Per chi non ha mai fatto una passeggiata, preso un caffè o fatto shopping in via Aldo Moro a Frosinone è difficile capire la gravità dell’evento che sabato sera ha stravolto l’apparente tranquillità del capoluogo. Quella in cui si è verificata la sparatoria che ha portato all’arresto di un 23enne albanese per omicidio e tentato triplice omicidio è infatti uno degli snodi principali della vita sociale e commerciale del capoluogo.
Si tratta di un brutto colpo per la città, che torna sulle cronache nazionali per fatti che obbligano a rimettere in discussione il dibattito sulla pubblica sicurezza e sulle infiltrazioni malavitose nella provincia.
La sparatoria a Frosinone
Nella serata di sabato 9 marzo, precisamente all’interno dello Shake Bar, situato in via Aldo Moro, una sparatoria ha causato la morte di una persona e il ferimento di altre tre, di cui una si trova in condizioni gravi. Le vittime sono tutte cittadini albanesi. Immediatamente dopo l’accaduto, i tre feriti sono stati trasportati d’urgenza al pronto soccorso, mentre per la quarta vittima, nonostante i tentativi disperati dei soccorritori del 118, ogni sforzo è stato vano.
La scena del crimine è stata presidiata e indagata dalle autorità competenti, con la collaborazione della Squadra Mobile guidata dal vicequestore Flavio Genovesi. Le prime ricostruzioni offrono uno spaccato inquietante che suggerisce legami con il mondo della criminalità organizzata e del traffico di stupefacenti.
Michea Zaka, 23enne autore del delitto, è stato velocemente identificato anche grazie alle telecamere di videosorveglianza della città. Si tratta di un giovane già noto alle forze dell’ordine, nei mesi scorsi sottoposto a controlli e perquisizioni poiché ritenuto un personaggio legato alla criminalità e per questo al centro di diverse indagini su spaccio di droga nel Frusinate.
Il procuratore della Repubblica di Frosinone, Antonio Guerriero, si è mostrato scettico riguardo al presunto movente privato che avrebbe “giustificato” il tragico episodio. La cautela è d’obbligo, considerando anche i precedenti riscontrati nel capoluogo, che lasciano ampi spazi a dubbi e interrogativi. Anche il questore Domenico Condello e il capo della Squadra Mobile, Flavio Genovesi, nutrono perplessità sulle circostanze che hanno portato alla sparatoria.
Il panorama criminale della Provincia di Frosinone
Frosinone non è di certo uno dei territori più pericolosi d’Italia, tuttavia soffre di gravi crisi come un forte abbandono scolastico e deindustrializzazione che rendono la città e la provincia un luogo prolifico per le infiltrazioni criminali. Inoltre, con i suoi centoventi chilometri da Roma e centoquaranta da Napoli, la sua posizione consente di muoversi agilmente tra le due metropoli in poco più di un’ora e mezza, un vantaggio logistico che non passa inosservato agli occhi delle organizzazioni criminali.
La sparatoria in via Aldo Moro infatti è l’ultimo segnale di un problema che negli anni va ingrandendosi, toccando apici molto gravi come quello di sabato scorso. Il panorama criminale della provincia di Frosinone è costellato da una serie di sfide che derivano principalmente dalle incursioni dei clan camorristici. Nel corso degli anni, questa provincia è diventata un rifugio per latitanti campani affiliati a famiglie criminali come gli AMATO-PAGANO, POLVERINO e i CASALESI, essendo geograficamente vicini alla loro regione d’origine ma abbastanza decentrata da offrire protezione.
Tuttavia, non sono solo le incursioni esterne a minacciare la tranquillità della zona, ma anche la presenza di gruppi autoctoni come gli SPADA e i DI SILVIO, i quali si dedicano ad attività criminali quali estorsioni, usura e traffico di droga, talvolta collaborando con le organizzazioni mafiose tradizionali.
Come riporta anche l’ultima relazione Antimafia al Ministero dell’Interno, il territorio è diventato un caldo crogiolo per una miriade di attività illegali che vanno dal riciclaggio di denaro al gioco d’azzardo fino ai rifiuti. Tra le attività criminali più diffuse in questa regione, spiccano il traffico di droga, l’usura e il riciclaggio, che continuano a rappresentare una fonte di guadagno vitale per le organizzazioni criminali.
Operazioni mirate al contrasto del crimine organizzato
Nel corso degli ultimi anni, le forze dell’ordine hanno condotto una serie di operazioni mirate per contrastare il dilagare del crimine organizzato nella provincia.
L’influenza consolidata del clan Mazzarella, in particolare nel comune di Sora, è stata messa in luce dalle indagini portate avanti dalla Procura di Cassino, che hanno condotto alle operazioni “Requiem” nel 2020, con 28 arresti, e “Ultima corsa” nel 2022, con 11 misure cautelari in carcere, 2 agli arresti domiciliari e 4 obblighi di dimora. Queste azioni hanno colpito duramente due organizzazioni criminali, entrambe con legami con la camorra napoletana e accusate di traffico di droga, tra cui hashish, cocaina ed eroina.
