Il Rapporto sullo Stato di diritto delle Libertà del 2024 presenta una situazione sempre più problematica in UE. Democrazie fragili, diritti violati e libertà ostacolate
Il Rapporto sullo Stato di diritto delle Libertà 2024, giunto quest’anno alla quinta edizione, è redatto da una Commissione di oltre 36 organizzazioni per i diritti umani e riguarda 19 Paesi dell’Unione Europea.
Secondo l’UE, rappresenta “l’esercizio di rendicontazione più approfondito finora realizzato da una rete della società civile sullo Stato di diritto nell’UE“.
Il rapporto di quest’anno mostra uno Stato di diritto indebolito e violato da parte di tutti i governi UE, seppur con diverse gravità e frequenza, portando a impatti negativi sul benessere dei cittadini.
Criticità che, secondo il direttore esecutivo dell’Unione per le Libertà Civili in Europa (Liberties), Balazs Denes, vanno affrontate fin da subito.
Il rapporto Liberties sullo Stato di diritto 2024 mostra che il danno intenzionale o la negligenza nel porre rimedio alle violazioni dello stato di diritto da parte dei governi, se non affrontati, possono evolvere nel tempo in problemi sistemici
Non c’è bisogno di aspettare che emerga uno Stato prigioniero come l’Ungheria con un regime antidemocratico inamovibile
Stato di diritto nell’UE: urgente una giustizia più giusta
Per osservare l’andamento dello Stato di diritto nell’Unione Europea, la prima area da sorvegliare è quella giuridica. Qui, infatti, si osservano l’applicazione e la tutela dei diritti fondamentali, la cooperazione giudiziaria e, in generale, il funzionamento dell’ordinamento giuridico.
La Commissione ha rilevato tre principali violazioni all’interno dei tribunali dei Paesi osservati.
Innanzitutto, la selezione dei giudici e dei pubblici ministeri, e le responsabilità a loro affidate, sono troppo spesso influenzate dei rami politici.
Per esempio, in Francia, Belgio e Bulgaria si sono sollevate preoccupazioni in merito all’imparzialità e all’indipendenza della Corte. Mentre, in Grecia e Slovacchia, alti funzionari pubblici hanno attaccato verbalmente la magistratura. In Italia ha suscitato particolari preoccupazioni il “caso Apostolico“, nel quale i membri del governo hanno apertamente attaccato un magistrato.
In Paesi come Croazia ed Estonia i processi sono talmente lunghi da mancare di efficienza ed equità. Così come, in Ungheria, la mancanza di fondi minaccia l’indipendenza della magistratura e mina l’efficienza del sistema giudiziario.
Un altro importante elemento è la lotta alla corruzione, necessaria per garantire che i fondi e i poteri pubblici siano utilizzati per il bene dei cittadini, e non per vantaggi privati.
Secondo le osservazioni del report, tuttavia, i governi europei sono riluttanti a rinforzare i propri strumenti anti-corruzione.
In numerosi Paesi, tra cui Repubblica Ceca, Romania, Ungheria e Slovacchia, i membri della Commissione hanno osservato che la trasparenza del processo decisionale pubblico, la protezione degli informatori, il conflitto di interessi e l’incompatibilità, nonché la criminalizzazione e il perseguimento dei reati connessi alla corruzione avvengono molto lentamente. E, spesso, producono risultati insoddisfacenti, soprattutto per quanto riguarda i funzionari pubblici di alto livello.
Una menzione in particolare va, però, all’Italia, riconosciuta dall’Unione Europea per l’adozione di misure più severe per combattere la corruzione.
Per quanto riguarda i processi elettorali, che dovrebbero essere liberi ed equi in ogni democrazia, sono risultati problematici in diversi Stati membri, come la Bulgaria, la Repubblica Ceca, l’Estonia e la Grecia.
Questi continuano a escludere dal diritto di voto parti della loro società, come i cittadini di paesi terzi, le persone sotto tutela e i detenuti, contrariamente agli standard europei. Inoltre, molti Paesi hanno modificato la loro legislazione elettorale in contrasto con i requisiti di trasparenza e democrazia, come la Croazia, l’Ungheria, l’Irlanda e la Romania.
Libertà di stampa e proteste: basi democratiche poco solide
Alla base di ogni buona democrazia, c’è un giornalismo libero, indipendente e imparziale. Che permetta ai cittadini di avere informazioni reali e complete sul proprio Paese, prendendo decisioni ben strutturate, per esempio, di fronte alle urne.
Ma, come sottolinea il report, i giornalisti indipendenti nell’Unione Europea trovano sempre più difficile svolgere il loro lavoro.
Nel 2023, sono state osservate aggressioni verbali e fisiche ai giornalisti in Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Svezia. Così come è aumentato l’utilizzo di azioni legali strategiche, le cosiddette “querele temererarie” (SLAPP) in numerosi Paesi, tra cui anche l’Italia.
Insieme alla la libertà di stampa, anche la libertà di associazione e di riunione è spesso ostacolata.
In generale, il contributo di istituzioni nazionali per i diritti e autorità indipendenti è fortemente frenata, a causa di gravi sottofinanziamenti e indebite influenze politiche.
Più in particolare, in Paesi come Germania, Francia, Irlanda, Romania e Svezia, le azioni governative o le proposte legislative minacciano lo scioglimento di tali organizzazioni. Mentre in Croazia, Francia, Ungheria, Paesi Bassi, Slovacchia e Svezia, le organizzazioni della società civile sono state fortemente limitate nella loro capacità di svolgere le loro funzioni principali.
Il 2023 ha visto anche un netto aumento delle restrizioni al diritto di protesta.
In alcuni casi, le limitazioni hanno preso la forma di divieti di messaggi o simboli. In altri, si sono verificati arresti e procedimenti giudiziari verso manifestanti pacifici.
