Spesso più che il male di vivere, ho incontrato il vivere male (e mi perdoni Montale). Con il giorno che dà un calcio a quello dopo per mandare avanti il tempo. Con la voglia di cambiare, ma non sapere da dove iniziare. Quel vivere male da dimissionari, quando il “fuori” non è più lo spazio dove tutto è possibile, il fuori è solo una minaccia, la fonte infinita di nuovi livori.
Spesso la paura di vivere ho incontrato. Perché vivere se ci rifletti è un’esperienza terrorizzante: abbiamo corpi (e peggio ancora mettiamo al mondo corpi) a cui può succedere ogni genere di sventura, siamo bombe a orologeria biologiche. Siamo delicati, sottili, con la pelle che ci fa sentire tutto e ci ostiniamo a correre con le forbici in mano. Fa paura vivere perché dura tantissimo se sei infelice e se stai bene dura niente.
Spesso (e per nulla volentieri) chi ti insegna a vivere ho incontrato. Ed immancabilmente mi ha infastidito, turbato. Per quanta esperienza tu abbia, è troppo poco tempo che sei su questa terra per venirmi a raccontare cosa è bene cosa è male. I saggi lo sanno e infatti non ti insegnano a vivere, al massimo rimpiangono di non avere più tempo per fare nuovi errori. Segui il cuore, ti dice uno, segui la mente, ti dice l’altro, ma per me vale sempre e solo l’agire a sentimento, che non vuol dire a istinto, vuol dire “a bontà tua”, “a umanità”, con tutta l’empatia che puoi, anche quando ti trovi di fronte a gente impossibile. È facile che dopo aver empatizzato l’altro continui ad essere detestabile, accade, ma almeno, una volta calato nei suoi panni, dovrebbe essere più facile dargli dei gran calcioni nel culo con le sue stesse scarpe.
Spesso la solitudine di vivere ho incontrato. Teneva a braccetto tutte le persone male accompagnate, anche da loro stesse. Chi è solo viene rassicurato: da qualche parte c’è la tua anima gemella. Ma io non faccio il paio nemmeno con me, figurarsi se ho voglia di trovarmi una gemella in cui specchiarmi e sputarmi. Io non voglio l’anima gemella, voglio l’anima sentinella, quella che ti gira attorno, vicinissima anche a distanza e ti guarda le spalle, si prende cura. Le anime sentinelle non si allontanano mai troppo, ascoltano se ti va di parlare, perlustrano il campo, ti danno il via libera o il resta, se è il caso di restare.
Poi c’è l’isolamento, che è diverso dalla solitudine, e raggela il sangue. Un corpo medio ha cute da accarezzare per circa due metri quadri, spanna più spanna meno, la dimensione di uno sgabuzzino che è sempre il posto più freddo di un appartamento. Quando non si è felici, nessuno accarezza il nostro corpo, non si è amati, ci si sente chiusi in uno sgabuzzino, dimenticati. È transitorio, bisogna ricordarselo, anche i regali di Natale se ne stanno chiusi per un sacco di tempo negli sgabuzzini o negli armadi, almeno finché arriva il loro momento.
E il momento arriva, perché spesso la sorpresa del vivere ho incontrato. La leggerezza improvvisa, lo sguardo che t’aggancia e che ti porta l’anima in salvo, l’allegria inattesa, la fatica che allenta la sua presa. E finalmente tutte le paure, le solitudini, i mali e i dolori che hai vissuto sembrano passanti distratti a cui non devi nemmeno un saluto.
Enrica Tesio