Si ridurrà l’Iva? Ci sarà il Recovery Fund? E il Mes? Queste e altre domande per capire di cosa si è parlato agli Stati Generali dell’economia.
Da sabato 13 a domenica 21 giugno si sono tenuti a Villa Pamphilj a Roma gli “Stati generali dell’economia”. Si è trattato di una serie di incontri voluti dal governo per dialogare con istituzioni internazionali, enti, associazioni di categoria per affrontare il tema del rilancio economico italiano a seguito della pandemia. Il presidente Giuseppe Conte ha calcato molto la mano sull’importanza di questo confronto, ma non tutta la maggioranza è sembrata convinta dalla determinazione del premier.
1.Chi ha partecipato?
“Progettiamo il rilancio” è il nome vero dell’iniziativa a cui gergalmente ci si riferisce con l’espressione Stati generali dell’economia. Nell’incontro di apertura Conte e i ministri hanno incontrato in teleconferenza i rappresentanti delle istituzioni europee, del Fondo Monetario Internazionale e della BCE. Nei giorni successivi, sono stati ospitati invece gli interventi dei sindacati, del commissario Vittorio Colao, delle associazioni dei commercianti e di Confindustria. Si tratta di appuntamenti che si sono svolti a porte chiuse, senza la presenza dei giornalisti. Alla fine ha pure cantato Elisa, esibendosi con “Luce”, e parlando delle difficoltà degli artisti e dei lavoratori del mondo dello spettacolo.
2. E l’opposizione?
Ci sono state alcune proposte economiche interessanti, ma sicuramente si è discusso dell’evento anche per gli scontri politici che ne sono derivati. Parlare di rilancio, infatti, comporta dissidi sulla strategia a lungo termine per uscire dalla crisi: l’unica cosa su cui sembrano essere tutti d’accordo, pur con obiettivi diversi, è la richiesta di una maggiore incisività del governo. Già prima che si aprissero ufficialmente le discussioni, l’opposizione aveva già espresso perplessità per l’iniziativa, considerata alla stregua di una passerella personale per il premier. Berlusconi, Salvini e Meloni hanno preferito declinare l’invito.
Anche nella maggioranza erano emersi alcuni malumori, perché molti rappresentanti del governo non erano stati consultati. Conte, a questo punto, aveva cercato di mettere una pezza: aveva incontrato i ministri a uno a uno per consultarli sulla scelta dei temi, allungando la durata dell’evento a una decina di giorni e anche la lista degli invitati.
3. Abbiamo già una strategia a lungo termine?
Dopo nove giorni di lavori, quindi, l’evento si è chiuso ieri. Il premier Conte ha detto che servirà un po’ di tempo per capire cosa resterà di quest’iniziativa e che il governo dovrà prendersi una settimana di tempo per iniziare a stendere un piano. Il progetto di ripartenza, embrione della versione nostrana del Recovery Plan, dovrebbe essere presentato a Bruxelles a settembre. Se venisse approvato, dal 2021, l’Italia avrebbe accesso a oltre 100 miliardi di euro per gli investimenti. Ora è necessario uscire dalla gestione immediata della crisi ed entrare nella fase di ricostruzione che occuperà i prossimi anni. Il Recovery Plan appartiene a questa seconda parte e quindi non si potrà contare su questi fondi per arginare la recessione dei prossimi mesi, ben prima del 2021. Perché la proposta venga approvata a Bruxelles, sarà necessario un imponente ripensamento dell’amministrazione e della giustizia.
4. Si ridurrà l’Iva?
Conte tra domenica e lunedì ha parlato di un abbassamento lieve e temporaneo dell’imposta sul valore aggiunto che va a gonfiare il costo di beni e servizi. In realtà, però, non è ancora chiara l’entità della manovra.