Stato di diritto nell’UE: il problema delle carceri in Italia
Per l’Italia, il 2023 è stato un anno di regressione per il sistema giudiziario e penale.
Nel primo anno e mezzo di governo di centrodestra, guidato dalla premier Giorgia Meloni, si è segnato un effettivo arretramento dello Stato di diritto, con politiche che hanno inciso sulla qualità della democrazia, sull’accesso agli spazi civici e provocando un generale arretramento in termini di diritti
Uno dei punti più critici riguarda le carceri. Con già elevati tassi di sovraffollamento (123%), è necessario evitare l’introduzione di nuove forme di repressione criminale. Come avviene, invece, per le “misure di sicurezza” emanate nei confronti di persone ritenute “socialmente pericolose” che hanno già scontato una pena di reclusione. Queste “misure di sicurezza” – anche dette “ergastoli bianchi” – non hanno limiti di proroga, e riguardano perlopiù persone provenienti da ambienti poveri e recidive per reati minori, come furti, reati minori di droga, ecc.
Secondo la Commissione, tali provvedimenti non sono in linea con le garanzie richieste a un sistema democratico e liberale.
Inoltre, è importante che l’Italia mantenga le specificità del sistema di giustizia (soprattutto quello minorile), caratterizzato da un approccio educativo-pedagogico che, per diversi anni, è stato d’esempio per il resto dell’Unione Europea.
Al contrario, nel 2023, il “decreto Caivano“, ha inasprito gli strumenti penali contro i minori, fino quasi a omologarli a quelli contro gli adulti. Alimentando, ancora una volta, il sovraffollamento delle carceri.
Un ulteriore passo indietro nel sistema giudiziario italiano riguarda il reato di tortura.
Con un ritardo di ben 30 anni dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura (1993), il Parlamento italiano introdotto il reato di tortura nel codice penale (art. 613bis).
Sono quindi arrivate le prime condanne all’inizio del 2021. Ad oggi, ci sono diversi procedimenti aperti per accuse di tortura. Il più importante, anche conosciuto come il più grande processo per tortura della storia europea, è quello per le brutali violenze commesse da centinaia agenti penitenziari contro i detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile 2020.
Per garantire un’efficace azione penale dei reati di presunta tortura commessi nelle carceri, ogni carcere dovrebbe essere dotato di un sistema di videosorveglianza che copra ogni stanza dell’edificio e disponga di disposizioni di archiviazione a lungo termine, in modo che i fatti possano essere accertati anche se denunciati dopo un certo periodo di tempo.
Un’altra misura necessaria è quella di garantire l’identificazione degli agenti, almeno quando sono impegnati in attività volte a ripristinare la legge e l’ordine all’interno delle carceri.
Nonostante questi fatti, il partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, con l’appoggio di alcuni esponenti del governo, ha proposto di abrogare il reato di tortura, riducendolo a circostanza aggravante comune. Proposta, comunque, finita in nulla di fatto.
Clima mediatico in Italia: a rischio libertà di stampa e di espressione
Per quanto riguarda la libertà di espressione, l’Italia non risulta allineata agli standard internazionali. Secondo il Presidente di Cild (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), Arturo Salerni, lo Stato di diritto italiano è in costante restringimento.
Le recenti scelte legislative del governo italiano stanno portando a un restringimento dello stato di diritto. Rilevante è l’introduzione di numerose nuove fattispecie che colpiscono – tra gli altri – il diritto di protesta e di manifestazione pacifica, che portano a un attacco al diritto di asilo, nonché a un’estensione e una de-territorializzazione della detenzione amministrativa. Preoccupante è inoltre la gestione della televisione pubblica, con un restringimento del pluralismo, nonché l’utilizzo di querele temerarie – anche da esponenti del governo – che mettono a rischio la libertà di stampa
Nel 2023, sono stati registrati 15 casi di aggressioni fisiche (di cui 4 hanno provocato lesioni) contro giornalisti e operatori dei media, 27 casi di aggressioni verbali e 11 casi di aggressioni o minacce alla proprietà.
Per garantire la sicurezza e la libertà dei giornalisti, le autorità italiane hanno istituito un Centro nazionale di coordinamento per il monitoraggio, l’analisi e lo scambio permanente di informazioni sul fenomeno dell’intimidazione dei giornalisti, il quale è stato riconosciuto dall’UE come uno dei migliori sistemi in Europea. Tuttavia, il Centro rimane minacciato dalle interferenze politiche e dal rischio di sottodenuncia.
Inoltre, non monitora i casi di minacce legali o le cosiddette SLAPP, spesso provenienti da membri del governo e del Parlamento, i quali attaccano i giornalisti a causa della loro attività di ricerca su corruzione, conflitti di interesse e trasparenza.
Altre gravi restrizioni sono quelle contenute nell’emendamento di legge detto “Legge Bavaglio” e nel Ddl Nordio, proposto dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Questi, limitano la pubblicazione degli atti processuali e di intercettazioni. Secondo gli esperti, tali disposizioni rappresenteranno un ostacolo all’accesso alle informazioni giudiziarie.
Altri diritti da difendere in Italia sono quelli di protesta e di sciopero, cruciali per ogni democrazia. Le restrizioni sono aumentate in modo significativo, a volte prendendo anche la forma violenta di “manganellate“, ma in modo selettivo (verso gli “eco-vandali“, o i “pro-Pal“).
Tramite il cosiddetto “DDL Eco-Vandali“, il governo italiano ha voluto punire le stesse condotte già perseguite dal codice penale, aggravando il sistema sanzionatorio. Il che avrebbe un effetto criminalizzante sull’attivismo e su coloro che compiono atti di disobbedienza civile come strumento di protesta individuale o collettiva.