Sparatoria tra i capi ultras dell’Inter, morto Antonio Bellocco

Antonio Bellocco

Sparatoria in pieno giorno tra i capi ultras dell’Inter in un parcheggio a Cernusco sul Naviglio. Il capo della Curva Nord, Andrea Beretta, avrebbe ucciso con un coltellata Antonio Bellocco, ‘ndranghetista vicino al gruppo ultras, dopo aver ricevuto dallo stesso un colpo di pistola alla gamba. I due, come testimoniato dalle foto sui vari social degli esponenti della Curva, parevano essere in ottimi rapporti. Beretta ha dichiarato al suo legale: “mi sono solo difeso”.

L’episodio

Mercoledì mattina. Una smart è ferma nel parcheggio della palestra “Testudo” di Cernusco sul Naviglio, luogo frequentato dagli esponenti della Curva Nord, il gruppo ultras dell’Inter. Sulla vettura ci sono Andrea “Berro” Beretta, capo indiscusso della Nord e del suo nuovo direttivo, e Antonio Bellocco, ‘ndranghetista vicino al gruppo ultras.


I due sono ottimi amici e sono stati più volte visti insieme, l’ultima volta proprio la sera prima ad una partita di calcetto in occasione del compleanno di Marco Ferdico, leader insieme a Beretta dell direttivo della Curva. La situazione all’improvviso degenera: Bellocco spara a Beretta ferendolo ad una gamba e questi gli sferra due coltellate alla gola, uccidendolo.

Beretta viene trasportato all’ospedale San Raffaele, dove sarà operato, e dove si trova attualmente in stato di fermo. Sul posto sono arrivati subito i carabinieri e i mezzi di soccorso, anche se per Antonio Bellocco non c’era più nulla da fare. Sul luogo è arrivato anche il pm della Direzione Distrettuale Antimafia milanese, Paolo Storari, già titolare di un’indagine legata all’omicidio di Vittorio Boiocchi, storico capo della Curva Nord ucciso sotto casa sua nel 2022.

Il legale di Beretta, Mirko Perlino, ha riferito le parole del capo ultras: «Mi sono difeso, sennò mi ammazzava». Non è ancora chiaro il motivo della colluttazione tra i due esponenti del tifo organizzato interista, ma le forze dell’ordine e la Dda stanno indagando per far luce sull’accaduto.

Andrea Beretta e Antonio Bellocco

Amicissimi, pregiudicati ed entrambi parte del direttivo della Curva Nord; ora anche carnefice e vittima. Ma chi sono, e che rapporti hanno con il tifo dei campioni d’Italia Andrea Beretta e Antonio Bellocco?

Il primo è il capo del direttivo della Curva. Soggetto a daspo decennale e ad un divieto di entrare a Milano a causa della sua “grave pericolosità” sociale, “Berro” è diventato capo della Nord in seguito all’omicidio di Vittorio Boiocchi ed è sostenuto da tutto il direttivo del gruppo ultras, tra cui anche Marco Ferdico, portavoce della Curva e suo leader allo stadio. Ha una fedina penale di tutto rispetto: reati da stadio, furto, aggressione, minacce e coinvolgimento in una vasta operazione antidroga.

Il 49enne conosce bene l’ambiente criminale milanese e ne è parte integrante, per cui non c’è da stupirsi se è spesso presente fra i nomi che spuntano nelle inchieste sui legami tra tifo organizzato e criminalità.

Bellocco invece era un ultras acquisito. A differenza di Beretta non è da sempre vicino alla Nord ma si avvicina a questo mondo solo in seguito alla morte di Boiocchi, quando era arrivato a Milano dalla Calabria, dove il suo clan la fa da padrone.

Antonio Bellocco, detto “Totò”, è infatti figlio di Giulio Bellocco, morto ad Opera ad inizio anno sotto regime di 41 bis, e nipote del capobastone Umberto Bellocco. A suo carico, tra le altre cose, aveva una condanna definitiva a 9 anni per associazione mafiosa in quanto esponente rilevante della cosca e partecipante attivo in diversi dei suoi reati.

Dopo l’arrivo a Milano Antonio Bellocco ha iniziato a frequentare i luoghi della Nord, dal secondo anello verde alla palestra “Testudo”, e si era stabilito a Pioltello, ritrovo degli ultras interisti, residenza di Beretta e roccaforte delle famiglie mafiose Manno e Maiolo. Da qui la crescente amicizia con i capi ultras fino a diventare parte del direttivo della Nord, arrivando anche pare ad avere potere decisionale.

Il legame strettissimo con Ferdico, Beretta e tutto il direttivo generale rende difficile capire cosa abbia scaturito la lite, se qualcosa legato al mondo dello stadio o un giro di affari in cui avevano le mani sia la mafia che il tifo organizzato. Di certo questo episodio certifica ancora di più come spesso le curve siano legate a doppio filo con le cosche.

Marco Andreoli

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