Il Tribunale di Torino ha respinto la richiesta di sorveglianza speciale per Davide Grasso, 39 anni, e Fabrizio Maniero, 43 anni. I due erano stati identificati come foreign fighters nei combattimenti in Siria al fianco delle organizzazione Ypg e Ypj.
Al loro rientro in Italia, erano stati fermati dalla Digos e dalla procura, insieme a Paolo Andolina, 28 anni, Jacopo Bindi, 33 anni, e Maria Edgarda Marcucci, 27 anni. Per quest’ultimi, quale misura di prevenzione, sono stati chiesti maggiori approfondimenti prima di decretarne il destino.
La richiesta di sorveglianza speciale era stata notificata dalla procura di Torino i primi di gennaio scorso, insieme al divieto di dimora in città, con il sospetto di «pericolosità sociale» nei riguardi dei cinque attivisti sopracitati.
Ma cos’è la sorveglianza speciale?
La richiesta di sorveglianza speciale è una misura del codice penale italiano, ereditata dal codice fascista e rimasta pressoché inalterata. Per richiedere questa misura sono sufficienti solo degli indizi, ai quali la procura può appellarsi per chiedere il fermo. Non è necessario che il soggetto abbia compiuto reati, una supposta «pericolosità» dei soggetti interessati è abbastanza per veicolare la richiesta di sorveglianza speciale, che viene vagliata in prima istanza in udienza a porte chiuse, dove si valutano gli indizi ma lo si fa in camera di consiglio.
La misura si applica se gli indizi riportano a tre macro-aree: lotta al traffico di stupefacenti, lotta al crimine organizzato o lotta al terrorismo. Nella fattispecie, la richiesta attiene alla terza motivazione, ma in maniera piuttosto bizzarra: aver combattuto contro il terrorismo dell’ISIS rientra nel terrorismo. Un buffo modo di lottare contro il terrorismo: ostacolare chi combatte contro di esso.
Perché la sorveglianza speciale è un grosso ostacolo alla libertà di chi ne è vittima. Al sorvegliato vengono ritirati passaporto e patente di guida, viene revocata qualsiasi licenza o iscrizione ad albo professionale, ha l’obbligo di presentarsi alle autorità di sorveglianza nei giorni prestabiliti e ogni qualvolta venga richiesto, non può incontrare più di tre persone alla volta, non può frequentare persone che abbiano subito condanne, non può ritirarsi a casa tardi di sera, ecc.
La lotta all’Isis contro chi lotta contro l’Isis
Le motivazioni che hanno spinto la procura di Torino a richiedere la sorveglianza speciale possono essere molteplici. C’è chi suppone che esista una relazione tra il movimentismo No-Tav dei sorvegliati e la richiesta di sorveglianza. I cinque «soggetti destinatari» sono d’altronde storici militanti del movimento No Tav e ciò che emerse come giustificazione alla richiesta fu proprio la loro appartenenza al movimento che, insieme all’addestramento sull’uso delle armi ricevuto in Siria, venne ritenuto pericoloso.
La vicenda spinge parimenti ad una riflessione sulle modalità con le quali i governi si adoperano per ‘combattere l’Isis’. Esiste un fenomeno globale che si chiama terrorismo ed esiste una lotta governativa contro di esso. La contraddizione emerge quando uno Stato che si dichiara anti-Isis tiene sotto sorveglianza dei suoi cittadini che sono andati a combattere contro di esso. A quanto pare, conta con chi si combatte l’Isis.
Nella Siria del Nord, sta rivivendo lo stesso scontro che ha visto i partigiani combattere contro il fascismo. Il nemico è lo stesso che si combatteva sui nostri monti più di settanta anni fa, come anche la sua mentalità, ha solo cambiato volto: il fascismo di oggi in Siria ha la faccia di Erdogan, dell’ISIS e di al-Qaeda. Come all’epoca i nostri politici e i nostri governi quotidianamente tradiscono i valori della Resistenza, perché fanno affari con questo fascismo e ne tacciono i crimini – quando non li approvano esplicitamente. Per loro la rivoluzione della Siria del Nord è da distruggere perché rappresenta la speranza di una società libera, democratica e in cui diversi popoli vivano in amicizia.
Quest’ultime le parole di Maria Edgarda Marcucci, scritte su Facebbok il 25 aprile scorso, per ribadire i valori della Resistenza che ella vorrebbe incarnare in Siria. Sebbene la guerra in Siria sia più complessa di mere ideologie libertarie, alla luce degli innumerevoli interessi e forze in campo, porre in stato di sorveglianza speciale dei combattenti anti-Isis non fa che alimentare la confusione sul conflitto, non fa che creare frammentazione politica, non fa che contribuire a distruggere il sogno libertario.
Giulia Galdelli