In un recente studio, alcuni antropologi sostengono che gli sport di squadra promuovevano i tratti evolutivamente vantaggiosi tra i primi cacciatori-raccoglitori.
I biologi, in precedenza, suggerirono che il gioco, tra gli animali, ha uno scopo educativo. I giochi di inseguimento, ad esempio, possono aiutare gli animali a sviluppare la resistenza e la velocità necessarie per sfuggire ai predatori. Allo stesso modo, giocare a combattere può preparare gli animali per la lotta territoriale.
Il gioco come allenamento
I ricercatori ritengono che il gioco abbia offerto vantaggi simili agli esseri umani. Ma a differenza degli animali, gli umani partecipano sia ad attività di uno contro uno sia al gioco di squadra.
Giocare come compagni di squadra, ipotizzano gli antropologi, potrebbe aver aiutato gli umani a sviluppare le abilità e le strategie necessarie per abbattere i grandi predatori o razziare gli insediamenti di gruppi rivali.
Per verificare la loro teoria, i ricercatori hanno esaminato la letteratura scientifica sullo sviluppo di giochi di combattimento di coalizione tra le società di cacciatori-raccoglitori.
L’antropologa Michelle Scalise Sugiyama e i suoi colleghi dell’Università dell’Oregon hanno esaminato le descrizioni dei gruppi di cacciatori-raccoglitori nell’Atlante Etnografico, una banca dati compilata dal ricercatore George P. Murdock.
Giochi di guerra, giochi di vita
Il database ha rivelato prove di giochi di contatto tra team di cacciatori e raccoglitori in 46 delle 100 regioni di cultura documentate. I giochi di contatto più comuni implicavano l’uso di bastoni per colpire oggetti, e talvolta persone. Anche i giochi di calcio e gli sport che ricordavano il rugby erano popolari.
Queste prime forme di sport potrebbero aver offerto ai cacciatori-raccoglitori l’opportunità di imparare e perfezionare i tipi di manovre fisiche e le strategie di squadra necessarie per la caccia e il combattimento violento: manovre come colpi, blocchi, calci, schivate e lancio di proiettili.
Ha affermato Scalise Sugiyama in un comunicato stampa:
“È interessante notare come i giochi di guerra siano stati trovati nel 39% dei clusters culturali e nel 26% tra i ragazzi più giovani. Questo suggerisce che la motivazione a impegnarsi in combattimenti di gioco di coalizione emerge durante l’infanzia.”
Un’attitudine universale
Scalise Sugiyama e i suoi colleghi hanno dettagliato la loro teoria e le prove a sostegno questa settimana sulla rivista Human Nature.
Conclude Scalise Sugiyama:
“La diffusa evidenza di tali giochi tra le società di cacciatori-raccoglitori suggerisce che la motivazione per impegnarsi in loro è una caratteristica universale della psicologia umana, generando comportamenti che sviluppano, esercitano e affinano le abilità di combattimento coalizzate utilizzate nell’incursione letale.”
Roberto Bovolenta