L’Italia è sicuramente la patria dei grandi navigatori, della buona cucina, del mare, del sole e della pizza. Un paese che è caduto mille volte ma che ha sempre trovato la forza di rialzarsi. Terra di poeti, partigiani e magistrati, spaccata dalle due guerre, dagli anni di piombo e dalla mafia. Palcoscenico di Gaber, Modugno, Vecchioni e Celentano, paese dalle mille piazze e dai mille problemi, Italia dei dialetti divisa tra Sud e Nord, speranza di chi arriva da lontano e croce per chi ci muore. Ma è sui suoi stadi, sulla loro storia e sui loro nomi che si concentrerà questo viaggio.
Dal San Siro di Milano all’Angelo Massimino di Catania, la storia calcistica del nostro paese è passata dai campi delle principali città della penisola. In un periodo così difficile in cui la pandemia ha di nuovo impedito l’ingresso negli stadi, la nostalgia per i momenti felici si fa sentire. Cristiano Ronaldo, Ibrahimović e Lukaku sono “solo” gli ultimi, in ordine cronologico, di una serie di campioni che hanno danzato, corso, sudato ed esultato sui campi italiani. Basti pensare a Meazza, Maradona, Platini, Gullit e Ronaldo Fenômeno per rendersi conto di quante storie gli stadi d’Italia possono raccontare. Ma a chi sono davvero intitolati e perché?
Il San Siro / Giuseppe Meazza di Milano
Le origini del mito
Roberto Vecchioni, parlando di uno degli stadi che ha fatto la storia del calcio italiano e dell’Italia intera, cantava così:
Luci a San Siro di quella sera, che c’è di strano, siamo stati tutti là, ricordi il gioco dentro la nebbia? Tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là…
E subito le sue parole si stamparono nei cuori di tutti gli italiani, milanisti, interisti e non. Lo stadio, realizzato dall’architetto fiorentino Ulisse Stacchini e dall’ingegnere Alberto Cugini nel 1925, fu fortemente voluto e finanziato dal presidente rossonero Piero Pirelli. L’inaugurazione, tenutasi il 19 settembre 1926, venne affidata all’amichevole Milan vs Inter, primo derby della sua storia, vinta dai nerazzurri per 6 a 3. Fu proprio in questa occasione che venne ribattezzato “San Siro”. Circa due settimane più tardi, il 3 ottobre, i rossoneri persero anche all’esordio in Serie A per 2 a 1 contro la Sampierdarenese.
Il 1935 fu l’anno della prima grande svolta. Dopo essere stato acquistato dal Comune di Milano, il San Siro venne subito ampliato. Le quattro tribune rettilinee originali vennero raccordate da altrettante curve e la capienza delle due di testata fu aumentata. Dai 35.000 iniziali, l’ingegner Bertera e l’architetto Perlasca lo portarono a ben 55.000 spettatori totali.
Giuseppe Meazza, il simbolo di Milano
Dal 1941 al 1945, mentre l’Italia era nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, l’A.C. Milan si trasferì temporaneamente all’Arena Civica “Gianni Brera”. La penuria di corrente elettrica, infatti, non permetteva ai tram di arrivare fino al San Siro, costringendo i rossoneri ad accorciare le distanze. Nell’immediato dopoguerra, a partire dalla stagione 1947-48, lo stadio ospitò anche le partite dell’Inter.
Il 3 marzo 1980, a un anno dalla morte dello storico giocatore di entrambe le squadre, lo stadio venne intitolato a Giuseppe Meazza. Simbolo eterno dell’Inter e miglior marcatore della sua storia, il due volte campione del mondo è parte integrante della storia della città, al pari di Sant’Ambrogio e Alessandro Manzoni.
Averlo in squadra significava partire dall’1-0.
Vittorio Pozzo
E guai a toccare Peppìn! Rapido nei movimenti, gran tiratore e agile come un funambolo, Meazza fu, a seconda dei casi, una mezzala e un’ala di grande spessore che fece innamorare l’Italia intera.
