La scorsa settimana su The astrophysical journal letters è stato pubblicato uno studio sulla più dettagliata osservazione mai effettuata di un fenomeno cosmico tra i più spaventosamente affascinanti, una stella divorata da un buco nero.
L’evento è avvenuto ben 290 milioni di anni fa ma noi lo osserviamo adesso, perchè è avvenuto in una “galassia lontana lontana” (cit.) lo stiamo osservando dal 2014, da quando osservammo le forze di marea che cominciarono a dilaniare la stella. L’evento è stato classificato con la sigla Asassn-14li e definito un evento di distruzione mareale, uno spettacolo di fuochi di artificio di emissioni in luce visibile, ultravioletti e raggi X.
Ora lo studio in questione documenta le osservazioni fatte col telescopio Swift della NASA (il nome completo è Swift Gamma Ray Burst Explorer che mi sembra abbastanza esplicativo del compito specifico per cui è stato creato, aggiungo che si tratta in realtà di un telescopio spaziale o meglio di un sistema di strumenti che rileva emissioni in luce visibile, ultravioletti e raggi X, in pratica tre telescopi allineati in un veicolo spaziale) che hanno dato agli scienziati la possibilità di fare un’ipotesi più dettagliata e articolata di come sia avvenuta la morte della stella.
La ricostruzione in base alle osservazioni
Come ho scritto Asassn-14li ha emesso luce visibile, ultravioletti e raggi X, le osservazioni fatte con Swift hanno rilevato un picco in luce visibile e ultravioletti e dopo un mese un picco simile nei raggi X, questo li ha portati ad ipotizzare che le prime due emissioni siano avvenute più lontano dal buco nero.
Quindi il funzionamento del fenomeno da loro ipotizzato è il seguente: la piccola stella (grande come il nostro Sole) giunta nei pressi del buco nero supermassivo (3 milioni di masse solari) al centro della sua galassia viene facilmente dilaniata dalle spaventose forze di marea in confronto alle quali la sua gravità è davvero poca cosa. I pezzi di materia della stella vengono accelerati verso il buco nero, ma proprio per la forte velocità non ci cadono subito dentro in linea retta, piuttosto lo oltrepassano e vanno in una rotta circolare, come se entrassero in orbita (ovviamente non stabile) quindi fanno un po’ di strada a ritroso e vanno ad impattare con altro materiale proveniente dalla stella, questo genera gli scoppi di luce ed ultravioletti, dopo la materia cadendo nel buco nero emette i raggi X. Quindi secondo il nuovo studio le esplosioni di luce ed ultravioletti derivano dalle collisioni tra detriti nel disco di accrescimento mentre quelle di raggi X sono quello che molto poeticamente in un articolo che lessi qualche anno fa veniva definito l’urlo di orrore della materia che va incontro alla fine divorata dal mostro. Il fatto che questa emissione sia essenzialmente nei raggi X suggerisce a chiunque abbia fatto fisica a livello di scuole superiori quanto sia veloce quest’ultima corsa.
Roberto Todini