In 79 episodi, in onda tra il 1966 e il 1969, Star Trek raccontava le vicende dell’equipaggio della nave stellare Enterprise mentre esplorava la galassia. Contatti con civiltà aliene, imprese contro minacce cosmiche, viaggi nel tempo o in altre dimensioni: quasi tutti i temi fondamentali della science fiction venivano affrontati con estrema originalità e intelligenza.
Se all’epoca la fantascienza televisiva era di solito considerata poco più di un riempitivo per ragazzi, Star Trek ebbe invece il pregio di presentare una fantascienza adulta, più vicina alla tradizione letteraria che a quella televisiva.
Come nacque Star Trek?
Quando, nel 1964, Gene Roddenberry presentò il progetto ai poco avventurosi produttori della CBS e della NBC, lo descrisse come una saga western ambientata nello spazio.
In seguito, ottenuto il nulla osta, dovette lottare per far accettare le sue idee poco ortodosse. Volle innanzitutto un’astronave costruita con criteri rigorosi; stabilì al suo interno una catena di comando razionale; ideò tecnologie futuristiche, ma convincenti.
Insomma, per quanto fantascientifico, il mondo di Star Trek doveva apparire reale.
Il rigore come parola d’ordine
Roddenberry fu estremamente attento nella selezione delle sceneggiature, per le quali ottenne la collaborazione di alcuni dei maggiori scrittori e sceneggiatori di science fiction: Richard Matheson, Theodore Sturgeon, David Gerrold, Robert Bloch, Norman Spinrad, Harlan Ellison, D.C. Fontana sono i primi nomi che vengono in mente. E possiamo ancora aggiungere Fredric Brown e Robert A. Heinlein come ispiratori di alcuni dei migliori episodi. Ciò spiega l’impressionante catalogo di idee presentate in Star Trek: l’universo-specchio, la macchina distruttrice di pianeti, i triboli, la monocellula cosmica, il trasferimento della coscienza, esseri di pura d’energia, cervelli in bottiglia.
L’importanza di un approccio razionale
Roddenberry, la cui visione del mondo si basava su una forma di umanesimo positivista, era convinto del valore assoluto della ragione e intendeva tratteggiare una civiltà in equilibrio tra sviluppo scientifico, etico e sociale. Nel futuro mondo dov’è ambientato Star Trek, i tratti istintivi, brutali e irrazionali della nostra specie sono stati superati grazie all’educazione e al raziocinio. Raggiunta la propria maturità, l’umanità, ormai parte di una vasta alleanza inter-specie – la Federazione dei pianeti uniti –, è libera di esplorare la galassia, cercando di ampliare i propri orizzonti attraverso il contatto con il diverso e con l’alieno.
La scelta dei personaggi
Roddenberry stabilì innanzitutto un equipaggio che rappresentasse l’intera umanità. Se era inevitabile la presenza di un comandante a stelle-e-strisce, il capitano Kirk, tra i suoi ufficiali vi erano un timoniere asiatico (Sulu), un navigatore russo (Čechov), una linguista africana (Uhura), un ingegnere scozzese (Scott).
Va ricordato che ci troviamo negli anni segnati dalla guerra fredda e dai movimenti per i diritti civili degli afroamericani.
La produzione riuscì a fare eliminare a Roddenberry il primo ufficiale donna. Ma egli lottò per tenere nello staff l’ufficiale scientifico extraterrestre, in modo da poter osservare l’umanità da un punto di vista laterale. E Spock sarebbe diventato un personaggio a dir poco iconico.
Il contributo alla lotta contro il razzismo
Nel microcosmo dell’equipaggio dell’Enterprise si rappresentava una società oltre le differenze razziali e di genere. Il motto vulcaniano, “infinite diversità in infinite combinazioni”, era anche lo spirito ideologico che animava la serie.
Certo, a guardare Star Trek con gli occhi di oggi si notano tanti dettagli che stridono non poco con la nostra politically correctness. Tuttavia, che la bella Uhura fosse presente sul ponte di comando, nonostante avesse raramente ruoli di rilievo, fu salutato come un fatto importantissimo da Martin Luther King e fu d’esempio e di sfida per i neri americani del tempo.
L’analisi della società
Le caratteristiche del mezzo fantascientifico permettevano a Roddenberry di illustrare le sue idee sulla società attraverso la metafora dei mondi alieni visitati dall’Enterprise.
Star Trek è un campionario di esperimenti sociali: culture dominate da teocrazie, da gangster, da nazisti; un mondo che aspira a diffondere una pandemia per combattere la sovrappopolazione; una Terra devastata da una peste artificiale che ha lasciato in vita soltanto i bambini; un pianeta impegnato in una guerra simulata al computer, dove le vittime sono selezionate con un algoritmo prima di venire eliminate fisicamente.
