Tra storia e leggenda: la Bibbia del Diavolo

Pare strano, ma anche per fare i bibliotecari in certi casi ci vogliono i muscoli. Quello che vedete in foto è il Codex Gigas, meglio noto come Bibbia del Diavolo, il manoscritto più grande del mondo, portato in Svezia come bottino di guerra dalla Boemia alla fine della Guerra dei Trent’anni e oggi conservato presso la Biblioteca Nazionale di Stoccolma. Bibliotecari coi muscoli perché per spostarlo ci vogliono due persone viste le dimensioni: circa 75 kg. di peso, 90 cm. di altezza per 50 di larghezza, 22 cm. di spessore -e per le 320 pagine in pergamena ci sono volute le pelli di oltre 160 animali.

Sono tante le stranezze di questo libro, a partire dalla storia del suo presunto autore, Ermanno il Recluso. Ermanno era un monaco benedettino del XIII secolo che l’abate del convento di Podlazice (nell’attuale Repubblica Ceca) aveva condannato ad essere murato vivo e lasciato morire di fame.  Il monaco per salvare la pelle convinse l’Abate che se l’avesse lasciato vivere lui in un anno avrebbe scritto un libro che raccoglieva tutto lo scibile umano (e in effetti il Codex comprende vari testi: una trascrizione completa della Bibbia, le Antichità giudaiche e Guerre giudaiche di Flavio Giuseppe, una storia di Boemia di Cosma di praga, testi di medicina di Ippocrate e Teofilo, le Etimologie di Isidoro di Siviglia, e altri ancora, tra cui un rituale di esorcismo, formule magiche, un calendario, ecc.). Ermanno, vedendo che non avrebbe mai concluso l’opera nel tempo concordato, fece un patto col Diavolo e cedette la sua anima in cambio del suo aiuto. Il Diavolo lo accontentò ma arrivato all’ultima pagina il monaco si pentì e con l’intercessione della Madonna riuscì a salvare la sua anima.

Leggenda a parte, la compilazione del Codex ha un che di miracoloso che lascia interdetti gli studiosi: certamente non si tratta di un’opera a più mani, con un alternarsi di copisti  come era da aspettarsi per un lavoro del genere: la grafia sempre uguale, lineare, dimostra che si tratta dell’opera di un solo uomo (che fra l’altro non era un semplice copista ma anche un uomo di cultura, visto che non c’è nemmeno un refuso). Inoltre, calcolando un tempo di 20 minuti di lavoro per stilare ciascuna riga,  gli stessi studiosi hanno calcolato che ci sarebbero voluti 5 anni di lavoro notte e giorno, ma tenendo conto dei tempi di lavoro che poteva avere un monaco (eliminando quindi i periodi di preghiera, riposo, ecc.) in realtà ci sarebbero voluti dai 20 ai 30 anni, più verso i 30 che verso i 20.

E qui arriva la seconda anomalia: in un periodo così lungo, in un lavoro eseguito da una sola persona, gli studiosi e i grafologi concordano nel dire che è impossibile non riscontrare tracce di cambiamenti calligrafici dovuti a periodi di malattia, mutamenti di umore, crampi o anche semplice stanchezza mentre la scrittura del Codex è fondamentalmente identica dall’inizio alla fine. Se a questo si aggiunge che è stato usato lo stesso tipo di inchiostro, allora l’unica conclusione è che il manoscritto deve (o dovrebbe) essere stato scritto in un tempo molto più breve di quello calcolato, per questo nacque la leggenda del Diavolo che, a mo’ di firma, lasciò pure un suo autoritratto a piena pagina.

 

Remo Bodoer

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