Come è cambiata la spesa per la cultura in Italia
L’Istituto Nazionale di Statistica(ISTAT) ha pubblicato un volume dove analizza e commenta i dati statistici che ha rilevato negli anni in merito alle dinamiche e le tendenze della fruizione del tempo libero e della partecipazione culturale del Paese.
In Italia le famiglie spendono solamente una piccola parte delle loro risorse per i consumi culturali. Ad aiutarle non c’è stata di certo la Pandemia di Covid-19. La quale ha peggiorato una situazione già molto preoccupante in termini di potere di acquisto dei cittadini.
L’inizio della serie storica disponibile per l’indagine sulle spese delle famiglie risale al 1997. Come si può vedere dal grafico la spesa media per il capitolo Ricreazione, spettacoli e cultura è in continuo calo. Si partiva da 148 euro mensili per arrivare a un massimo di 161 euro nel 2000. Per poi progressivamente scendere fino a un minimo di 121 euro nel 2013. Dopo una fase di stabilità (127 euro nel 2019), nel 2020 si è crollati fino a 93 euro di media. Se escludiamo il 2020 dall’analisi per via della sua natura anomala, la spesa per questo tipo di prodotti e servizi è comunque scesa in poco più di 20 anni del 14 per cento. Nonostante la spesa media totale sia aumentata del 17,1 per cento nello stesso arco temporale.
Chi spende di più per la cultura?
Nella tabella sottostante sono riportate, per il 2019 e il 2020, la spesa media mensile e la spesa media mensile per le attività culturali della persona di riferimento della famiglia in relazione al suo titolo di studio e al suo lavoro. Proprio per la particolarità del 2020, si considera il 2019 come maggiormente rappresentativo.
Rispetto al titolo di studio, la spesa media dedicata al capitolo Ricreazione, spettacoli e cultura nel 2019 è pari a 45 euro per le famiglie la cui persona di riferimento (Pr) ha al massimo la licenza elementare, 101 per quelle con Pr con titolo di secondaria inferiore, 158 per le famiglie con Pr con titolo di studio di secondaria superiore, e 222 euro per quelle con Pr almeno laureata.
Per quanto riguarda l’occupazione, sono gli imprenditori e i liberi professionisti a spendere di più per questi prodotti e servizi (236 euro mensili). Seguiti poi da dirigenti e impiegati (211 euro al mese). Tuttavia sono i secondi a destinare una quota maggiore della loro spesa totale (6,4 per cento rispetto a 6,0 per cento). Le famiglie la cui Pr è in cerca di occupazione o inattiva, ma non ritirata dal lavoro, destinano invece le quote minori.
Va però ricordato che molte attività culturali possono essere svolte senza alcuna spesa. Per esempio si può leggere un libro in biblioteca o si può assistere ad uno spettacolo gratuito. Quindi la spesa per libri, spettacoli, luoghi d’arte, per cultura in generale non è una misura esauriente del consumo culturale. Però può comunque essere considerata un indicatore delle preferenze espresse dalla popolazione in base ai propri gusti distintivi, influenzati dall’educazione e dagli stili di vita.
La pandemia e la spesa per cultura delle famiglie
In tutto il mondo, i settori culturali e creativi sono stati pesantemente colpiti dalla pandemia, in particolare quelli basati sulla fruizione in spazi fisici, come musei, teatri, cinema, arti dello spettacolo e dal vivo. Come conseguenza della situazione pandemica, la spesa delle famiglie per attività culturali, già storicamente piuttosto bassa, anche si è ridotta ulteriormente, perdendo in un anno il 26,4 per cento.
Se si guardano i dati pubblicati dalla Siae, il loro bilancio del 2020 si chiude con una perdita di 3,8 miliardi di euro. Le statistiche, inoltre, indicano che nel nostro Paese, da marzo a giugno 2020, sono stati cancellati oltre un milione di eventi di cinema, teatro, concerti e mostre. Questi corrispondono a 52 milioni di ingressi e a 745 milioni di euro di spesa complessiva del pubblico (biglietti, abbonamenti e altre spese). La spesa si è ridotta del 68 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019.
In controtendenza a quanto appena osservato, si collocano le attività indoor. La lettura di libri inverte per la prima volta il trend negativo degli ultimi otto anni e si attesta al 41,4 per cento di lettori (+1,4 punti percentuali rispetto al 2019) e anche gli hobbies, complici le restrizioni e il maggior tempo speso in casa, si caratterizzano per un trend in crescita.
Un trend analogo si ha per quanto riguarda la televisione. Ad aprile 2020, nel periodo del lockdown della prima ondata, questo mezzo conta più del 92 per cento di spettatori in un giorno medio tra la popolazione adulta. Questo dato era facilmente prevedibile. In quel periodo, infatti, la televisione era sostegno e informazione costante rispetto a quello che accadeva al di fuori delle quattro mura in cui tutti erano rinchiusi.
Il futuro delle attività culturali
La domanda che molti si pongono è se la migrazione forzata su piattaforme digitali che ha caratterizzato i mesi di restrizioni all’accesso in presenza abbia modificato solo temporaneamente la modalità di consumo di musei, cinema, teatro, musica oppure se abbia contribuito all’affermarsi di nuove modalità di fruizione della cultura. Le quali potrebbero continuare ad essere preferite a quelle in presenza anche in futuro. Sia per motivi di precauzione, sia per l’accesso più facile e senza limiti di orario e i minori costi diretti e indiretti (trasporto, soggiorno, eccetera).
I cambiamenti in atto sulla partecipazione culturale e le attività del tempo libero che hanno interessato le nostre vite hanno fatto emergere nuove riflessioni. Queste segnano le tracce per un possibile percorso di ridefinizione di quelle che possono essere considerate le attività di partecipazione culturale che tengano conto delle nuove forme di svago che si stanno diffondendo già da alcuni anni e che vedono nella rete il luogo virtuale in cui si realizzano.
Tutto questo sta ridefinendo i paradigmi alla base di quella che viene definita partecipazione culturale. Sperimentare una visita virtuale ad un museo in cui una guida ci accompagna seppur virtualmente ad esplorare i segreti di un’opera d’arte è davvero un’esperienza del tutto diversa da quella vissuta recandosi fisicamente allo stesso museo? Non può, invece, essere considerata una esperienza comunque culturalmente valida perché stimola conoscenza ed interesse?
Edoardo Pedrocchi