La Squadra Olimpica dei Rifugiati è un team di atleti che permette la partecipazione ai Giochi olimpici di alcuni atleti riconosciuti dall’UNHCR come rifugiati, ovvero persone costrette a fuggire dal loro Paese a causa di persecuzioni, guerre o violenze.
Nell’edizione delle Olimpiadi di Parigi 2024 36 atleti comporranno la Squadra Olimpica dei Rifugiati, di cui due residenti in Italia.
La nascita della Squadra Olimpica dei Rifugiati e le Olimpiadi di Parigi 2024
La prima Squadra Olimpica dei Rifugiati è stata istituita nell’ottobre del 2015 e ha partecipato per la prima volta ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro nel 2016. Questa squadra, che gareggia ai Giochi come qualsiasi altra nazione, con una propria bandiera e inserita nel medagliere, è stata creata per permettere agli atleti d’élite che rientrano nella categoria di rifugiati di competere, nonostante non possano rappresentare una bandiera nazionale.
Nell’edizione di Rio de Janeiro la squadra dei rifugiati era composta 10 da atleti, mentre nell’edizione di Tokyo 2021, rinviata di un anno a causa del Coronavirus, ne erano presenti 29. La squadra per Parigi 2024 sarà invece composta da 36 atleti e atlete, 23 uomini e 13 donne, provenienti da 11 Paesi diversi che gareggeranno in 12 discipline, dall’atletica alla lotta, dal ciclismo su strada alla canoa. Per la prima volta la delegazione gareggerà sotto un proprio simbolo, che darà maggiore identità alla squadra.
I 36 atleti selezionati, sono stati annunciati a inizio maggio dal Presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) Thomas Bach. Alla cerimonia è intervenuta anche Masomah Ali Zada, Chef de Mission della Squadra Olimpica dei Rifugiati, ciclista di origini afghane che aveva partecipato ai Giochi Olimpici di Tokyo 2021.
«Tutti voi avevate un sogno e oggi il vostro sogno di gareggiare ai Giochi Olimpici è più vicino che mai. Con tutte le sfide che avete affrontato, ora avete la possibilità di ispirare una nuova generazione, rappresentare qualcosa di più grande di voi e mostrare al mondo di cosa sono capaci i rifugiati».
Uno degli obiettivi del CIO attraverso al squadra è anche quello di mandare un messaggio di speranza per 100 milioni di rifugiati in tutto il mondo ma soprattutto per tenere alta l’attenzione pubblica sul dramma della crisi dei rifugiati.
Per la prima volta presenti due atleti rifugiati residenti in Italia
La grande novità del 2024 è il fatto che a rappresentare la Squadra Olimpica dei Rifugiati ci saranno anche due atleti residenti in Italia: Iman Mahdavi, atleta di lotta libera di origini iraniane, e Hadi Tiranvalipour, atleta di taekwondo sempre iraniano. È proprio l’Iran, con 14 atleti, la nazione più rappresentata all’interno della Squadra Olimpica dei Rifugiati, seguita da Siria e Afghanistan.
«La selezione di Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour per le Olimpidi di Parigi 2024 è senza dubbio un traguardo importantissimo non solo per i due atleti selezionati ma per ciò che esso rappresenta per la causa dei rifugiati e per l’Italia che li ha accolti. Le persone in fuga sognano di poter ricostruire il proprio futuro in sicurezza e dignità. Troppo spesso la narrazione che li riguarda mette in luce solo i bisogni primari tralasciando il talento, il coraggio e la determinazione che portano con sè […]».
Questa la dichiarazione di Chiara Cardoletti, rappresentante UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino.
Quella di Iman Mahdavi, come quella di tutti gli altri, è anche una storia di riscatto attraverso allo sport. L’atleta ha però rilasciato una dichiarazione molto eloquente sulla situazione di tutti questi, e molti altri, atleti e atlete: «Ovviamente ogni atleta vorrebbe partecipare con la bandiera del proprio paese, ma purtroppo questo sogno non mi è stato concesso. Non potendo più tornare in Iran, mi piacerebbe un giorno gareggiare per l’Italia. Quando mi chiedono di dove sono, oggi rispondo refugee Italia».
Nella palestra di Pioltello, cittadina dove si allena Iman Mahdavi, è festa grande da quando è uscita la comunicazione della convocazione dell’atleta per le Olimpiadi di Parigi. Pioltello è tra l’altro il comune che si era trovato al centro di varie polemiche, quando proprio la scuola in cui si trova la palestra dove si allena Iman, aveva deciso di chiudere un giorno alla fine del Ramadan, come segno di rispetto per la comunità musulmana molto presente in questa cittadina il cui il 36% degli under 18 ha origini straniere.
Un progetto importante in una realtà disastrosa
Per quanto la Squadra Olimpica dei Rifugiati sia un progetto importante, la realtà più ampia rimane disastrosa. Infatti, all’interno della squadra, può gareggiare solo chi è stato riconosciuto dall’UNHCR come rifugiato, cioè colui “che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”, come recita l’articolo 1 della Convenzione di Ginevra del 1951. Da questa categoria sono esclusi quindi milioni di immigrati irregolari, migranti ritenuti clandestini, profughi e apolidi che non possono avvalersi dello status speciale di rifugiato deciso dall’UNHCR.
Rimane inoltre la questione della cittadinanza. Infatti, i partecipanti alla Squadra Olimpica dei Rifugiati, sono persone che si posizionano in mezzo, non potendo più gareggiare per il proprio Paese da cui sono fuggiti, né per il nuovo Paese che li ha accolti perché non ancora a tutti gli effetti cittadini di quello Stato. La questione della cittadinanza è una tematica spinosa, in Italia difficile da ottenere, anche se i meriti sportivi spesso possono portare a una velocizzazione della lenta macchina burocratica per l’ottenimento dei documenti. Questo è stato ad esempio il caso di Andy Diaz, triplista di origini cubane arrivato in Italia nel 2021 ma cittadino italiano solo da febbraio 2023. Andy Diaz, tra i primi posti nel ranking mondiale di salto triplo allenato dall’ex triplista Fabrizio Donato, potrà indossare la maglia della nazionale italiana dal 1° agosto 2024, giusto in tempo per le Olimpiadi di Parigi, dato che, al di là dei problemi burocratici, secondo il regolamento di World Athletics devono passare almeno tre anni dall’ultima gara fatta sotto un’altra bandiera per poter gareggiare per la nuova nazione.
È quindi necessario tenere sempre presente il quadro più ampio. La Squadra Olimpica dei Rifugiati permette di gioire della partecipazione di questi atleti ai Giochi Olimpici dato che sarebbero altrimenti impossibilitati, ma deve anche servire a mantenere alta l’attenzione sulla realtà circostante. La maggior parte dei migranti trova difficoltà ad ottenere lo status di rifugiato, una definizione stringente e non aggiornata, e devono affrontare complicati iter burocratici una volta arrivati nei Paesi di destinazione. Ogni persona che migra porta con sé una storia di vita alla ricerca di una vita più dignitosa. In questo modo, lo sport diventa uno strumento di riscatto, ma anche veicolo di informazione e istanze politiche, come è già successo più volte nella Storia.