“La Spagna non è mai stata così divisa dai tempi della guerra civile” nota Cazzullo: l’amnistia viene firmata e Madrid volta le spalle al ‘traidor‘ Pedro Sanchez, il primo ministro spagnolo. Erette le fondamenta per un governo a trazione socialista: gli indipendentisti scalpitano
La firma apposta ieri a Bruxelles da Santos Cerdan, numero tre del Psoe (Partito socialista operaio spagnolo), e dal presidente di Junts por Catalunya, Carles Puigdemont (accusato nel 2017 dei reati di ribellione, sedizione ed appropriazione indebita di denaro dalle Corti Generali di Spagna), sancisce l’intesa per un’amnistia volta allo sblocco della fiducia nei confronti del primo ministro socialista Pedro Sanchez.
La Spagna è ora divisa.
Da una parte ci sono Madrid e il leader del partito di destra Vox, Santiago Abascal, che denunciano la germinazione di un governo golpista (sulla falsariga di quello perpetrato nel 2017 dal già citato Puigdemont) ed inneggiano ad una “mobilitazione generale” e alla “resistenza” in difesa di una Spagna unita e democratica.
Dall’altra, invece, ci sarebbero gli indipendentisti e Puigdemont: quest’ultimo, in particolare, potrebbe approfittare dell’inclusività garantita dalla legge di amnistia. Questa, infatti, prevede la fine della persecuzione legale nei confronti degli individui “direttamente o indirettamente legati al ‘processo’” (quello del 2017) per i fatti commessi tra il 2012 ed il 2023.
A confermare lo stato generale di tensione c’è l’aggressione subita dal 78enne ex presidente del Partido Popular della Catalogna e fondatore di Vox, Alejo Vidal-Quadras. Durante i festeggiamenti del patrono di Madrid San Isidro Labrador, Vidal-Quadras camminava da solo per le strade della capitale verso Nunez de Balboa, quando una sagoma gli si è avvicinata e, da pochi passi, gli ha sparato ferendolo gravemente alla mandibola.
La vittima dell’aggressione, trasportata d’urgenza all’ospedale Gregorio Maranon, si trova al momento in una “situazione stabile e non è in pericolo di vita”, anche se la frattura alla mandibola “necessiterà di un intervento chirurgico”, riferisce il nosocomio.
Secondo gli inquirenti, l’atto sarebbe stato fatto in risposta ad un post pubblicato da Vidal-Quadras su X, all’interno del quale denunciava così l’appena stipulata amnistia: “E’ già stato stipulato l’infame accordo tra Sanchez e Puigdemont che trita lo Stato di Diritto e sancisce la fine della separazione dei poteri. La nostra nazione finirà di essere una democrazia liberale per diventare una tirannia totalitaria”.
C’è, però, una precisazione circa la natura dell’amnistia: infatti, sia Puigdemont, latitante in Belgio dal 2017, che Cerdan, hanno precisato che si tratta solo di “un accordo di legislatura di una durata massima di quattro anni”, durante i quali, specificano, Sanchez dovrà “guadagnarsi la stabilità giorno per giorno”.
La svolta improvvisa del governo spagnolo, che sembra destinato ad una conduzione a tinte rosse, rappresenta, secondo la lettura proposta da Aldo Cazzullo, una piccola crepa all’interno del quadro disegnato dalla strategia sovranista perpetrata all’interno del Parlamento europeo.
“La Spagna avrebbe dovuto essere il primo tassello del disegno sovranista”, spiega Cazzullo, ma questo repentino mutamento determina sia mutamenti nazionali che, e soprattutto, internazionali.
Assieme alla svolta polacca, che ha visto ottenere la maggioranza dal popolar-liberista ed europeista Donald Tusk, quella spagnola, infatti, non rappresenta la fine del potere sovranista, ma può provocarne un rallentamento o, forse, una breve battuta di arresto; sussiste, infatti, anche a causa dei recenti avvenimenti bellici in Ucraina e in Medio Oriente, la volontà dei popoli europei di godere di maggior protezione nazionale.
Accanto ad essa, va sottolineato, accresce la propria influenza quella fetta di elettorato maggiormente interessata alla difesa dei diritti e delle libertà e formata, secondo i dati, dalle nuove generazioni di elettori. E’ proprio grazie a quest’ultime che la strategia sovranista è oggi ancora costituita da singoli stati isolati: Francia, Germania ed Italia, infatti, non godono di un’influenza tale da poter determinare mutamenti all’interno dello scacchiere geopolitico europeo.
Una domanda sorge, però, spontanea: Quale sarà il prossimo passo della premier Meloni?
Secondo Cazzullo le strade percorribili sarebbero due: la prima, meno accreditata, vorrebbe una Meloni insistere sul suo schema di gioco, mentre la seconda vedrebbe una premier più conciliante e più attenta a creare alleanze, anche di carattere più moderato.
Quale sarà la strategia che il nostro governo deciderà, dunque, di perseguire?
Il prossimo giugno, quando si deciderà realmente che tipo di Europa si vorrà costruire, si prospetta la possibilità di un’idiosincrasia spiazzante: da una parte la Meloni che regge il gioco a Sanchez e, dall’altra, Salvini che tesse le lodi di Le Pen e del Alternative fur Deutschland. O magari, e non è una possibilità così remota, l’uno che sostiene la von der Leyen e l’altra, invece, che supporta un inaspettato outsider.