Di Maurizio Martucci
Nel fitto sottobosco della giungla normativa s’annida una disposizione silenziata e misconosciuta, attesa però da tempo dal fronte precauzionista allarmato dai pericolosi effetti non termici dell’elettrosmog. E’ contenuta nel decreto d’inizio anno firmato dal ministro dell’Ambiente Galletti per il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione. E praticamente sfuggita a tutti: al punto 2, nella parte dedicata all’inquinamento elettromagnetico indoor (2.3.5.4.) sui ’criteri ambientali minimi per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione’ di edifici pubblici, la decretazione rivoluzionaria recita infatti: “Al fine di ridurre il più possibile l’esposizione indoor a campi magnetici ad alta frequenza (RF) dotare i locali di sistemi di trasferimento dati alternativi al wi-fi, es. la connessione via cavo o la tecnologia Powerline Comunication (PLC).”
Apriti cielo: è proprio quello che da anni si chiede (ad esempio) per gli ospedali o rivendicano numerosi comitati di genitori impegnati nella lotta per la riduzione delle irradiazioni sugli alunni tra i banchi di scuola. In pratica si tratta di sostituire gli ubiquitari hot spot e router wireless con la connessione via cavo. Un’operazione che, oltre a prevedere un’adeguata dotazione finanziaria per spingere ad una maggiore sostenibilità ambientale dei locali, dall’altro consentirebbe di contenere l’inquinamento pervadente di radio frequenze e microonde pulsate non ionizzanti per cui ampia parte della comunità medico-scientifica si batte in ossequio al sacrosanto Principio di Precauzione, considerata l’ampia documentazione e letteratura medico-scientifica nazionale e internazionale che dimostra come queste frequenze comportino una grave tossicità che stimolano la produzione di radicali liberi, interferendo con i geni responsabili della vitalità cellulare e con il corretto funzionamento di diversi organi, come il sistema nervoso centrale e quello riproduttivo.
La norma Galletti rende merito alla protesta dei genitori degli alunni di una scuola all’Isola d’Elba, dove il dirigente scolastico installò reti cablate nelle aule, e al primo cittadino piemontese di Borgofranco d’Ivrea (ricordate? Proprio per questo venne messo alla gogna!), così come ai dirigenti di una scuola di Civitanova Marche, nel Comune di Suzzara (Mantova), a Reggio Emilia, nella Alighieri-Diaz di Lecce (in un’iniziativa per altro sposata dalla federazione pediatrica provinciale) e nel convitto ‘Campanella’ di Reggio Calabria (genitori no-elettrosmog sono attivi anche a Roma, Cerveteri-Ladispoli, Udine, in Toscana, a Portici, Venezia e in altre città). Ma da piena ragione anche a quanti, come l’Ing. Spadanuda di Catanzaro, si battono per smantellare il wireless dagli ospedali dove il rischio Wi-Fi si estende anche all’influenza esercitata dal segnale sui macchinari sanitari, oltre che sulla salute dei ricoverati, visto che la radiofrequenza interferisce con il corretto funzionamento neurologico (inibizione dell’acetilcolisterenasi, apertura della barriera emato-encefalica).
Se adesso c’è un decreto per sostituire con la connessione più sicura via cavo il Wi-Fi, trattato dal Governo alla stregua di un agente inquinante, perché ci si ostina ancora a non riconoscere il rischio elettrosmog che tutti quanti noi stiamo inutilmente correndo? Ricalcando un appello per la difesa della salute pubblica sottoscritto da una nutrita task force di medici, biologi, fisici, ricercatori e ingegneri, “un eventuale ritardo nell’assumere provvedimenti cautelativi in materia di campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde non può essere in alcun modo paragonabile a ritardi già verificatisi in passato su questioni ambientali, come nel caso dell’amianto, del mercurio o del piombo, in quanto l’esposizione a radiofrequenza è diventata in pochi anni praticamente ubiquitaria e, quindi, il numero dei soggetti esposti è notevolmente alto e l’impatto della radiofrequenza e delle microonde sulla salute rischia di comportare da qui a dieci anni costi socio-sanitari e umani incalcolabili”. Ma adesso, decreto Galletti alla mano, non ci sono più scuse. Lo si applichi per smantellare il Wi-Fi e mettere sicurezza e precauzione al primo posto, prima di tutto.