Tra i clan che si sono radicati storicamente nella zona vi sono i Velosa, i Mallardo e gruppi affiliati al clan dei Casalesi, ma non mancano proiezioni degli Esposito di Sessa Aurunca, dei Belforte di Marcianise e figure ritenute legate ai Di Lauro, ai Licciardi, ai Gionta e ai Mazzarella.
La criminalità organizzata si trova a coesistere con le realtà criminali locali, come gli Spada e i Di Silvio, ramificazioni criminali delle famiglie Casamonica a Latina, le quali, in collaborazione con gruppi criminali romani, operano nei settori del traffico di droga, delle estorsioni e dell’usura. Questa sorta di spartizione del territorio mette in evidenza una complessa rete di interessi criminali che si intrecciano tra le organizzazioni locali e quelle provenienti da fuori provincia.
Le dinamiche analizzate nel VI° e VII° Rapporto dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio delineano un fenomeno che ha contaminato l’economia della provincia di Frosinone per decenni, trovando terreno fertile anche grazie alla complicità di individui influenti, i cosiddetti “colletti bianchi”, che hanno agito da facilitatori nel riciclo del denaro sporco proveniente da attività illegali.
Particolarmente significativa è l’operazione “Autoriciclo”, eseguita il 3 febbraio 2021, che ha portato all’arresto di 17 persone legate al clan dei casalesi, accusate di associazione per delinquere, evasione e frode fiscale. Le indagini hanno rivelato l’esistenza di due organizzazioni criminali dedite a una serie di reati fiscali, frode in commercio, estorsione, riciclaggio ed abusiva attività finanziaria, coinvolgendo anche esponenti di spicco del clan dei casalesi.
Uno degli episodi più rilevanti che ha messo in luce la penetrazione e la potenza dei sodalizi criminali nella provincia è avvenuto nel carcere di Frosinone nel settembre 2021. In quella occasione, un detenuto di rilevanza camorristica è stato sequestrato e picchiato da cinque persone, mettendo in evidenza il controllo esercitato all’interno delle mura carcerarie da parte delle organizzazioni criminali. Il procedimento giudiziario che ne è seguito ha portato alla luce una rete intricata di connivenze e complicità, coinvolgendo individui di varie provenienze, tra cui esponenti dei clan Licciardi e Lo Russo, nonché narcotrafficanti albanesi.
La presenza di numerosi latitanti sul territorio provinciale, legati ai clan campani e napoletani, testimonia ulteriormente la penetrazione delle mafie nel tessuto sociale del Frusinate. Clan come i Casalesi, gli Esposito, i Licciardi e i Di Lauro hanno esteso le proprie attività illegali, sfruttando le opportunità offerte dalla provincia.
Vincere facile
Nella provincia di Frosinone, la criminalità organizzata ha radici profonde e ormai inarrestabili che hanno stretto un abbraccio di ferro intorno a un tessuto socio- economico già fragile.
Secondo i dati INPS del 2022, la realtà territoriale non è priva di sfide: se prima della pandemia si intravedeva un lieve segnale di ripresa (le ore di cassa integrazione stavano gradualmente diminuendo e sembrava che questa tendenza avrebbe continuato), l’avvento del Covid ha vanificato tali previsioni, rendendole una mera illusione.
Uno studio condotto dall’Istituto di ricerca Eures ha focalizzato la propria attenzione sul monitoraggio delle disuguaglianze e della povertà nella regione nel corso del 2021. I risultati hanno rivelato che la Ciociaria, all’interno del Lazio, presenta il reddito medio più basso, attestandosi a poco più di 18.000 euro (18.076) all’anno.
Questi dati emergono dall’analisi delle dichiarazioni dei redditi dei residenti nel Lazio per l’anno in questione e delineano un quadro inequivocabile dello stato economico precario della provincia. A fronte di un reddito imponibile medio regionale di 23.442 euro, i lavoratori romani vantano un reddito medio di 25.191 euro, creando un divario medio annuo di oltre 5.000 euro rispetto alla Ciociaria e di oltre 7.000 euro rispetto ai cittadini della capitale.
Questo divario si riflette anche nella distribuzione percentuale dei redditi dichiarati nella provincia: nel 2021, il 46,7% ha riportato redditi inferiori a 15.000 euro, mentre solo il 2,4% ha dichiarato redditi superiori a 55.000 euro, percentuale più bassa rispetto alle altre province laziali.
Questi dati evidenziano la complessità delle disuguaglianze che caratterizzano il panorama socio-economico attuale, con disparità evidenti da provincia a provincia e una distribuzione della ricchezza sempre più disarmonica. C’è un rischio concreto che la povertà e il disagio sociale continuino ad aumentare se non si adottano misure adeguate
La mappa del disagio in questa zona mette in luce diverse criticità, tra cui l’alto tasso di disoccupazione giovanile, la vulnerabilità economica e la diffusione di fenomeni devianti e criminali tra i giovani, oltre all’impatto dei flussi migratori.
Il territorio del Frusinate si trova così al centro di un delicato equilibrio tra legalità e illegalità, dove le mafie cercano costantemente nuove strade per consolidare il loro potere, mettendo a rischio la sicurezza e lo sviluppo della comunità locale.