“Napule è mille culure” cantava Pino Daniele, figlio di questa Napoli che merita di essere raccontata in tutte le sue sfaccettature. La città del sole è anche la città dai mille colori, dalle infinite sfumature, e non può, e non deve essere raccontata e rappresentata solo con tinte noir. Non è giusto identificare una città per un fenomeno malavitoso ed etichettarla in questo modo. Non è giusto che a farlo siano i figli stessi della città. Napoli non è solo un luogo, un punto sulla cartina geografica. È un modo di essere, una filosofia di vita unica al mondo, che il mondo conosce e ci invidia;perché come la pizza, non può essere riprodotta allo stesso modo in nessun’altra parte del mondo. Ci appartiene e il mondo non conosce la verità : “Napule è tutto nu suonno / e a sape tutto o’ munno / ma nun sanno a’ verità “ queste le parole di Pinuccio, che Napoli la conosceva e l’ha saputa raccontare in tutta la sua pienezza, e con tutte le sue contraddizioni. La diatriba tra Roberto Saviano ed il sindaco Luigi De Magistris, di qualche giorno fa, ha ferito Napoli e i napoletani, diatriba inutile e stucchevole. È iniziato tutto con un brutto fatto di cronaca occorso il 4 gennaio scorso al mercato di Forcella. Una sparatoria dove rimasero feriti una bambina di 10 anni colpita ad un piede e tre senegalesi. Sono finiti in carcere gli esecutori di quella che è stata a tutti gli effetti una spedizione punitiva ai danni dei venditori ambulanti senegalesi, rei secondo il clan Mazzarella, di condizionare l’andamento del mercato, praticando prezzi più bassi degli ambulanti nostrani, che per “colpa” degli stranieri hanno ridotto i loro introiti, e non solo. Un commerciante senegalese, si sarebbe giustamente rifiutato di pagare il pizzo, 20 euro, che il clan esigeva da tutti gli ambulanti. Brutta storia di camorra. Di buono c’è che Napule è mille culure, e si è ribellata con un “No” pronunciato da un figlio di un altro colore. Napoli sa rispondere, Napoli sa reagire e lo ha sempre fatto. Roberto Saviano, che di Napoli è un figlio, è dal 2006 , con l’uscita del suo celeberrimo libro “Gomorra” , che denuncia gli accadimenti e le ferite che la camorra ha inflitto alla città e ai suoi figli e figlie. Gomorra è a ragione un Best Seller mondiale. Ha ragione Saviano quando dice che la parola fa paura, che quando viene ripetuta, scritta, letta e trasmessa fa tremare i potenti, e che il silenzio è quello che vogliono per rimanere indisturbati al potere. Ha ragione lui come avevano ragione Giancarlo Siani o Peppino Impastato, entrambi ammazzati rispettivamente dalla camorra e dalla mafia. Lo stesso scrittore partenopeo è sotto scorta perché il pericolo che faccia la stessa fine è effettivamente elevato. I napoletani devono essere grati a chiunque abbia il coraggio di denunciare, ed io sono sicuro che lo sono anche a Roberto, che è stato in fin dei conti, colui che ha scritto quello che tutti noi sappiamo da sempre; a Napoli c’è la camorra. A Napoli c’è la camorra, è vero, ma non l’abbiamo mai negato. Quello che non ci va è , caro Roberto, è che dal 2006 ad oggi non sia cambiato nulla come hai scritto tu su Facebook. Napoli è una città complessa, difficile da governare; sanguigna, ribelle ed anarchica. Mal sopporta da sempre le imposizioni ed i governi in genere. Qui, se la sono vista brutta tutti i dominatori che si sono susseguiti nel corso dei secoli, lo sanno bene gli spagnoli che hanno avuto a che fare con Masaniello, ma anche i tedeschi e i fascisti che i napoletani hanno cacciato ben prima dell’arrivo in città delle truppe alleate. Noi sappiamo che la tua denuncia serve a far cambiare le cose, siamo in buona fede, e non crediamo nemmeno a De Magistris che ha dichiarato che “Sputtanando” la tua città, non fai altro che tirare acqua al tuo mulino, perché oramai, la critica feroce a Napoli, sarebbe diventata per te, una sorta di lavoro. Noi, assolutamente non lo crediamo. Sei in buona fede, lo sappiamo. La critica se è costruttiva va bene e fa bene. Noi sappiamo che tu lo fai perché ti piange il cuore, come del resto a noi, vedere la tua città piegata al volere di quattro delinquenti. A Napoli c’è la camorra, è vero, ma Napoli non è Gomorra. Basta, non ne possiamo più di portarci addosso questa etichetta. A Napoli c’è la camorra esattamente come a Milano, Torino o qualsiasi altra città italiana o del mondo. In molti si stupirebbero nel sapere che nella classifica delle città con più alto tasso di criminalità, Napoli è “solo” al 30°. Tutte del nord (Rimini, Milano, Bologna e Torino ) le capitali della criminalità, segno che qualcosa è cambiato per davvero, ed è innegabile, non lo diciamo noi “tifosi”, lo dicono i dati, e quelli sono freddi numeri e non possono mentire. Allora, a chi fa comodo che Napoli venga percepita da tutti come la capitale della criminalità? Perché i media continuano a farci vedere di questa città, le vele di scampia, i cumuli di monezza (che sono spariti da anni), i ragazzi sui motorini senza casco e via discorrendo? Perché Napoli, città di una storia e di una cultura impareggiabile deve essere rappresentata così? Perché a qualcuno fa comodo così. “Scarface“, quello di Brian De Palma, non è certo ambientato a Napoli, ma a Miami. Ma, chissà perché, nessuno ha mai identificato Miami con quel film, nessuno pensa alla città della Florida accostandola alla criminalità organizzata, come invece fanno tutti con Napoli e Gomorra. Quando si pensa a Miami si pensa al sole, non certo a Scarface, che nella “paranza dei bambini” napoletani che furono, era il personaggio da imitare. Adesso non lo è più, adesso ci sono i “Savastano“, sono loro le nuove “facce tagliate” da emulare. Io non so se questo renda Saviano “orgoglioso” di sé. Non credo che i napoletani, quelli onesti, che poi sono la stragrande maggioranza, gioiscano per questa cosa. Credo invece che, contro tutti e tutto, Napoli ce la farà .