Lo sguardo degli spettatori è veicolato attraverso il punto di vista degli uomini del futuro, che portano in sé la consapevolezza del passato della propria specie (che è il nostro presente); ma anche attraverso quello degli alieni, Spock in primis, che analizza il comportamento umano tra le maglie di una logica implacabile.
Esistiamo solo se sappiamo comunicare
Il tema della comunicazione è centrale in Star Trek. Sia che si tratti di una specie isolazionista che si difende proiettando realtà illusorie (e che andranno quindi dissipate sviluppando una consapevolezza che superi gli inganni dei sensi, in Lo spettro di una pistola), sia che si tratti di una specie priva di linguaggio che comunica condividendo le emozioni (Il diritto di sopravvivere), la sfida alla comprensione di chi è diverso da noi è un asse portante della serie. I “mostri” non sono esseri da eliminare, ma creature con le quali comunicare. Come la horta che massacra i minatori e che si rivelerà essere in realtà una madre che tenta di difendere le proprie uova (Il mostro dell’oscurità).
L’episodio La bellezza è verità? ci mostra la solitudine degli esseri umani, rinchiusi nella loro pelle linguistica e incapaci di profonda condivisione.
«Quanto sono compatti i vostri corpi», dice l’ambasciatore medusiano Kollos. «E che varietà di sensi avete! Questa cosa che chiamate linguaggio… notevole. Ne siete dipendenti, ma ne siete davvero padroni? Ma, soprattutto… la vostra solitudine. Vivete la vostra vita racchiusi in questo… guscio di carne. Isolati. Separati. Quanto siete soli!»
Qual è la buona fantascienza?
A definire la fantascienza come tale non sono i suoi contenuti esteriori (come astronavi e alieni), ma l’idea che vi è sottesa alla base. La fantascienza è quel genere a cui interessa speculare sui “se” della realtà, della scienza e della società, ed è buona fantascienza quando riesce a scuotere in modo intelligente le nostre abitudini e strutture mentali.
Ma se cambiamo i presupposti della realtà, dobbiamo costruire un nuovo sistema di valori. La migliore fantascienza non introduce solo delle varianti speculative, ma ci ridisegna come esseri umani nel nuovo contesto portandoci a nuovi ordini di significato.
Star Trek compie egregiamente questi compiti
Il viaggio nello spazio è svolto sia come itinerario conoscitivo che metafisico. L’incontro con l’altro si risolve sempre in senso inclusivo: l’uomo riscopre sé stesso dal confronto con nuovi valori e filosofie, scoperta che non comporta solo un accrescimento della nostra sfera di conoscenza, ma della stessa definizione di “umanità”, che viene a includere anche l’alienità.
La “frontiera” di cui la serie disegna il progressivo ampliamento, ricolloca l’umanità in una nuova prospettiva: Star Trek è un continuo interrogarsi sulle sorti future della nostra evoluzione.
Come ha cambiato il mondo Star Trek?
La produzione di Star Trek chiuse nel 1969, dopo sole tre stagioni. Non tutti gli episodi furono all’altezza delle premesse e, soprattutto nella terza stagione, si registrano diverse cadute.
Ciò non inficia il risultato complessivo: Star Trek è la migliore serie di fantascienza mai comparsa in televisione. Il suo valore cominciò a venire riconosciuto nel corso delle repliche, nei primi anni Settanta, e le istanze progressiste che costituivano la visione utopistica di Roddenberry, fondate sul culto della scienza e sul primato dell’etica, influenzarono incisivamente la controcultura statunitense.
Il triste e ingiustificato declino
Il successo di Star Trek portò negli anni successivi alla produzione di altre quattro serie e dieci film cinematografici. L’insieme mantenne una certa coerenza sebbene, dopo la morte di Roddenberry, nel 1991, si assistette a un progressivo slittamento dei suoi princìpi utopistici.
È un peccato che, al traguardo del nuovo secolo, quest’idealismo sia andato perduto. I film e le serie prodotti dopo il 2000, che non ho considerato nel computo, sono show d’intrattenimento. Pure scene d’azione da seguire durante la consumazione di qualche sacchetto di popcorn.
Una serie che, ai suoi esordi, aveva reso adulta la fantascienza televisiva, è ritornata a intrattenimento infantile per un pubblico di poche pretese.
Oggi si offrono cose modaiole per accontentare il pubblico, ma ci si dimentica che l’importante è invece affrontare il mondo e i suoi problemi da un punto di vista razionale ed etico.
In caso contrario, non possiamo aspettarci alcuna salvezza.
Claudia Maschio