il caso Stefano Cucchi diventa una pellicola

Stefano Cucchi

Stefano Cucchi: trentenne morto a Roma nel 2009 massacrato di botte dalla polizia e il quale, misteriosamente però, sembrerebbe essere stato ucciso da nessuno. Una storia da thriller, in effetti. Perché dunque non farci un film?

Il film, scritto e diretto da Alessio Cremonini e prodotto da Cinemaundici, partirà dai verbali giudiziari e le testimonianze durante questi anni di processi per raccontare la storia di Stefano.

L’avvocato di famiglia, Fabio Anselmo e la stessa Ilaria Cucchi, sorella di Stefano e portavoce della battaglia per ridare giustizia a suo fratello si sono espressi con entusiasmo a favore di questo progetto, in quanto potrà dare maggiore visibilità alla storia del caso Cucchi.

La sorella, al momento impegnata affinché il reato di tortura venga riconosciuto in Parlamento tramite una petizione, recentemente ha ricevuto un altro smacco dalla brillante (mala)giustizia italiana: i medici dell’ospedale sono stati assolti dall’accusa di omicidio colposo. Dunque Stefano non è stato picchiato a sangue e non è stato lasciato morire in ospedale. Così come questo non è un Paese ingiusto e sconfitto da se stesso. No.

Stefano Cucchi
ansa.it foto di Massimo Percotti

Siamo quel paese che si inorridisce, si spaventa e si indigna; siamo quel paese che possiede uno stato di polizia che è tra i più terrificanti d’europa, in cui è impossibile riconoscere il tuo potenziale aguzzino anche dalla divisa, poiché non ha nemmeno un codice identificativo; siamo quel paese dei trucchi e sotterfugi, siamo il paese da “coprimi le spalle che io copro le tue”. E in questo sistema ci muoviamo senza sapere bene quale sia la direzione da cui uscirne.

Siamo il paese che ha necessità di ricordare e per questo prepara un’elaborazione di una storia che non può e non deve essere dimenticata. Siamo il paese in cui non sai mai quando e come puoi diventare Una Storia Da Non Dimenticare perché la violenza cova laddove non te lo aspetti, laddove pensi che non debba stare, soprattutto dalla parte di istituzione che si erge a “civile“.

Dunque, un film. Una pellicola che compiere un atto che la giustizia, evidentemente, non è stata capace di fare: dare voce a chi se l’è vista sottrarre.

Gea Di Bella

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