Sterilizzazione obbligatoria: l’Europa che discrimina i transgender

sterilizzazione obbligatoria

Sterilizzazione obbligatoria per il cambio di sesso.

Non stiamo parlando di remote tribù dai costumi tribali, ma di Paesi europei. Sono ben nove quelli che prevedono la sterilizzazione obbligatoria per il riconoscimento giuridico del cambio di sesso, ovvero Finlandia, Lettonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Serbia, Bosnia- Erzegovina, Montenegro e Kosovo.

Ventiquattro Paesi poi, tra cui l’Italia, prevedono il divorzio obbligatorio, e 19 prevedono l’obbligo di un intervento chirurgico. Per quanto ad occhi esterni quest’ultima misura potrebbe sembrare ovvia, in realtà non lo è.

Innanzitutto si tratta di una violazione al diritto della persona di decidere della propria salute.

Va detto poi, che non tutti i transessuali sono intenzionati a subire questo tipo di operazione, poiché molto delicata, dolorosa e difficile. C’è inoltre un altro particolare, non esattamente piccolo. L’operazione per il cambio di sesso causa la sterilità di chi la subisce. Questo significa che, l’obbligatorietà dell’operazione, equivale alla sterilizzazione obbligatoria.



Altri quattordici Paesi europei non prevedono nessuna procedura legale per modificare il genere assegnato alla nascita.

In molti dei Paesi in cui è possibile sottoporsi a un intervento chirurgico per cambiare il proprio sesso, inoltre, bisogna prima sottoporsi ad una visita medica. Quest’ultima ha il fine di verificare che  il paziente non sia mentalmente instabile. Molte delle associazioni che si battono per i diritti delle persone transgender si oppongono a questa norma, poiché essa mina l’autodeterminazione del paziente. Nel report di TGEU si legge:

Tale requisito viola il diritto di ogni persona a autodeterminare la propria identità di genere. La diagnosi obbligatoria facilita la stigmatizzazione, l’esclusione e la discriminazione, in quanto si basa sulla falsa convinzione che essere trans sia una malattia mentale.

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha adottato, nel maggio dello scorso anno, l’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases (ICD-11). Si tratta dell’edizione in cui tutte le categorie relative alle persone trans gender ed al cambio di sesso sono state rimosse dal capitolo dei disturbi mentali e comportamentali.

Le Nazioni Unite hanno riconosciuto che la sterilizzazione obbligatoria è una forma di tortura e di trattamento crudele, inumano e degradante.

Una sentenza della Corte Europea del 2017 ha inoltre sancito che, richiedere la sterilizzazione come elemento necessario per il riconoscimento legale del cambio di genere, viola l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Secondo questo articolo

tutti hanno il diritto al rispetto della loro vita privata e familiare, alla casa e alla propria corrispondenza.

Ben 6 Paesi della Comunità Europea hanno deciso di non recepire tale sentenza. A questo proposito il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa sostiene che la comunità transgender è l’unico gruppo del Vecchio Continente per cui le violazioni dei diritti umani spesso sono previste dalla legge e applicate dallo Stato.

Sono solo sette i Paesi dell’Unione che non obbligano i pazienti a sottoporsi a controllo medico per poter accedere al cambio di sesso giuridico. Essi sono Francia, Portogallo, Grecia, Belgio, Danimarca, Norvegia e Malta.

In Austria, Germania, Malta, Estonia e Lussemburgo, inoltre, i minori possono accedere all’operazione senza dover coinvolgere i genitori: un piccolo ma significativo passo verso il riconoscimento dei diritti trans.

Mariarosaria Clemente

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