La Spagna contraria all’accordo sulla Brexit per Gibilterra

Sembrava fatta! Regno Unito e Unione Europea avevano trovato un accordo sulla Brexit che piaceva a tutti i ministri europei. E invece, la Spagna minaccia di votare “no” al vertice europeo del prossimo 25 novembre per Gibilterra.




Prima del vertice vero e proprio, Theresa May firmerà una dichiarazione di intenti – che altro non è che una dichiarazione politica comune con i 27 Paesi dell’UE – che aprirà la strada al vertice vero e proprio di domenica, nel quale si darà via libera all’accordo per la separazione.

Il punto di vista della Spagna

Superato il problema della frontiera irlandese, un altro confine sembra dare problemi: quello tra Spagna e Gibilterra.

Se non ci saranno cambiamenti il mio governo voterà contro al consiglio del 25 novembre.

Così dichiara il premier spagnolo Pedro Sanchez, che provocatoriamente aggiunge “Gibilterra non appartiene alla Gran Bretagna” (riprendendo una vecchia controversia sullo status di Gibilterra, penisola di proprietà del Regno Unito, senza esserne ufficialmente sovrana).

Madrid contesta esplicitamente l’articolo 184 dell’accordo sulla Brexit, in cui Regno Unito e Unione europea “raggiungeranno rapidamente un accordo che regoli le loro relazioni” nel periodo di transizione, ovvero tra marzo 2019 e dicembre 2020. In particolare, il governo spagnolo chiede che il testo venga cambiato, inserendo chiari riferimenti a Gibilterra e si specifici che il futuro status del territorio d’Oltremare britannico, dovrà esser trattati a livello bilaterale, e quindi essere oggetto di trattativa diretta tra Spagna e Regno Unito, e non tra quest’ultima e l’Unione europea. Infatti, a partire dalla cessione del territorio nel 1713, Madrid e Londra hanno sempre negoziato per determinare lo status della piccola penisola, e il premier Sanchez  non vorrebbe cedere queste trattative all’Unione europea, rischiando così di essere tagliata fuori. In breve, la Spagna vuole garanzie per non essere esclusa da eventuali trattative su Gibilterra.

La Spagna contraria all'accordo sulla Brexit
Confine Spagna-Gibilterra. Fonte: wikipedia.it

La questione è di vitale importanza non solo per motivi politici e storici, ma anche pratici: ogni giorno circa diecimila spagnoli attraversano il confine per lavorare nel mini Stato, e mettere un confine risulterebbe dannoso, sia per i gibilterrini, sia per gli spagnoli.

Sulla vicenda era intervenuto anche il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrell, precisando che la bozza di accordo sulla Brexit richiede una maggiore “chiarezza legale” a proposito dello status di Gibilterra.

 

La Spagna vorrebbe una sovranità condivisa col Regno Unito, soluzione che non piace agli oltre 30 mila abitanti gibilterrini, nonostante al referendum sulla Brexit avessero votato in massa (96%) per restare nell’UE.

I prossimi passi

Nonostante la minaccia del premier spagnolo di un voto negativo al prossimo vertice europeo del 25 novembre, nel quale per l’approvazione della bozza è necessario il voto positivo di almeno 20 Paesi – cioè del 65% della popolazione dell’Unione – Londra non sembra minimamente preoccupata. Infatti, si tratterrebbe di un semplice intoppo tecnico, che difficilmente farà saltare l’accordo dato che sulla questione di Gibilterra, il Regno Unito è piuttosto flessibile, e l’unico dubbio è se chiarire tutto nella stessa bozza o in un allegato. Inoltre, le trattative vere per le relazioni future definitive tra Regno Unito e Unione Europee saranno approfondite e concordate nel periodo di transizione, compreso lo status di Gibilterra.

I problemi più grossi per il governo di Theresa May sono altri: dopo l’approvazione del Consiglio UE il 25 novembre, servirà anche l’approvazione del Parlamento UE e, soprattutto, quello della Camera dei Comuni britannica. Ed è questo che parrebbe essere l’ostacolo più ostico da superare per la premier britannica che, attualmente, non ha una maggioranza disposta a vidimare l’accordo.

Domenico Di Maura

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