Spagna, sentenza shock: stupro di gruppo è solo abuso

Ieri pomeriggio i giudici del tribunale di Navarra hanno emesso la sentenza, dopo sei mesi dalla chiusura del processo. L’evento era così atteso che è stato trasmesso in diretta televisiva, ma il verdetto non è stato quello sperato: solo 9 anni di carcere ai cinque ragazzi sivigliani, colpevoli non di stupro di gruppo, ma di abuso ai danni di una ragazza.

L’antefatto

L’aggressione risale a due anni fa: era il 2016 e a Pamplona si svolgeva la tradizionale festa di San Fermin (San Firmino), una di quelle occasioni in cui le vie sono affollate e l’alcol scorre a fiumi. Una ragazza madrilena (all’epoca diciottenne) si trovava in strada, quando un gruppo di ragazzi (autodefinitisi la manada, ossia il branco, sui social e sul loro gruppo Whatsapp) l’ha incontrata e, dopo averla seguita per alcune centinaia di metri, l’ha condotta nell’androne di una casa, dove, a turno, i cinque ragazzi l’hanno violentata. Tra questi ‘prodi cavalieri’ vi era anche un militare e poliziotto. Qualcuno ha anche girato un video dello stupro di gruppo e l’ha poi inviato ai suoi amici a Siviglia. Erano le due del mattino, dopo averla stuprata, il branco l’ha lasciata lì a terra, ma solo dopo averle sottratto il cellulare, così da impedirle di chiamare aiuto. Alcuni passanti l’hanno ritrovata accovacciata in posizione fetale e in lacrime. La ragazza è stata poi accompagnata presso un commissariato dove ha denunciato alla polizia la violenza subìta e così è iniziato il processo.




La sentenza shock del tribunale

I 5 ragazzi: José Angel Prenda, Alfonso Jesús Cabezuelo, Ángel Boza, Jesús Escudero e Antonio Guerrero Escudero (la cui età oggi è compresa tra i 26 e i 30 anni circa) sono in carcere da 22 mesi, anche loro attendevano l’esito della sentenza di ieri. Sentenza che si è rivelata a loro favore: non è stato stupro (di gruppo), ma solo abuso. La motivazione di questa sentenza shock risiede nel fatto che, a detta dei giudici, non ci sono stati segni di violenza palese, ovvero, non vi è stata alcuna colluttazione e da parte della vittima non c’è stato segno di difesa (la ragazza non si sarebbe dibattuta, né avrebbe reagito con graffi, pugni o calci per sottrarsi alle violenze del branco). La vittima ha ammesso di essere rimasta immobile, ma perché si sentiva ‘paralizzata’ da quanto stava succedendo: mentre veniva violentata ha chiuso gli occhi per non vedere ciò che le facevano, sperando che quello schifo finisse il prima possibile. L’accusa aveva chiesto oltre 20 anni di reclusione per i membri del branco, ma poiché i giudici hanno declassato lo stupro ad abuso, i giovani hanno ricevuto una pena più lieve. Dal processo è emerso che la difesa del branco ha anche fatto spiare per alcuni mesi la vittima: dal momento che la ragazza avrebbe condiviso su Facebook foto in cui era “sorridente e spensierata”, per loro non era rimasta traumatizzata da quanto accaduto.

Ad emettere la sentenza sono stati tre giudici (due uomini e una donna): due di loro sono convinti della colpevolezza dei cinque ragazzi, uno ne ha addirittura chiesto l’assoluzione. In assenza di “violenza esplicita” (minacce, percosse, intimidazioni con oggetti contundenti), il diritto iberico prevede che si distingua tra abuso sessuale e stupro, tale distinzione prevede pene diverse da scontare. Il codice penale italiano ha invece abolito questa distinzione nel 1996, in base ad una riforma che definisce lo stupro “come violenza sulla persona”.




“Non è stupro, ma abuso”. In piazza rispondono: “Non è abuso, ma stupro”

“Se non c’è aggressione in uno stupro di cinque uomini grandi e grossi contro una ragazza di 18 anni, cos’è una aggressione? Devono ucciderci?”

Questo ha gridato una donna che attendeva la sentenza proprio davanti al tribunale di Navarra, assieme ad altre attiviste per i diritti femminili. Decine le manifestazioni di protesta svoltesi ieri nelle strade e nelle piazze spagnole. È nato un movimento che si chiama “Yo hermana te creo” («Sorella, io ti credo»), il cui nome viene dal testo scritto da Roy Galán, proprio per la vittima dello stupro, testo che termina con la frase «non sei sola».

Il leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha commentato la sentenza così:

“Se non lotti contro 5 bruti non ti stanno violentando: vergogna e schifo”.

«Sì, io ti credo», “No è no”, questi alcuni degli slogan gridati ieri in tutta la Spagna. Che giustizia è questa? Una giustizia che si mostra benevola nei confronti degli aggressori e non mostra alcuna pietà per la vittima; per Ada Colau il problema è che questo sistema è ancora troppo patriarcale. Qualcuno fa notare che la giustizia non è giusta nel giudicare i militari:

“Se prendi a pugni un guardia civil rischi 65 anni; se invece ti violenta un guardia civil, se ne becca solo 9”.




Un eurodeputato, Ernest Urtasun, ha proposto di rifarsi a quanto sta avvenendo in Svezia, dove si valuta l’approvazione di una legge in base alla quale si definisce “stupro qualsiasi rapporto in cui una donna non abbia dato il suo esplicito consenso”. Qualora tale legge dovesse venire approvata, dovrebbe entrare in vigore dal 1 luglio. Dall’altra parte del mondo, in India, hanno proposto la pena di morte per chi violenta minori d’età inferiore ai 12 anni. Anche lì decine di proteste di donne e uomini che chiedono giustizia per le figlie e le sorelle vittime di questi orrendi crimini. Alcune statistiche affermano che in Spagna nel 2017 la violenza machista ha ucciso una donna a settimana, eppure per i femminicidi e le violenze sulle donne lo Stato non s’impegna come fa per altre questioni. Sempre nel 2017 era stato votato all’unanimità il «patto di stato contro la violenza di genere», ma la finanziaria 2018 da poco presentata dal Pp destinerà solo 80 milioni a fronte dei 200 milioni promessi.

Carmen Morello

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