Lo studio che unisce spazio e archeologia è stato pubblicato su Nature.
Antichità cosmiche
Spazio e archeologia uniscono le forze in uno studio dell’Università di Sidney che descrive un antico “complesso globulare”. Questo complesso è ciò che rimane di un ammasso di stelle che la gravità della nostra galassia ha danneggiato due miliardi di anni fa. A detta dei ricercatori la scoperta è speciale perchè il complesso è composto da elementi più leggeri rispetto a quelli che ne compongono altri dello stesso tipo. L’evidenza suggerisce che questo particolare complesso globulare fosse unico nel suo genere e che il suo ciclo vitale fosse diverso dai complessi odierni. Ogni complesso globulare è una palla di milioni di stelle che orbitano attorno al nucleo galattico. Nella Via Lattea, la nostra galassia, ce ne sono circa 150, tanto antichi da aver visto la galassia crescere nel tempo.
Studiare un complesso globulare
Nel New South Wales si trova il telescopio Anglo-Australiano, essenziale per questo studio. Infatti, il macchinario ha osservato e misurato la velocità di un flusso di stelle nella costellazione della fenice. Grazie al suo occhio attento, i ricercatori hanno identificato il flusso come un complesso globulare. “Quando abbiamo capito quali stelle appartenessero al flusso abbiamo misurato la presenza di elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio” spiega Zhen Wan, autore principale dello studio. “Gli astronomi la chiamano metallicità. Ci ha sorpresi scoprire che il flusso della costellazione fenice fosse molto bassa”. Quindi, il complesso globulare in questione differisce dai suoi analoghi più recenti. “Anche se il complesso è stato distrutto miliardi di anni fa, possiamo comunque affermare che si sia formato nell’Universo giovane, grazie alla composizione chimica delle sue stelle.
Metallo pesante
Sulla chimica si combinano spazio e archeologia. Dopo il Big Bang solo elio e idrogeno esistevano in maniera sostanziale. Questi elementi hanno formato la prima generazione di stelle dell’Universo. Queste prime stelle sono state il luogo di forgiatura da cui sono apparsi per la prima volta gli elementi più pesanti, come il calcio, l’ossigeno e il fosforo che formano le nostre ossa. Normalmente si ritiene che i complessi globulari siano dipendenti da queste altre stelle e sarebbe quindi normale trovare solo complessi ricchi di elementi pesanti formatisi in stelle più antiche. Gli scienziati pensavano che questo comportasse una soglia minima di metallicità per la formazione di un complesso. Invece, quello della costellazione della fenice smentisce questa idea, perché ha una metallicità più bassa della soglia minima.
Il complesso stellare che non c’è
“Ci troviamo davanti a un complesso stellare globulare che per quello che ne sappiamo non dovrebbe esistere” afferma Daniel Zucker, co-autore dello studio. Secondo Tin Lin degli osservatori Carnegie, invece, “una spiegazione è che il Flusso della costellazione della Fenice potrebbe essere totalmente unico nel suo genere. Un reperto archeologico di un epoca con regole diverse, in cui i complessi globulari si formavano diversamente”. Un tempo numerosi, complessi come questo sarebbero stati distrutti dagli effetti gravitazionali delle galassie. Anche quello della costellazione della Fenice, che già è stato fortemente danneggiato dalla nostra galassia, un giorno scomparirà del tutto.
Brancolare nel buio dello spazio
“Abbiamo trovato ciò che resta del complesso prima che sparisse tra le luci della Via Lattea” commenta Wan. Ad oggi non abbiamo informazioni che ci permettano di situare questo complesso globulare sulla linea evolutiva della galassia. Non sappiamo neanche come si è formato davvero. Certamente lo studio permette di aprire nuove strade verso la comprensione della nostra galassia. Il Flusso della costellazione della Fenice è unico? “Quando in astronomia troviamo un nuovo oggetto, tendenzialmente significa che ne troveremo degli altri uguali” commenta a tal proposito Jeffrey Simpson, co-autore dello studio. “Flussi come questo portano la memoria di antichi complessi globulari come quello della Fenice, anche se non esistono più”. Secondo Li, lo step successivo riguarda “trovare altri resti antichi di complessi di questo tipo, se ce ne sono. Ci fornirebbe una notevole quantità di informazioni in più sull’Universo da giovane”
Daniele Tolu