Portare la ricerca e l’innovazione fuori dagli spazi istituzionali con lo scopo di rigenerare e cambiare uno spazio urbano. Questo è stato l’obiettivo che si sono dati il presidente Michele Bugliesi e il direttore Fabio Poles del Distretto Veneziano di Ricerca e Innovazione, alcune associazioni locali, Radio Ca’ Foscari e gli esercenti del campo veneziano S. Margherita, che negli ultimi anni è diventato sempre più un luogo di bevute, atti vandalici e risse anziché un luogo di incontro e cultura giovanile. Per rovesciare questa triste tendenza sono stati creati gli incontri del “Caffè d’Innovazione”.
Ho avuto il piacere di parlare di questo progetto con alcune delle organizzatrici Gabriella Travaglia e Chiara Bortolini, che mi hanno spiegato il leitmotiv di questo progetto.
L’intento era, infatti, quello di rispondere a una doppia esigenza della città: quella di riqualificare uno spazio diventato poco vivibile e quella di fare incontrare due realtà molto presenti in città ma che di fatto non dialogavano tra loro, ovvero quella dei cittadini residenti e quella dei ricercatori e universitari.
Attraverso un ciclo di incontri tra giornalisti, scrittori, residenti, universitari e ricercatori si è cercato di fare percepire quello spazio in modo diverso. Tra gli invitati: Luca De Biase, giornalista, ha fondato e guida Nòva, la sezione dedicata all’innovazione del Sole 24 Ore; Marco Boschini, coordinatore dell’associazione Comuni Virtuosi, giornalista e scrittore; Fabrizio Renzi, Direttore del reparto di innovazione e Technology di IBM; Alessandro De Carlo: Presidente dell’Ordine degli psicologi della regione Veneto; l’associazione Principi Attivi che si occupa di tematiche relative alla legalità, alla giustizia sociale, ai beni comuni, ai diritti umani, all’inclusione sociale; Barbara Schiavulli, scrittrice, giornalista, reporter di guerra e speaker radiofonica di Radio Bullets; Teatro a l’Avogaria di Venezia di Stefano Poli; Associazione MPG Cultura teatrino Groggia; Associazione Sul filo della memoria; e tanti altri.
L’appuntamento era nel tardo pomeriggio e continuava fino a sera con degli spettacoli teatrali. Come afferma Gabriella durante l’intervista «[…] nello spazio in cui prima bevevi soltanto, adesso ti sentirai più incline e a tuo agio nel parlare di automobili elettriche, di intelligenza artificiale e di politiche per la tutela dell’ambiente e riutilizzo dei beni confiscati alle mafie». L’innovazione è stata portata, così, all’interno di uno spazio pubblico.
Perché non utilizzare, quindi, il concetto di innovazione anche per gli spazi pubblici, come piazze, campi, giardini o strade? Attraverso la rigenerazione urbana e della vita culturale, con azioni partecipative, rivoluzionando l’utilizzo dello spazio pubblico dismesso, anche di un solo quartiere. Senza dovere utilizzare politiche restrittive o mettere forze dell’ordine per risolvere problemi di vandalismo o risse.
I disordini e le politiche restrittive dei mesi precedenti avevano causato disagi agli utenti residenti e non residenti, nonché danni economici agli esercenti del campo veneziano in questione.
Loro hanno risposto a questo problema attraverso la cultura e la partecipazione della cittadinanza.
Questo non è un problema presente solo a Venezia ma in molte altre città italiane, universitarie e non. Quello che ho visto realizzare a Venezia è una risposta rapida, efficace ed innovativa. Certamente la città si presta a questo tipo di iniziativa, perché Venezia è un grande centro storico pedonale e quando organizzi queste attività puoi coinvolgere facilmente un uditore occasionale e persone di passaggio.
Certo, ciò che a Venezia risulta un laboratorio a cielo aperto, in altre realtà urbane potrebbe risultare di più difficile realizzazione, ma non per questo impossibile o inutile.
Il progetto Caffè d’Innovazione funge da progetto pilota sia per la città lagunare ma anche per altri contesti. Naturalmente quando si parla di innovazione si è orientati verso l’orizzonte, il futuro, e spesso i risultati non sono immediatamente visibili, perché, come conclude Gabriella:
«[…] Innovazione diventa tangibile quando si notano le conseguenze che questa produce nel territorio, non è un processo istantaneo, ma progredisce gradualmente perché l’innovazione è sempre anche d’uso e si deve assimilare un nuovo modo di fare e vedere le cose per avere il cambiamento».
Giulia Saya