La vicenda processuale
La Suprema Corte di Cassazione si è espressa sulla statua di Lisippo. Questa ha respinto il ricorso del museo statunitense contro la confisca, risalente a giugno, disposta dal Gip di Pesaro.
Il pubblico ministero Silvia Cecchi, intervistata dall’Ansa, commenta la vicenda spiegando come la sentenza della Cassazione sia l’ultima parola della giustizia italiana. Ora la confisca della statua di Lisippo è definitiva e immediatamente esecutiva ovunque essa si trovi.
Il procedimento legale è stato molto lungo e complesso. Ha toccato varie branche del diritto, tra cui quello penale, e ha coinvolto tanto l’ordinamento italiano quanto quello americano.
La magistratura pesarese si era espressa in riguardo già due volte negli scorsi 8 anni, sia nel 2009 che nel 2013. In ambedue i casi, il Getty Museum ottenne l’annullamento per vizi procedurali.
L’Atleta Vittorioso è definito nelle carte processuali come “bene inalienabile dello Stato”, e per questo deve essere riconsegnato al più presto.
La storia della Statua di Lisippo
La statua è un bronzo alto 151 cm. Analisi al radiocarbonio hanno datato la scultura tra il IV e il II secolo a.C. La tempistica in questione, oltre che lo stile dell’opera, hanno portato gli esperti ad attribuirla all’artista greco Lisippo o a un suo allievo.
Come molti altri reperti statuari, la Statua di Lisippo è danneggiata. Mancano a questa entrambi i piedi, recisi all’altezza delle caviglie. Alcuni hanno ipotizzato che gli arti inferiori si siano staccati mentre la scultura veniva issata a bordo da chi l’ha trovata. Infatti a recuperarla fu un peschereccio a largo di Fano, nel 1964.
La gente del posto in un primo momento tentò di nascondere il ritrovamento, ma la statua venne scoperta dai carabinieri grazie a una denuncia anonima.
Poco dopo un commerciante d’arte tedesco acquistò la scultura, per poi rivenderla al Getty nel 1977 per 4 milioni di dollari.
Reazioni italiane e statunitensi
Il Ministro della Cultura Bonisoli è stato tra i primi a commentare l’esito giudiziario, auspicando una veloce confisca da parte delle autorità americane.
Massimo Seri, sindaco di Fano, ha attribuito i meriti anche alla sua città, che si è sempre battuta per il ritorno a casa della statua.
Anche Rutelli ha voluto dire la sua, esprimendo “grande soddisfazione”. Questi, sotto il governo prodi, ricoprì il ruolo di Ministro dei beni e delle attività culturali. Proprio sotto il suo mandato lo Stato italiano e il Getty Museum siglarono un accordo. Il museo statunitense si impegnò a restituire al nostro paese decine di opere, per un valore assicurativo di 500 milioni.
Lisa Lapin, vice-presidente della comunicazione del Getty, ha lasciato intendere come la battaglia non sia ancora finita.
“Continueremo a difendere il nostro Lisippo. La statua non è mai stata parte dell’eredità culturale italiana. Una scoperta accidentale fatta da pescatori italiani non lo rende un oggetto italiano. Inoltre, nel 1968, La Cassazione concluse che non ci fossero prove che la statua di Lisippo appartenesse all’Italia. Le acque dove la scultura è stata ritrovata, negli anni 60, erano internazionali”.
Non resta che attendere gli ulteriori sviluppi della vicenda. In America la statua di Lisippo sta diventando un caso nazionale, in quanto rischia di essere uno scomodo precedente. Infatti, qualora si effettui davvero la confisca, molte altre opere potrebbero essere soggette a procedimenti simili.
Stefano Mincione