Siamo una Nazione Proletaria, le divisione di classe non esistono più

Si sta facendo strada nel dibattito politico italiano l’idea di essere una “Nazione Proletaria”, cioè che l’Italia indipendentemente dalle divisioni interne sia un paese interamente povero, in cui le divisioni di classe non esistono più, in cui le diseguaglianze economiche e di potere siano superate da una specie di destino comune che unisce i lavoratori precari e Farinetti. Questo sentimento è sintomo di un declino profondo delle forze progressiste o eredi a vario titolo del movimento operaio. Una specie di impotenza politica proiettata verso l’esterno.

Ora è evidente che questo discorso sia costruito ad arte da Salvini per mimare un conflitto con l’Europa, che come si sa è conflitto simbolico, disinteressato a cambiare radicalmente la distribuzione del potere tra le classi e il funzionamento della macchina statale. L’euro e l’Europa avvantaggiano proprio una parte consistente dell’elettorato di Salvini, quello che da Maastricht in poi si è giovato della moderazione salariale come leva per l’export e base di recupero del profitto.
Questo è ovvio.
Mi pare che cadere nella trappola ideologica salviniana sia un errore madornale, che potrebbe addirittura avvantaggiare un partito moribondo e senza idee come il Pd, ormai unico alfiere di un liberismo atavico.

L’opposizione a Salvini e all’Europa andrebbe invece fatta sulla base di un blocco sociale che vive da decenni una subalternità economica e politica. Andrebbe fatta sulla macroscopica questione salariale e sul welfare, sul rinnovamento e l’ampliamento dei servizi pubblici e sul rilancio di una politica industriale capace di rilanciare il paese, a partire dal Mezzogiorno.

Su questi punti andrebbe aperto un conflitto reale con l’Europa, aprendo contemporaneamente contraddizioni dentro quel blocco di interessi che ruotano attorno alla lega.
Un conflitto che riconosca una parte contro un’altra. Un conflitto politico, insomma.

 

Simone Fana
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