Si può annoverare tra i diritti fondamentali, un diritto al clima? Esiste il diritto alla vita (Art.2 CEDU), ma come si fa valere il diritto a vivere in un ambiente salubre? Si sono mobilitati negli ultimi anni, numerosi avvocati, attivisti e scienziati in tutto il mondo dando vita al fenomeno della “climate change litigation”.
Climate change litigation, “contenzioso per il cambiamento climatico”, è una ristretta branca del diritto ambientale in corrente espansione.
Gli stati hanno iniziato a discutere sulla questione climatica intorno agli anni 60, il mercato dell’auto era in esponenziale crescita e l’industrializzazione sregolata ha reso evidenti gli effetti negativi dell’azione umana sull’ambiente.
Nella seconda metà del 900, gli stati di ogni continente si sono impegnati nello stipulare convenzioni e accordi che potessero tutelare il clima, l’ambiente, i mari e la biodiversità, dando vita alle fonti dell’obbligazione climatica, a livello mondiale e comunitario.
Governi inerti
La stipulazione del Protocollo di Kyoto del 1997 e dell’Accordo di Parigi del 2016, hanno rappresentato le fondamenta della pretesa climatica, ma solo nella teoria.
Il perseguimento degli obiettivi ad oggi procede con estrema lentezza, dalla decarbonizzazione alla riduzione di emissioni.
I governi in carica, a prescindere dal partito politico, sembrano solo chiacchierarne a riguardo, ma di legislazioni efficaci e rigide non se ne vede ancora l’ombra.
Un piccolo passo in avanti in Italia, si è verificato nel 2021 con la riforma costituzionale che ha introdotto la tutela dell’ambiente nell’articolo 117 della Costituzione, ma non come principio fondamentale.
L’Italia al 2019 risulta essere il primo Paese dell’Unione Europea per decessi prematuri dovuti all’inquinamento. Nel 2019 sono state registrate in Italia circa 63.700 morti premature legate al fenomeno.
Nel 2022 Legambiente ha pubblicato il rapporto “Mal’Aria”, la classifica delle città italiane più inquinate, da cui risulta che 22 città abbiano sforato il limite di polveri sottili.
Con il nuovo piano per la qualità dell’aria approvato nel 2021, Bruxelles ha fissato nuovi obiettivi da raggiungere entro il 2030.
Al momento lo Stivale non è sulla buona strada.
Nel rapporto di Legambiente, infatti, il 76% delle città monitorate ha fatto registrare valori di inquinamento atmosferico superiori ai limiti fissati dall’UE come obiettivo per il 2030.
Inoltre, nella classifica ponderata sulla popolazione, il World Air Quality Report colloca l’Italia al 67esimo posto tra i Paesi con più inquinamento atmosferico.
Le temperature continuano a innalzarsi, i ghiacciai continuano a sciogliersi, sono in costante aumento i cosiddetti “migranti ambientali” e la qualità dell’aria continua a peggiorare; questi sono solo alcuni degli effetti negativi che l’inerzia legislativa dei governi provoca, non solo in Italia, ma nel mondo intero.
Il contenzioso per il cambiamento climatico
A partire dal 2015 avvocati e attivisti hanno dato origine al contenzioso per il cambiamento climatico, che consiste nell’instaurare cause legali contro governi e imprese, tra cui le multinazionali.
L’obiettivo è creare precedenti giurisprudenziali e stimolare una legislazione che miri alla mitigazione del cambiamento climatico da parte di istituzioni pubbliche.
A livello globale, il numero totale di casi correlati al cambiamento climatico è più che raddoppiato dal 2015, portando il numero totale di casi a oltre 2.000.
Negli ultimi 12 mesi sono stati avviati procedimenti legali contro compagnie di combustibili fossili; i settori maggiormente investiti sono quelli alimentare e agricolo, dei trasporti, della plastica e quello finanziario.
La causa legale di maggior rilievo risale al 2021, ha rappresentato una svolta per il diritto ambientale, e ha visto la Milieudefensie (un’organizzazione ambientale olandese) contro la multinazionale Shell, accusata di non aver attuato una politica di sostenibilità sufficientemente concreta come previsto dall’accordo di Parigi.
La Corte distrettuale dell’Aia ha affermato che le emissioni della multinazionale fossero superiori a quelle della maggior parte dei paesi. ll tribunale ha disposto che Shell riduca le sue emissioni globali del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. Una vittoria legale, ma anche sociale.
Il fenomeno si è recentemente insinuato anche in Italia; è attualmente pendente la causa Giudizio Universale contro il governo, per inadempienza climatica ovvero per l’insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato italiano.
La moltiplicazione di cause legali ambientali, movimenti di protesta e organizzazioni di attivisti, è un chiaro segno della presa di coscienza globale sulla questione climatica, gli adulti stanno prendendo atto seppur lentamente degli errori passati, i giovani si stanno rendendo conto che la transizione ecologica è più urgente che mai.
La sostenibilità è diventata un trend, il che non è per forza un male, ma oltre ad acquistare prodotti biologici ed ecologici, dobbiamo far sì che la politica renda effettivo ed efficace l’inchiostro versato sui trattati e sulle convenzioni, perché fin quando la tutela del clima non diventerà una priorità, rimarranno parole flebili.