5. Come ci arriviamo a fine anno?
I sindacati hanno proposto di prorogare la cassa integrazione: questo dovrebbe costare allo Stato tra i 4 e i 5 miliardi al mese. Solo questo, quindi, avrebbe costi molto più alti del nuovo deficit in più (detto “scostamento”) di 10 miliardi. Poi sarà necessario prendere in mano la questione Comuni: le entrate degli enti locali sono letteralmente crollate e servirebbero altri 3 milardi. Sarebbero poi da accantonare dei fondi per le regioni e per la spea sanitaria, oltre al Fondo di garanzia sul credito per le piccole e medie imprese. La richiesta di finanziamenti garantiti si pensa che possa arrivare al centinaio di miliardi nelle prossime settimane. Il governo, quindi, dovrebbe decidere a quali esigenze fare fronte. Impensabile pensare di rispettare le regole sul deficit previste dalla Commissione europea (oggi fissato all’11% del PIL). Altra pagina nera sicuramente quella del debito pubblico, ben oltre il 158%.
6. E quindi il Mes?
In questa situazione, richiedere il prestito a tasso zero da 37 milardi previsto dal famigerato Mes sarebbe manna dal cielo. Sì, ma a quali condizioni? Non è chiaro, o meglio: forse nessuno vuole ancora accennare alla politica di ulteriori lacrime e ulteriore sangue a cui l’accesso al prestito ci sottoporrebbe.
7. Si taglieranno le tasse?
La maggioranza intanto preme per ridurre altre tasse oltre all’Iva. Particolarmente pregnante appare la questione relativa al cuneo fiscale: si tratta essenzialmente della differenza tra costo del lavoro e importo netto in busta paga. L’ideale sarebbe ridurre il prelievo su alcuni scaglioni Irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche. L’ipotesi sembra già difficile da realizzare: c’è già stato l’ecobonus, sono già saltate le clausole di salvaguardia e il deficit è aumentato strutturalmente di circa 35 miliardi annui. Il problema, infatti, non sta solo nella pandemia, ma nella situazione fortemente compromessa in cui versa il nostro Paese: non è certamente una novità. E’ ancora sostenibile aumentare il debito?
8. Ci saranno crisi sui mercati?
La BCE dice di no, nonostante le imponenti manovre sulla finanza pubblica. Per ora, solo una cosa è certa: i rendimenti dei titoli italiani sono bassi e quindi gli investitori percepiscono come basso il rischio dell’insolvenza dello stato. C’è da dire che però i rendimenti sono comunque più alti di quelli della Grecia: significa che gli investitori non sono molto attirati dai nostri titoli e per farlo abbiamo bisogno di garantire interessi più alti rispetto al resto d’Europa. La situazione non è quindi molto rosea.
9. E’ normale il ruolo delle banche?
In questa crisi, le banche si sono schierate a favore dello Stato, aumentando la quantità di titoli pubblici italiani nei loro bilanci tra il mese di gennaio e di aprile. Praticamente hanno supportato l’Italia con l’acquisto del debito pubblico. Perché sono buone e brave? No, o meglio: non solo. Si tratta anche di un affare che rende l’1,3% di interessi, visto che le banche si finanziano tramite la BCE a interessi negativi. Lo Stato ha ricompensato l'”atto d’amore” delle banche, perché garantirà il credito concesso alle imprese per oltre 100 miliardi. Questo legame a doppio filo potrebbe rappresentare un problema: le banche potrebbero essere tentate di prestare denaro senza porre troppa attenzione, perché tanto, se le aziende non fossero in grado di ottemperare ai pagamenti, ci metterebbe una pezza lo Stato e, quindi, il contribuente.
10. E adesso che si fa?
Sul piatto ci sono tematiche molto delicate e il tempo per affrontarle è risicato. Conte è ottimista riguardo all’approvazione di un accordo europeo sul Recovery Plan per il prossimo mese, senza ribaltoni estivi sui mercati. Staremo a vedere se gli Stati Generali saranno serviti a qualcosa o se, come spesso si rischia, si è fatto solo un gran parlare. E niente: adesso si aspetta.
Elisa Ghidini