Gli stadi del derby siculo: dal Barbera al Massimino
Il derby tra Palermo e Catania è da sempre uno dei più accesi ed emozionanti del nostro calcio. Tanti sono stati i talenti ad aver giocato in rosanero o rossoazzurro, basti pensare a Miccoli, Mascara, Cavani e Dybala. Negli anni, l’importanza dei due simboli di questa rivalità atavica, il Renzo Barbera e l’Angelo Massimino, è rimasta intatta nonostante le burrascose vicende che hanno coinvolto entrambe le società. La speranza per il futuro resta quella di poter rivedere questa sfida ai massimi livelli del calcio italiano.
Il Renzo Barbera di Palermo
Progettato dall’architetto Giovan Battista Santangelo nel 1931, lo stadio fu inaugurato il 24 gennaio dell’anno successivo con il trionfo per 5 a 1 del Palermo sull’Atalanta. Quell’anno vide i rosanero arrivare in Serie A per la prima volta nella loro storia. Inizialmente il regime fascista gli attribuì il nome “Littorio” ma, a distanza di cinque anni, venne dedicato all’ex giocatore Michele Marrone, morto durante la guerra civile spagnola con il grado di ufficiale dei Bersaglieri.
Con la fine della guerra e la caduta del fascismo, il vecchio Michele Marrone divenne “La Favorita“, dal nome della tenuta di Ferdinando I di Borbone sulla quale era stato costruito. Questa denominazione rimase fino al 18 settembre 2002, a pochi mesi dalla morte dello storico presidente rosanero Renzo Barbera. Fu proprio lui a dare il nome all’impianto in cui aveva visto giocare i suoi ragazzi durante i suoi dieci anni in dirigenza.
Lo Stadio Massimino di Catania
Nel 1935 il progetto dell’architetto Raffaele Leone venne realizzato nel quartiere Cibali di Catania, da cui prese il nome. Il debutto avvenne due anni più tardi e vide i padroni di casa imporsi per 1 – 0 sul Foggia.In epoca fascista, il regime lo dedicò a Italo Balbo ma, al termine della guerra, si ritornò alla vecchia denominazione. Nel 2002, a quattro anni dalla scomparsa del Presidentissimo rossoazzurro Angelo Massimino, lo stadio cambiò nuovamente il proprio nome in onore dello storico dirigente catanese.
Il Luigi Ferraris, a metà tra Genoa e Samp
Il Luigi Ferraris di Genova, anche conosciuto come Marassi (dal nome del quartiere in cui sorge), è lo stadio ancora in funzione più antico d’Italia. Inaugurato nel 1911 con la partita tra Genoa e Inter, esordì con il nome “Campo di Via del Piano“. L’impianto, edificato nel 1910 per volere del presidente genoano Edoardo Pasteur, era adiacente alla “Cajenna“, il campo dei rivali dell’Andrea Doria. I diversi terreni di gioco erano separati da uno steccato per la cui manutenzione i rossoblù si facevano pagare ben 200 lire annuali più altre 1000 di indennizzo.
Con il favore del regime fascista, il Genoa acquistò il campo dei rivali e vi costruì la nuova tribuna nord, quella che, per uno scherzo del destinò, diventò presto il ritrovo degli ultras più sfegatati del Grifone. Il 1° Gennaio 1933, a un anno dal termine dei lavori di ampliamento, il nuovo stadio fu inaugurato ed intitolato a Luigi Ferraris, storico capitano rossoblu morto durante la Prima Guerra Mondiale. In onore della bandiera genoana, la dirigenza fece seppellire la sua medaglia d’argento al valor militare sotto la Gradinata Nord dello stadio.
Il Renato Dall’Ara di Bologna
Costruito nel quartiere “Saragozza” di Bologna, lo stadio nacque per volere del regime fascista con il nome “Littoriale“. I lavori durarono un’anno circa, dal 12 giugno 1925 al 29 ottobre 1926, mentre l’inaugurazione avvenne dopo appena due giorni dalla chiusura del cantiere. La mattina del 31 ottobre del ’26, Benito Mussolini in persona entrò trionfalmente nello stadio a cavallo e, nel pomeriggio, scampò alla pallottola del giovane anarchico Anteo Zamboni, poi ucciso in loco da alcuni squadristi.
