Sparatoria a scuola in Kazan: ha un fucile da caccia, ma nessuno lo ferma

Sparatoria a scuola

Sparatoria a scuola in Kazan, città del Tatarstan russo. Questo martedì mattina un diciannovenne irrompe armato nella scuola 175 della città, poi apre il fuoco. Nove le vittime accertate, tra cui otto studenti e un insegnante, almeno 21 i feriti.

 Le agenzie russe riferiscono che questi numeri sono minimizzati. Un dramma inaspettato è quello che si è consumato ieri nella capitale, disperato il tentativo di fuga di alcuni studenti, morti per aver provato a salvarsi dagli spari lanciandosi dalle finestre del terzo piano. Secondo l’agenzia Tass, A trovarsi nell’istituto erano  714 bambini e circa 70 dipendenti, tra cui 52 insegnanti. La polizia ha bloccato l’attentatore, ma troppo tardi.

Sono Dio e odio tutti: questa la motivazione della strage

La polizia ha arrestato ed identificato il diciannovenne. Si tratta di Ilnaz Galyaviev, un ex studente dell’istituto espulso lo scorso mese perché da Gennaio non frequentava più. Alla polizia ha motivato la strage con le parole “io sono Dio e ho sempre odiato tutti”. Ha anche aggiunto che dalla scorsa estate “un mostro è dentro di me”.  L’attentato è stato pianificato ed annunciato sui social.

Sparatoria a scuola, si sarebbe potuta evitare

L’assalitore ha camminato per strada con un fucile da caccia a ripetizione in bella vista, si è diretto verso l’edificio ma nessuno l’ha segnalato. La tragedia era già stata annunciata sul suo canale Telegram, attivo dal 4 Maggio scorso col nome di Бог, che in russo significa Dio.  Ancora più grave è l’aumento progressivo di followers del canale, fino al giorno della sparatoria in cui il giovane ha postato una sua fotografia con una mascherina con la scritta Dio. Ha scritto “Oggi ucciderò un’enorme quantità di rifiuti organici, poi mi sparerò”. Una frase troppe volte ripetuta negli ultimi anni, che hanno scontato un troppo alto numero di vittime in tutto il mondo. La strage di Kazan si sarebbe potuta evitare, dando il giusto peso alle parole. Passività o curiosità di fronte alla violenza tendono a sedimentarsi in un mondo quasi assuefatto ad essa. La pandemia e la reclusione hanno tragicamente visto l’aumento dei casi di violenza, sia domestica che non. Senza bloccare preventivamente devianza e violenza  il rischio è quello di una sua banalizzazione, legittimando le più drammatiche vicende.

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