Un gruppo di ricercatori guidato da Carlo Ratti del Senseable City Lab (MIT) mira a invertire il riscaldamento globale utilizzando delle ‘Spaces Bubble’ (Bolle Spaziali) per riflettere la luce solare lontano dalla Terra. Un’opera di geo-ingegneria che, contrariamente a tutte le altre ipotesi finora considerate dalle Nazioni Unite, non modificherebbe la superficie terrestre.
Da diversi anni ormai, gli effetti del riscaldamento globale sono iniziati ad essere sempre più concreti. Siamo molto più di prima di fronte a fenomeni climatici estremi: siccità senza fine, ondate di caldo estremo, tempeste più violente e tornado più devastanti. Sono passati dallo stato di fenomeni eccezionali a quello di fenomeni consueti.
Nonostante gli incredibili sforzi profusi da molte organizzazioni nazionali e internazionali e il coinvolgimento di molti governi in tutto il mondo, è chiaro che stiamo lottando per limitare l’aumento della temperatura terrestre al di sotto dei +2°C.
Il cambiamento climatico è uno dei più gravi problemi ambientali che esistono oggi. Ed è dovuto principalmente alla concentrazione di emissioni di anidride carbonica (CO2), causate dell’attività umana. In considerazione del sistematico mancato raggiungimento degli obiettivi climatici fissati dalle conferenze internazionali e del moltiplicarsi di catastrofi naturali sempre più imponenti, è diventato fondamentale combattere il riscaldamento globale. Che ogni anno, diventa sempre più concreto.
Con l’aumento della temperatura terrestre, la domanda sulla risposta dell’umanità ai cambiamenti climatici diventa sempre più urgente: il nostro impatto negativo è già andato troppo oltre? È troppo tardi per invertire il danno fatto? Attraverso l’Intergovernmental Panel on Climate Change, le Nazioni Unite stanno già anticipando che le cose potrebbero peggiorare. Hanno quindi iniziato a studiare potenziali alternative. Sebbene non prevedano l’abbandono del pianeta, rimangono comunque piuttosto futuristici.
Una proposta attualmente in fase di sviluppo da parte di un team transdisciplinare presso il Massachusetts Institute of Technology ( MIT ) suggerisce un approccio che integrerebbe le attuali soluzioni di mitigazione del clima e adattamento. Una soluzione che non influisce con l’ecosistema del pianeta che abitiamo.
Al contrario una possibilità alternativa, lungimirante e sostenibile nelle cosiddette sfere spaziali (Spaces Bubble). Ispirata da un’idea originariamente proposta dall’astronomo Robert Angel. Che per primo ha suggerito di utilizzare un oggetto deflettore nel punto lagrangiano. E dell’astronomo Roger Angel, che invece ha proposto l’utilizzo di sfere connesse tra loro.
Si tratterebbe a tutti gli effetti di uno schermo solare da porre nello spazio sulla traiettoria tra terra e sole a una distanza ben precisa. Denominata ‘Punto Lagrangiano L1’. Ovvero il punto in cui le spinte gravitazionali del sole e della Terra si annullano vicendevolmente. Lo schermo ipotizzato dovrebbe avere all’incirca le dimensioni del Brasile, nonché essere composto da un insieme di sfere collegate tra loro a formare una piattaforma.
Le Spaces Bubble sarebbero formate da una pellicola sottile, gonfiabili e messe in funzione direttamente nello spazio. Rendendo possibile anche smaltimento e rimozione controllate. Un progetto parte di un approccio di geo-ingegneria solare. Un insieme di tecnologie che mirano a riflettere una frazione della luce solare che arriva sulla Terra, per contrastare il cambiamento climatico.
A differenza di altri sforzi di geo-ingegneria terrestre, come la dissoluzione dei gas nella stratosfera per aumentare il suo effetto albedo, questo metodo non interferirebbe direttamente con la nostra biosfera. E quindi porrebbe meno rischi di alterare i nostri già fragili ecosistemi.
Una proposta che risponde a molte domande: come progettare il miglior materiale affinché le Spaces Bubble resistano alle condizioni dello spazio esterno? Come fabbricare e distribuire queste bolle nello spazio? Come rendere lo scudo completamente reversibile? Quali sono i potenziali effetti a lungo termine sull’ecosistema terrestre?
La geo-ingegneria solare è uno degli argomenti meno studiati nelle tecnologie delle scienze del clima. La maggior parte degli sforzi di ricerca si sono concentrati sulla dissoluzione dei componenti chimici. Riflettenti nella troposfera o nella stratosfera che compenserebbero la radiazione solare in entrata. Affrontando problemi di irreversibilità e ulteriori effetti serra. La geo-ingegneria spaziale offre l’opportunità di risolvere il problema senza alcun effetto diretto sulla chimica stratosferica.
Come sottolinea Carlo Ratti, il leader del gruppo di ricerca del Senseable City Lab del MIT:
‘La geo-ingegneria potrebbe essere la nostra unica opzione. La maggior parte delle proposte di geo-ingegneria sono legate alla terra, e questo genera enormi rischi per il nostro ecosistema vivente. Sarebbe più sicuro adottare soluzioni spaziali – se, ad esempio, riuscissimo a deviare l’1,8% della radiazione solare incidente prima che raggiunga il nostro pianeta, potremmo invertire completamente l’attuale riscaldamento globale’.
Nonostante la posizione remota dall’atmosfera terrestre, alcuni studi suggeriscono che sul clima terrestre potrebbero insorgere fenomeni complessi come conseguenza della riduzione della radiazione solare. Ad esempio l’indebolimento delle tracce di tempesta extratropicale. Questo aspetto sarà ulteriormente studiato con diverse frazioni di riduzione della radiazione solare. Inoltre, sarà progettato un approccio phase-out, per evitare uno shock dell’ecosistema terrestre. Dovuto all’improvvisa cessazione del programma di geo-ingegneria quando non sarà più necessario (gli studi identificano la durata necessaria in un intervallo da 50 a 200 anni).
Sebbene questo progetto sia ancora solo un’ipotesi di lavoro, i ricercatori hanno già effettuato un esperimento preliminare e sono riusciti a gonfiare una sfera nello spazio che ha dato buoni risultati in termini di deflessione. Il prossimo passo sarà ottenere il supporto necessario per poter realizzare uno studio di fattibilità che includa ulteriori analisi ed esperimenti.
Oltre a determinare quali materiali utilizzare, analizzerebbe come inviarli nello spazio dalla Terra, dove posizionare esattamente la struttura, quanta ombra e riflesso potrebbe fornire lo schermo, la sua redditività, anche la sua eliminazione a fine vita come impatto sul clima, sull’ecosistema e sulle politiche pubbliche.
Molti temono che la geo-ingegneria rappresenti un rischio etico perché minerebbe le politiche pubbliche già in atto per combattere il cambiamento climatico. Infatti, anche se le bolle spaziali potrebbero contribuire a risolvere parte del problema, non dobbiamo dimenticare che la responsabilità di combattere il cambiamento climatico è di ciascuno di noi.
Principal ricercatori: Carlo Ratti del MIT Senseable City Lab (responsabile). Charles Primmerman del MIT Lincoln Laboratory. Daniela Rus del MIT Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory. Gareth McKinley del MIT Mechanical Engineering e Markus Buehler del MIT Ingegneria Civile e Ambientale.