L’isola è all’ultimo posto in Italia per quanto riguarda la natalità. Secondo l’Istat lo spopolamento in Sardegna è dovuto, oltre che ad un sempre crescente esodo di giovani, alla mancanza vera e propria di nascituri. E se da un lato non è un mistero il perchè si verifichi questo fenomeno, dall’altro bisogna comprenderlo al meglio per correre ai ripari. Per l’assessore alla Sanità e all’Assistenza sociale Luigi Arru l’unica risposta al problema della denatalità nell’isola è investire per la formazione e l’integrazione degli immigrati in modo da farne «una risorsa produttiva».
Noi o loro?
Si necessita fare un po’ di chiarezza sull’argomento, prima di tutto capire chi sono gli “immigrati”. Come noi, sullo stesso suolo e in questo caso, coinvolti anche loro nella tara del calo demografico. Niente di più, al di la dei preconcetti e del razzismo confezionato che ultimamente ci (Vi) piace così tanto. Persone che magari vivono qui da anni ma che mai sono state invitate a mangiare una seadas da passeggio sul lungomare di Cagliari o Alghero. Da questo parte l’integrazione, se il singolo non prende coscienza di quanto stupido sia targhettizzare il prossimo, la proposta, forse vincente, di Arru, rimarrà solo tale. “Le buone politiche sulla natalità adottate in Francia che hanno provocato un vero baby boom“.
Casa Nostra è tutto il mondo
Manca solo da convincere la collettività e questo certo è una fatica Erculea, in un mondo dove il diverso non è mai una soluzione, a meno che non siamo noi. E allora fino a che interventi come questo sembreranno la più azzardata delle assurdità, parole di un matto, continueremo ad andarcene anche noi, da “casa nostra” per atterrare in paesi dove grazie a dio o chi per lui, non si comportano come noi, dove i diversi siamo noi allo specchio, e se ci chiamano risorsa magari ci galvanizziamo anche. Dove un pupazzo appeso a una porta significa che li ci vive un bambino, poco importa se migrante o meno.
Stefano J. Bazzoni