Un uomo è nudo, in testa uno spit hood, le mani legate dietro la schiena. Trema, ha paura. La mente corre a quelle immagini tristemente note degli abusi dei militari USA sui prigionieri iracheni a Abu Grhaib.
Invece è tutto molto più vicino, non sono spaventosi crimini di guerra di cui ci giunge un’eco lontana. È un cittadino americano quello sdraiato sul freddo asfalto delle strade di Rochester, nello stato di New York. Ha la pelle nera, uno spit hood, un cappuccio antisputo calato sul capo mentre un agente gli schiaccia il volto a terra e un altro gli comprime il torace con le ginocchia. Si agita, urla, vomita. Ma gli agenti sembrano sordi alle sue richieste e improvvisamente cessa lo strazio delle grida di aiuto, cessano i movimenti inconsulti. L’uomo viene trasportato d’urgenza in ospedale, dove morirà sette giorni più tardi. Si tratta di Daniel Prude ucciso, secondo l’autopsia, da “complicazioni legate all’asfissia occorsa durante la contenzione fisica”. Il caso è stato catalogato come omicidio.
Si riaccende il dibattito
Mentre per le strade proseguono le proteste di Black Lives Matter, questo episodio mette sotto accusa il “razzismo sistemico” all’interno del corpo di polizia, sostiene Justin Mazzola, vicedirettore del gruppo di ricerca di Amnesty International USA, e l’uso degli spit hood.
Cos’è uno spit hood?
Già da decenni, negli Stati Uniti e in altri paesi, gli spit hood fanno parte dei dispositivi di autodifesa e contenzione fisica in dotazione alle forze dell’ordine. Si tratta generalmente di sacchi di rete a maglia fitta con un anello elastico per impedire che vengano auto rimossi e un’area rinforzata all’altezza di naso e bocca. L’uso dello spit hood dovrebbe proteggere i poliziotti durante le fasi di arresti particolarmente concitati, impedendo ai detenuti più aggressivi e alterati di morsicare o sputare. Secondo i sostenitori, questo strumento, proteggerebbe dalle malattie infettive trasmissibili attraverso la saliva e altri fluidi corporali di chi lo indossa.
Tuttavia la storia dello spit hood è controversa e numerosi sono i suoi detrattori.
I precedenti
Sebbene da un lato uno studio medico pubblicato nel 2019 abbia dimostrato che non si possono apprezzare “cambiamenti clinici significativi nei parametri fisiologici della respirazione mentre si indossa uno spit hood”, sono almeno dieci, solo negli Stati Uniti, i casi registrati in cui i detenuti sono deceduti in seguito a un arresto in cui è stato utilizzato il cappuccio anti-sputo. Anche se è difficile stabilire il ruolo svolto dallo spit hood in queste morti, i dati sono sufficienti per far sorgere dubbi circa la sicurezza del suo utilizzo.
Una reazione anche psicologica
Lo spit hood crea in chi lo indossa confusione e paura. Secondo le dichiarazione dell’avvocato Neil Gehlawat riportate dal New York Times, una persona incappucciata è sottoposta a un forte stress, il battito cardiaco può accelerare e la respirazione diventare difficoltosa. In alcuni casi sulle persone incappucciate erano già stati usati spray urticanti, che compromettono le capacità respiratorie.
Il rischio di soffocamento
Inoltre, in caso di sanguinamento copioso o vomito, con indosso uno spit hood il rischio di soffocamento aumenta in modo considerevole, in quanto il tessuto è disegnato per bloccare questo tipo di sostanze. L’incappucciamento poi impedisce ai poliziotti di monitorare lo stato di salute del preso. Infine aggiunge ulteriori preoccupazioni il fatto che manchino, negli USA, linee guida a livello nazionale sull’uso di questo strumento e una corretta preparazione degli agenti.
L’incomprensibile uso dello spit hood sui bambini
A suscitare particolare indignazione è l’uso di tale dispositivo coercitivo sui bambini.
Nel 2012 la polizia del Sussex utilizzò lo spit hood su una bimba di 11 anni affetta da problemi neurologici, impedendole di vedere un genitore per oltre 60 ore. “Uno dei più scioccanti esempi di minore disabile trattenuto dalla polizia” ha dichiarato l’avvocato della famiglia al The Guardian. Nel maggio del 2019 divenne virale un video che mostrava la polizia di Sacramento mentre incappucciava un dodicenne afroamericano durante il suo arresto.
La detenzione è di per sé un episodio spaventoso per un bambino, possiamo solo immaginare che trauma possa provocare essere incappucciati. Cosa passa per la testa di un agente quando cala uno spit hood sulla testa di un bambino? È barbaro e disgustoso.
La condanna di Amnesty International
Angosciante, degradante e potenzialmente letale, questo sinistro strumento medievale desta le preoccupazioni di numerose associazioni umanitarie. Da anni Amnesty International si interroga e interroga sulla possibilità che l’uso dello spit hood costituisca una violazione dei diritti umani. L’Articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo stabilisce che “Nessuno può essere sottoposto a tortura o trattamenti inumani o degradanti”. Risale infatti al 1997 la condanna da parte delle Nazione Unite dell’incappucciamento come tortura, posizione ribadita poi nel 2004.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che la polizia debba essere tutelata nello svolgimento del suo lavoro, ma riteniamo che sia altrettanto importante salvaguardare la dignità di coloro che alla polizia ricorrono con una richiesta d’aiuto e si ritrovano ammanettati e incappucciati.
Camilla Aldini