Status Syndrome: perchè i ricchi vivono più dei poveri?

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Di fronte ai paperoni geriatrici del petrolio, dell’informatica, dell’economia e della politica, ci siamo chiesti tutti, almeno una volta, inutile negarlo, perché vivessero così a lungo e tutto sommato relativamente in salute. La risposta non è quella suggerita da alcuni, cioè che si facciano impiantare in gran segreto organi funzionanti di bambini poveri.

Le ragioni di questa prolungata longevità osservabile negli strati sociali più elevati sono diverse e hanno a che fare con le dinamiche stesse della gerarchia. Esiste un legame tra la mortalità e il ceto sociale d’appartenenza. Questa prende il nome di Status Syndrome.




Diversi studi etologici, condotti sui macachi rhesus, hanno evidenziato una prevalenza di malattie cardiocircolatorie più alta nelle scimmie con rango sociale più basso rispetto a quelle che occupavano i piani più alti della piramide sociale. Più alto era il rango della scimmia nella gerarchia, minore era la probabilità di sviluppare aterosclerosi. Gli studiosi si sono quindi domandati se questo fosse un effetto della selezione naturale che aveva fatto sì che i più sani occupassero le gerarchie più alte oppure se al contrario fosse un effetto intrinseco del rango occupato.

Uno studio etologico dalle conclusioni antropologiche

Nel 1994, Shively e Clarkson hanno condotto un interessante esperimento che mostrava chiaramente un effetto del rango. I due studiosi hanno inizialmente creato alcuni gruppi composti da 4 scimmie tenute insieme per un paio di mesi. Nelle prime otto settimane, le scimmie formavano autonomamente la gerarchia sociale: alcune divenivano vistosamente dominanti, altre erano invece dominate. Successivamente, Shively e Clarkson hanno prelevato le scimmie dominanti di ciascun gruppo per inserirle in un altro gruppo, composto esclusivamente da scimmie dominanti. Lo stesso trattamento era riservato alle scimmie dominate, così da creare gruppi formati esclusivamente da scimmie dominate e scimmie dominanti. Come prima, nelle successive settimane, si ristabiliva una nuova gerarchia. Cosicché alcune scimmie che inizialmente erano dominate diventarono dominanti, e viceversa, altre scimmie che in partenza erano dominanti divennero dominate, mentre altre ancora restavano sempre dominanti o sempre subordinate.

Shively e Clarkson rilevarono che il cambiamento di status era sempre associato a più alti livelli di aterosclerosi rispetto al conservare il rango di partenza. Tuttavia, la forza dell’associazione era diversa a seconda della direzione del cambiamento: un’ascesa di rango comportava un aumento nel rischio di sviluppare aterosclerosi del 44%; una perdita di rango, invece, comportava un aumento del 500%.

I motivi dell’effetto rango

Possiamo dire con Sapolsky che questo effetto rango sussiste perché coloro che occupano basse posizioni nella piramide sociale sono più esposti, più alla mercè di coloro che occupano i vertici della gerarchia. Innanzitutto, come ci mostra il film Netflix Il Buco, chi occupa posizioni elevate ha maggiori possibilità di consumare un pasto abbondante e nutriente rispetto a chi vive sotto. Inoltre, almeno per quanto riguarda le scimmie (ma perché no anche l’uomo?) l’agiatezza provata da chi vive alla base della gerarchia diventa accessibile e godibile solo con il benestare di coloro che occupano posizioni più elevate.

Ora, sarebbe scellerato liquidare questi studi come validi esclusivamente per le scimmie. Vorrebbe dire negare il legame di parentela che unisce l’etologia all’antropologia: studiare l’animale significa infine studiare una parte di umano, al di là se questa sia da considerare prevalente o no. Anche la nostra società umana si fonda su una gerarchizzazione di risorse che diventano appunto razionate: i cosiddetti posti all’ombra, i pasti più succosi, i partner più dotati sono più facilmente accessibili ai membri delle classi agiate.

Studio di Whitehall: Status Syndrome

In un altro studio del 2004, stavolta sull’uomo, denominato Whitehall, l’epidemiologo Michael Marmot ha analizzato per lunghi lassi di tempo la salute di un gruppo di dipendenti pubblici inglesi, suddivisi in dirigenti, funzionari, impiegati e altri. In accordo con quanto già scoperto da Sapolsky, Shively e Clarkson, anche Marmot scopre che più è basso il livello gerarchico nell’organizzazione più alta è la mortalità. Quasi tutte le cause di mortalità, in questo studio, seguivano un gradiente sociale determinato dalla posizione gerarchica occupata. Per spiegare questa differenza gerarchica di mortalità nell’uomo, Marmot ha misurato l’autonomia percepita, ovvero il senso di controllo che una persona esercita, o crede di esercitare, sulla propria vita e sul proprio destino. Ha così riscontrato che chi si trova sui gradini più alti della società percepisce la propria vita come maggiormente controllabile e sé stesso come più autonomo.

Nella teoria della Status Syndrome, il fattore cruciale per predire il tasso di mortalità risulta quindi essere la percezione della propria autonomia. Maggiore è l’autonomia, maggiori possibilità ci sono per una piena partecipazione sociale e l’instaurazione di una rete di relazioni che funge da vera e propria barriera difensiva per le malattie. Inoltre, più appare limitato il controllo sulla propria vita meno la persona risulta motivata ad agire per cambiare, incatenandosi ad un vissuto di subalternità e di mancato riconoscimento. Esperienze simili, prolungate fuori e dentro l’ambiente di lavoro, comportano uno stress di natura cronica che può infine sfociare in patologie metaboliche e cardiocircolatorie.

All’origine dello stress e della mortalità: l’ambiente e la sua gerarchia

Naturalmente, i rischi sono maggiori per chi svolge lavori sottopagati e di manovalanza pura che riducono notevolmente la propria autonomia. Il bracciante, l’operaio alla catena di montaggio, il minatore sono alcuni dei lavori con più bassa autonomia.

Se quindi all’origine dell’estrema longevità dei super-ricchi, dei super-manager e dei super-laureati e all’origine dell’alta mortalità dei minatori, dei braccianti e degli operai, c’è l’ambiente sociale con la propria gerarchia, risulta fondamentale modificare in primis queste condizioni ambientali e, solo in un secondo momento, le caratteristiche individuali. Con buona pace dei tanti blog e pagine Facebook promotori di una finta indipendenza, che addossano la colpa delle insoddisfazioni personali al solo individuo, deresponsabilizzando i vertici della gerarchia e lo stesso ambiente sociale.

Uscita di sicurezza

Un modo per uscire dalla Status Syndrome è quindi la realizzazione di una società più egualitaria, in grado di fornire a tutti gli stessi strumenti e le stesse possibilità di vita. L’appiattimento della Status Syndrome diventa possibile soprattutto potenziando il livello generale di educazione che, come spiegato altrove, non ha tanto a che fare con l’eruditismo o l’imparare la Treccani a memoria, ma piuttosto con la capacità di liberarsi e realizzarsi pienamente come essere umano.

Se questo incremento educativo venisse ricercato e applicato sistematicamente fin dai primi anni di scuola, risulterebbe più lontano lo scenario dipinto dal film Il buco e invece più vicina l’epoca in cui gli high-status non si accaniscono più con i low-status, ma anzi quasi si sporgono entrambi per stringersi la mano e saltare sullo stesso livello gerarchico. Nel lungo periodo, non è da escludere che questo possa come provocare una sorta di riarrangiamento del sistema capitalistico attuale.

Axel Sintoni

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