, commemorazioni e tutto l’apparato in loro difesa che ogni volta si scatena contro chi solleva la questione.

Camminare tra le vie di una città che ad ogni angolo ci ricorda le grandi gesta di un uomo, bianco, in molti casi benestante, quasi sempre potente, non fa che ribadire quali sono i valori che la nostra società ha deciso di ergere a universali, quale passato è legittimato, quale memoria storica vuole essere conservata e, di conseguenza, quale futuro si immagina.

Chi e cosa vogliamo ricordare?

Ricordiamo tutti, pochi anni fa, le polemiche negli Stati Uniti sulle statue di schiavisti e personaggi razzisti abbattute. Una versione ridotta l’abbiamo vissuta anche in Italia per l’imbrattamento della statua di Indro Montanelli. Ci si interroga, o più che altro si polemizza acriticamente senza ascoltare le ragioni altrui, su come possa fare una qualche differenza la sostituzione di un nome con un altro, di una statua con un’altra.

Se abbattere la statua di Cristoforo Colombo in quanto colonizzatore violento possa apparire senz’altro un po’ esagerata, è chiaro come, invece, quella dedicata ad un uomo il cui unico merito fu di essere uno stimato giornalista, colpevole però di atti gravissimi nella sua vita personale, porti a farsi qualche domanda in più.

Così come dovremmo chiederci cosa ci porta a voler dedicare strade a Berlusconi, Craxi, Almirante, prima che alle centinaia, alle migliaia, di donne che hanno fatto la storia nel silenzio dei posteri.

Quello che emerge è che per avere una strada dedicata, ad un uomo basta essere popolare, una donna deve avvicinarsi alla santità.

Il progetto “8 marzo, tre donne, tre strade” per avere più strade dedicate alle donne

È difficile riequilibrare la storia e la cultura. Non si chiede (tranne nei casi di intitolazioni particolarmente vergognose a personaggi di dubbia importanza) di cambiare i nomi di vie e piazze già esistenti causando disagi ai cittadini, ma di ripensare i criteri di assegnazione dei nomi includendo la prospettiva di genere, così da stabilire (ci vorranno tantissimi anni) una parità.

A questo proposito, l’associazione Toponomastica Femminile con il patrocinio dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) propone per l’8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, la campagna “8 marzo, tre donne, tre strade”. L’iniziativa si rivolge ai comuni invitandoli a individuare nuovi spazi di circolazione e a dedicarli a tre donne: una importante a livello locale, una nazionale e un’altra internazionale così da conciliare le diverse anime del Paese.

Ci sono secoli da recuperare, meglio agire in fretta: l’8 marzo lasciate le mimose sulle piante, dateci le strade.

Sara Pierri

 

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