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Il campo, però, debuttò l’anno successivo con la partita del 29 maggio 1927 tra Italia e Spagna. Gli azzurri portarono a casa la vittoria e Adolfo Baloncieri ebbe il merito di segnare il primo goal della storia dello stadio bolognese. Con la caduta di Mussolini, il nome dell’impianto fu cambiato in Stadio Comunale, mentre nel 1983 divenne finalmente il Renato Dall’Ara. Lo storico presidente del Bologna guidò i suoi ragazzi per 30 anni e conquistò ben 5 campionati nazionali. Morto appena 3 giorni prima della sfida scudetto del 1964 contro l’Inter, Dall’Ara non riuscì a festeggiare il quinto ed ultimo trionfo della sua carriera.
L’Artemio Franchi
Lo stadio della Fiorentina sorge nel quartiere di Campo di Marte ed è il quinto impianto sportivo più capiente d’Italia. Costruito per volere del marchese Luigi Ridolfi da Verrazzano, anche il Franchi affonda le proprie radici in epoca fascista. Il progetto degli ingegneri Pier Luigi Nervi e Gioacchino Luigi Mellucci fu realizzato da due imprese di costruzione: la Nervi e Nebbiosi e la Pelagatti e Vignoli. La prima si occupò della struttura dello stadio, mentre la seconda al campo da gioco e ai sistemi di drenaggio. I lavori, comprensivi dei test di collaudo, durarono ben 4 anni (1930 – 1934) e costarono complessivamente oltre 6.500.000 di lire.
Il primo nome dello stadio fu “Giovanni Berta“, in onore del noto squadrista fiorentino assassinato da militanti comunisti nel 1921. Insignito dal regime del titolo di “Martire della Rivoluzione Fascista“, gli era stato dedicato anche il gruppo rionale del quartiere dove sorgeva l’impianto sportivo. Il 13 settembre 1931, al termine della fase più massiccia di costruzione, la Viola esordì nel nuovo stadio contro gli austriaci dell’Adria Vienna, vincendo per 1 – 0 con la rete di Pedro Petrone Schiavone. Con la caduta del fascismo il Giovanni Berta divenne “Stadio Comunale” mentre il 26 novembre del 1991 fu intitolato ad Artemio Franchi. Il dirigente di origine senese fu segretario della Fiorentina, Presidente della FIGC quando gli Azzurri vinsero l’Europeo del 1968 con Ferruccio Valcareggi, Presidente dell’UEFA, Vice della FIFA e padre del centro tecnico di Coverciano.
L’Ennio Tardini di Parma
Costruito per volere del presidente Ennio Tardini dal 1922 al 1924, lo stadio prende il nome dal dirigente scomparso prima della fine dei lavori. Durante gli anni del fascismo, l’impianto venne intitolato a Walter Branchi per poi ritornare al vecchio nome con la caduta di Mussolini. Lo stadio dei ducali è stato teatro dell’incredibile cavalcata verso la Coppa UEFA 1999 da parte dei ragazzi di Alberto Malesani. Insieme al Luigi Ferraris di Genova, il Tardini è uno degli stadi italiani più antichi ancora in funzione. La curva nord, quella che ospita gli ultras del Parma, è dedicata alla memoria di Matteo Bagnaresi, tifoso tragicamente scomparso il 30 marzo 2008 mentre stava andando a Torino per la partita contro la Juventus.
Con il loro bagaglio infinito di ricordi, storie ed emozioni, gli stadi d’Italia sono stati testimoni di gioie e dolori, di eventi storici e delle trasformazioni del nostro paese. Ecco perché sarebbe importante conoscerne i segreti e tramandarli anche ai più giovani o a chi non s’intende troppo di calcio. Come il Tardini, il San Siro, il Franchi o il Ferraris esistono tanti altri stadi su cui si potrebbero scrivere pagine intere, ma questo viaggio termina qui, almeno per il momento. Negli ultimi anni le diverse società hanno presentato progetti per il rifacimento degli impianti storici o, addirittura, per la costruzione di nuovi stadi. Questo fa riflettere perché, per quanto sia giusto assecondare il progresso e l’evoluzione, forse sarebbe doveroso non minacciare mai luoghi simbolo di un paese né tantomeno la loro eredità storica e sociale.
Alessandro Gargiulo