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Cartelli razzisti e svastiche disegnate con bombolette spray.
Lo spettacolo xenofobo questa volta è andato in scena a Roma, in periferia, in uno di quei quartieri dove la Dolce Vita di Fellini ci è passata solo sui televisori di uno dei tanti piccoli appartamenti che lo popolano.




«Boicotta i negozi stranieri. Sostieni quelli italiani». Il messaggio è chiaro, «noi e loro», i nostri prodotti e le nostre tradizione e la loro invasione, un’invasione al gusto di curry.

Effettivamente oggi, tornando dal calzolaio con le mie nuove scarpe in vera pelle di Toscana, stavo pensando a questa coraggiosa azione. La prima cosa che mi è venuta in mente di fare, una volta letta su La Repubblica, è stata quella di condividere le gesta di questi «Orgogliosamente fascisti» (come si sono autodefiniti) ai miei italianissimi amici. Purtroppo una volta preso in mano lo smartphone mi sono accorto dell’infame marchio cinese, oltre che della non italianità di WhatsApp, così ho buttato nel cestino della spazzatura telefono e applicazioni annesse, con l’italica speranza che la ditta appaltatrice della gestione dei rifiuti urbani sia composta da soli dipendenti del Bel Paese. Solitamente mi sembrano un po’ troppo scuri per essere connazionali ma poi ho pensato che per raccogliere lo sporco possiamo anche fare qualche delega.

Meglio affidarsi alle Poste Nazionali, il cui solo nome dovrebbe riempire il cuore di orgoglio patriottico. Nel momento in cui però avrei dovuto apporre il civico delle abitazioni dei miei concittadini la mia mano si è irrigidita: «Giammai! I numeri indo-arabi devono essere boicottati! Piuttosto l’isolazionismo!».

Decisi così di tornare a casa, sconsolato ma felice di avere sostenuto i miei concittadini in questa difficile seppur giustissima battaglia di civiltà.

Tutta quella patriottica trafila mi aveva tuttavia messo fame. «Pastasciutta! A noi!». Fui molto amareggiato nello scoprire che il grano della marca italiana veniva da terre straniere e comunque non avrei potuto accendere il gas per l’ebollizione della pasta poiché vergognosamente importato direttamente dalle lande del sovietico Est Europa.



«Non useremo il gas! Vada per la legna, vada per la pizza!».

E niente, ora sono qui, rannicchiato fuori dal locale. Sto morendo di fame. Ciro, il pizzaiolo, mi ha detto che sono 57 le popolazioni presenti nel territorio italiano, dai Grecanici del Salento alla comunità germanofona di Sappada nel Veneto settentrionale. E rappresentano la più ampia varietà etnica in Europa. Dissi a Ciro di fare silenzio, di farmi una pizza margherita italiana, di non contribuire alla retorica buonista mainstream.

Mi ha risposto che il pomodoro era originario delle americhe, che la mozzarella di bufala era stata introdotta nel Mediterraneo dagli arabi e il basilico importato dall’India.

Ricordatemi come un eroe nazionale.

Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.

(Don Lorenzo Milani)

 

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