Dopo 140 anni, la statua di Cristoforo Colombo scende dal piedistallo per cedere il posto a un monumento in onore delle donne indigene.
Per più di un secolo la statua di Cristoforo Colombo ha decorato la trafficata rotonda del Paseo de la Reforma a Città del Messico, ma oggi non c’è più. Ad annunciarlo ufficialmente è stata la sindaca, Claudia Sheinbaum, svelando anche con cosa verrà sostituita l’opera dello scultore francese Charles Cordier. Infatti, cogliendo l’occasione della Giornata Internazionale delle Donne Indigene, la prima cittadina ha reso noto il desiderio di erigere un monumento in onore della civiltà olmeca.
La rivendicazione delle donne indigene e di ciò che rappresentano nella nostra storia.
Per i cinquecento anni dalla caduta di Tenochtitlan, il Messico ha organizzato un ricco calendario di eventi, a cui si è ispirata Sheinbaum per prendere la decisione. Tuttavia, la statua del navigatore spagnolo non verrà abbandonata al suo destino, bensì ricollocata nel Parque America del quartiere di Polanco, su autorizzazione dell’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH).
Gli antefatti alla statua di Cristoforo Colombo
Sebbene la decisione di toglierla sia attuale, la statua è vittima di atti vandalici già da anni. Ad esempio, nel 1992 alcuni manifestanti tentarono invano di abbatterla, mentre nell’ottobre 2020, il Governo la rimosse in via precauzionale. Infatti, durante lo scorso Columbus Day si sono verificate diverse manifestazioni bellicose contro il colonialismo, motivo per cui le istituzioni avevano preferito la rimozione.
Come sottolineato dalla sindaca, la statua di Cristoforo Colombo non rappresenta i valori condivisi dal popolo messicano; al contrario, incarna il simbolo del colonialismo e dell’etnocentrismo europeo. Con questa scelta non si vuole indurre le persone a dimenticare la storia, ma, piuttosto, dare un giusto riconoscimento alle prime civiltà messicane.
Tuttavia, il presidente Andrés Manuel López Obrador, vicino alle popolazioni indigene, ha comunque sollecitato il Governo spagnolo e il Vaticano, affinché porgano le proprie “scuse storiche”. Infatti, sono ampiamente noti gli abusi commessi durante la conquista e l’evangelizzazione dei territori coloniali.
Non solo Colombo
L’ondata di proteste portate dal movimento “Black Lives Matter”, ha favorito la rimozione di molte statue. Infatti, i ripetuti episodi di danni vandalici importanti, hanno costretto di fatto le autorità a prendere questa decisione.
La Germania ha zero statue di Hitler o Rommel. Hanno imparato la lezione e noi dobbiamo imparare la nostra.
Queste le parole del governatore della Virginia, Raplh Northam, dopo la rimozione del plinto del generale Robert E. Lee, grande sostenitore della schiavitù durante la guerra civile americana (1861-1865). Alta quasi sei metri e mezzo, fu realizzata dallo scultore Marius-Jean-Antonin Mercie nel 1890 e nel National Register of Historic Places è tuttora elencata come un capolavoro.
Mettiamo sui piedistalli ciò che vogliamo che la gente veda.
Non nasconde la sua gioia il Governatore della Virginia, dopo anni di battaglie legali per ottenere la rimozione del monumento. Un obiettivo raggiunto con fatica, poiché le autorità locali dovevano rispettare una legge statale che garantisce la salvaguardia dei memoriali in ricordo dei veterani di guerra.
Se qualcuno può insegnarci come prenderci cura di questo pianeta, sono i nostri popoli nativi.
Sarà lo scultore Pedro Reyes a realizzare il monumento in onore delle civiltà precolombiane. Soprannominato Tlalli (“terra” in lingua nahuatl), rappresenterà una donna olmeca, in quanto, secondo la tradizione, gli Olmechi sono stati una delle prime grandi civiltà del moderno Messico. Effettivamente, una popolazione quasi sconosciuta rispetto alla nomea goduta dal navigatore Cristoforo Colombo.
Si dice onorato Pedro, le cui opere sono state esposte in tutto il mondo, dal Guggenheim (New York) alla Biennale di Venezia. Finalmente, alcune persone e fatti stanno ottenendo più spazio e importanza davanti al grande pubblico.
Quando sono arrivati qui i bianchi, avevano con loro soltanto la Bibbia, mentre noi avevamo le nostre terre. Ci hanno insegnato a pregare, con gli occhi chiusi: quando li abbiamo riaperti i bianchi avevano le nostre terre e noi avevamo la Bibbia.
La scoperta di terre lontane viene spesso ricordata nei libri di storia come un evento straordinario e rivoluzionario. Nuove ricchezze e bellezze da portare e raccontare in patria hanno a lungo ammaliato gli occhi dei conquistatori e dei loro popoli, a discapito degli altri, quelli natii, che hanno subito in silenzio per anni. Troppi anni.
Ma l’altra faccia del colonialismo racconta storie molto più tragiche spesso taciute, ora, come allora. E se in questo bilancio storico l’ago delle bilancia pende soprattutto da un lato, oggi il mondo, almeno una parte, si ribella e chiede di dare voce a chi non l’hai mai avuta.
Certo, nessuna statua potrà mai restituire vite, ma il loro significato potrebbe aiutare le generazioni future a vivere con una consapevolezza diversa. Perché il conoscere rimane comunque l’arma migliore per impedire agli errori del passato di ripetersi.
Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.
Carolina Salomoni